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I “miracoli” delle playlist

C’è una miniera d’oro nel mondo sommerso di Spotify. Musicisti quasi sconosciuti riescono ad avere milioni di streaming con brani inseriti in playlist di musica d’atmosfera strumentale. Il singolo “Clouds” di Nello Toscano ha superato la soglia dei 703mila “stream” «perché è entrato in alcune playlist di jazz soffice», spiega il contrabbassista catanese

Probabilmente Zuckerberg, il patron di Facebook, la scommessa sul Metaverso rischia di perderla perché già esiste una connessione fra spazi reali e virtuali e ad attraversarli non sono avatar ma persone reali. Esistono mondi diversi, più o meno sommersi, popolati da giovani o da outsider emarginati dalla società. E, ogni tanto, emergono. Anche se questa non è una esigenza vitale. Si può sopravvivere abitando soltanto nel mondo dei social, così come si può diventare ricchi nel mondo della musica pur non essendo illuminati dalle luci dei riflettori, sia dei palchi sia dei set televisivi. C’è chi sulla spinta di milioni di visualizzazioni sui social approda alla grande ribalta, entrando (e spesso perdendosi) nel mondo reale. E ci sono quelli che hanno trovato una miniera d’oro nel mondo sommerso. 

La storia di Gavin Luke

Gavin Luke riusciva a malapena a credere alla sua fortuna. Aveva trascorso quasi tutta la sua vita sognando di diventare un musicista, sin da quando aveva iniziato a prendere lezioni di pianoforte da bambino. Un semestre trascorso a studiare al Berklee College of Music e un altro periodo cercando di entrare nella scrittura di colonne sonore per Hollywood. Niente da fare. Solo porte chiuse. Poi ha trovato l’oro: i suoi brani strumentali per pianoforte hanno iniziato a essere raccolti nelle playlist di Spotify come “Sleep” e “Deep Focus”.

Fare soldi su piattaforme di streaming digitale, o DSP, è notoriamente difficile, ma Luke fa proprio questo. La svolta è arrivata nel 2016, quando Luke e l’etichetta discografica svedese Epidemic Sound hanno deciso di caricare il suo catalogo musicale su Spotify.

L’anno successivo, all’età di 40 anni, per la prima volta è riuscito a guadagnare di più dalla musica che dal suo lavoro quotidiano con una società di mutui a Minneapolis. Due anni dopo, si è piazzato stabilmente intorno a 3 milioni di ascoltatori mensili, numeri incredibili per un artista con solo 600 follower su Facebook, meno di 500 su Instagram e che non ha mai suonato dal vivo. 

Luke è un nome che pochi appassionati di musica conoscono, ma fa parte di un sottogruppo crescente di musicisti che si guadagnano da vivere quasi interamente con playlist di musica d’atmosfera strumentale. “Peaceful Piano”, il più noto di questi, vanta più di 6,7 milioni di abbonati, rendendolo una delle playlist più popolari su Spotify. Queste canzoni dai toni classici e dai movimenti di pianoforte scarni smentiscono le aspettative di appeal commerciale. Eppure, con gli ascoltatori che cercano di sfuggire dal rumore di tempi traumatici, questa musica offre il balsamo perfetto, anche se gli artisti che la creano rimangono in gran parte anonimi.

Altre storie da Copenaghen a Catania

Luke crede di essere un caso unico, ma non è così. Jacob David, un compositore di Copenaghen, sta viaggiando più o meno sulla stessa traiettoria. Ha caricato la sua prima registrazione, Judith – scritta per la cresima in chiesa di sua nipote – su Spotify nel 2015. Quattro anni dopo, la canzone è decollata quando Spotify l’ha aggiunta inaspettatamente alla sua playlist “Peaceful Piano”. Da allora Judith ha accumulato più di 17 milioni di ascolti sulla piattaforma, mentre l’ascolto mensile di David è di 1,2 milioni. Come Luke, anche Jacob l’anno scorso ha potuto lasciare il lavoro, nel suo caso di insegnante elementare, per dedicarsi alla musica a tempo pieno.

Nello Toscano, contrabbassista catanese, icona del jazz siciliano, all’età di 70 anni ha trovato il modo per ampliare il suo pubblico. Il suo album, intitolato Inside, naviga a gonfie vele su Spotify e il singolo Clouds ha superato la soglia dei 703mila “stream”. «Una quota mai raggiunta», si meraviglia lo stesso artista etneo. «Anche perché il mio nome non è così conosciuto. Eppure, il 90% degli ascolti è negli Stati Uniti, poi in Canada, un po’ in Giappone, ma in Europa pochissimi, qualcosa in Inghilterra. Clouds è andato fortissimo perché è entrato in alcune playlist di jazz soffice». E questo spiega le punte record d’ascolto su Spotify, non solo di Nello Toscano, ma anche di un altro catanese come il pianista Dino Rubino che, insieme con la tromba di Paolo Fresu, ha sfondato i 14 milioni di stream con il brano The silence of your heart. Nello Toscano adesso ci riprova con l’album Remember to remember, album in cui insieme con Claudio Cusmano ed Enzo Zirilli rilegge classici della musica pop in chiave soft jazz. E già alcuni dei brani del disco hanno cominciato la scalata su Spotify, in particolare le cover di Tom Traubert’s blues di Tom Waits e di Sorry Seems to Be the Hardest Word di Elton John.

Il “boom” delle playlist

L’esplosione di popolarità di queste playlist è coincisa con una crescente domanda di spazi per la musica, anche prima che la pandemia mettesse a tacere i concerti, ormai unica fonte di guadagno per molti musicisti. E non è solo Spotify. Altre piattaforme, come Amazon Music e YouTube Music, si sono accodate. «Quando è successo, i miei numeri sono quadruplicati», dice Luke, ancora sbalordito. «Adesso non mi interessa nemmeno più Spotify, perché ora ci sono così tante piattaforme diverse. E il reddito è salito alle stelle, al ritmo di quasi sette cifre».

Spotify continua tuttavia a fare da apripista. Fondata nel 2006, ha lanciato le sue prime playlist nel 2015, che si sono trasformate in una vasta rete di opzioni curate da umani o programmate da algoritmi. Nel caso di alcune playlist editoriali ufficiali, i curatori funzionano come una volta la radio, detenendo il potere di trasformare una canzone in un successo con il posizionamento nella playlist giusta. Una volta inserito un artista, Spotify è incline ad aggiungerlo nuovamente all’algoritmo di un determinato ascoltatore.

Questo ascolto guidato è una svolta inaspettata in una tradizione di lunga data. La logica del consumo radiofonico è sempre stata: non riprodurre nulla che possa far cambiare canale a qualcuno. Ed è di questo che accade in una playlist. Finché non rompe l’atmosfera, va tutto bene. La musica d’atmosfera, o musica funzionale, esiste da secoli. Durante il Medioevo, i menestrelli venivano mantenuti dalle corti reali per creare un’atmosfera piacevole. Anche la musica classica era spesso «tintinnante in sottofondo», come dice Wald. Entro la metà del XX secolo, furono prodotti album di musica d’atmosfera, come sarebbero state in seguito le playlist di Spotify, per servire come complementi uditivi alle attività domestiche. Muzak è forse la variazione più conosciuta degli ultimi decenni.

Luke e Toscano sono profondamente consapevoli del fatto che la loro musica spesso funge da sottofondo, mentre le persone lavorano, quando sono alle lezioni di yoga o persino negli ospedali. «Musica da sfondo, più che sottofondo. Da tappezzeria», ironizza il musicista catanese. «Anche perché oggi non si vendono più dischi, l’ascolto della musica è poco attento».

I record della musica per dormire

Di gran lunga la playlist di maggior successo al culmine del suo ascolto su Spotify è stata “Sleep”. Che, come lascia intuire il titolo, è creata per conciliare il sonno all’ascoltatore. Herinneringen, brano per nulla popolarissimo, del “carneade” Sohn Aelia ha oltre 42 milioni di stream. Che, alle misere royalties concesse da Spotify, equivalgono a un guadagno di circa 130mila euro per quella sola canzone.

Gran parte dei brani sono rigidamente sotto i tre minuti e si snodano su melodie che risuonano lisce come pietre che saltano sull’acqua placida. Non si elevano mai al di sopra di un’ondata o di una calma cascata di note, accennando alla tensione piuttosto che incarnandola, ma sono più che sufficienti per un computer per registrare una “emozione” e registrarla nei suoi metadati. Se ascoltate da sole possono suonare come pensieri incompleti, frammenti di un’idea a cui non è stata data piena forma. Ma suonate in successione, hanno un effetto ipnotico, ed è quasi impossibile dire dove finisce una canzone e inizia la successiva. Che è l’idea stessa della playlist.

1 Comment

  • Leo Dicembre 30, 2022

    Avente mai sentito il detto “l’eccezione conferma la regola”?
    Per pochissimi che dal niente raggiungono la notorietà migliaia e migliaia di impallinati regalano la loro musica prodotta con sudore e sangue a queste piattaforme di miliardari che hanno distrutto la musica ed i musicisti.
    Il noto jazzista è per l’ appunto noto e qualcuno l’ avrà aiutato a entrare in quella playing List. Altri addirittura pagano per entrare nelle playing list senza peraltro avere garanzie al riguardo.
    Questi pochi casi fortunati sono l’ ossigeno con cui Spotify (un business basato sullo sfruttamento dei sognatori) riesce a mantenere la sua posizione. “Hai visto? Tizio ce l’ ha fatta, dunque è possibile”.
    Si possibile come vincere la lotteria di capodanno. Ci vorrebbe molta più onestà intellettuale da parte di chi scrive articoli su questi temi. Mentre invece siete tutti proni davanti ad un sistema che sta uccidendo la musica.

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