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I 20 migliori album del 2023: da 10 a 6

Quest’anno è stato meno difficoltoso selezionare i venti album della TOP 2023. Forse perché sono davvero pochi quelli che si sono distinti per originalità e qualità nell’inflazionato panorama musicale oggi rappresentato dalle piattaforme di streaming. Sono dischi, alcuni di questi, che hanno avuto bisogno di più ascolti per essere compresi e apprezzati. Tempo che, purtroppo, pochi spendono per ascoltare un disco: non a caso sono ritornati i singoli, spesso di breve durata, perché gli studi dicono che dopo 30 secondi di ascolto oggi si passa a un altro brano. Nella TOP 20 di segnalisonori.it si registra il ritorno di alcuni mostri sacri della storia della musica, a conferma della classicità del rock, ma anche del fatto che restano loro fra i pochi a guardare quello che accade intorno, piuttosto che a rivolgere lo sguardo nel proprio mondo interiore. (Per compilare la TOP 20 sono stati considerati gli album usciti dal primo gennaio al 15 dicembre 2023)

10. BLUR – “The Ballad of Darren”

L’esistenza stessa del primo nuovo album di Blur dal 2015 sembra a dir poco miracolosa. St. Charles Square è un rock dai denti affilati e in stile Bowie (“Ho fatto un casino/non sono il primo a farlo”). Altrove, canzoni come il singolo principale The Narcissist e il peccato pop Barbaric sono sorprendenti nel loro tono aperto ed emotivo. Alcune canzoni di The Ballad of Darren richiamano chiaramente la storia della band, come la traccia di apertura, The Ballad, basata su una demo solista del 2003 di Damon Albarn e dedicata al capo della sicurezza di lunga data della band, Darren “Smoggy” Evans. 

9. PJ HARVEY – “I Inside the Old Year Dying”

I mondi sonori sconcertanti che PJ Harvey e i suoi collaboratori hanno creato assicurano che I Inside… si regga da solo come un’opera d’arte. Impiegando registrazioni sul campo distorte (l’immagine che Harvey dipinge di se stessa, registratore in mano, mentre cattura il muggito delle mucche e il “vento nei fili”, è del tutto credibile) e sintetizzatori che sembrano «un incrocio tra una credenza e un centrale telefonica», l’effetto finale è destabilizzante. Il rombo simile a una macchina che apre la prima traccia dell’album, Prayer at the Gate, potrebbe essere una stampante a matrice di punti che si sta riscaldando, o un’antica fanfara di corno.

8. BLONDSHELL – “Blondshell”

Innumerevoli artisti cercano di far rivivere gli anni Novanta, ma pochi lo fanno meglio di Sabrina Teitelbaum, il cui debutto omonimo è uno straordinario pasticcio di furia emotiva e indignazione. Sei delle nove tracce sono state pubblicate come singoli (l’eccellente Salad e Joiner), ma ascoltare l’album per intero è fondamentale per capire il genio di Teitelbaum: non sta solo evocando un’altra epoca, la sta reinventando.

7. DANIELA PES – “Spira”

L’album della cantadora sarda che si colloca in un territorio musicale di ricerca, con un respiro internazionale, e un’attenzione al recupero di suoni tradizionali e ancestrali. Tra elegante e oscura elettronica dai beat a tratti galoppanti e ambient dal respiro cosmico, sette tracce avvolte dal canto di un’artista dal talento multiforme, votata alla destrutturazione della forma canzone e alla decostruzione della lingua per creare un mondo sonoro esoterico in cui l’arcaico, il contemporaneo e il futuribile si avviluppano l’un l’altro come nella danza gravitazionale di due galassie in procinto di fondersi. In un linguaggio tutto suo ci porta dentro architetture elettroniche intrecciate di tradizioni remote, piene di echi misteriosi, ma intimi. Musica visionaria e misteriosa che interpreta la drammaturgia sonora come utopia, dove passato e presente s’incontrano. E se la dimensione strumentale sembra evocare immagini cinematografiche, quella vocale avvicina Daniela Pes più alla ricerca linguistico-espressiva di certo teatro contemporaneo.

6. PETER GABRIEL – “i/o”

Un lavoro con il quale Peter Gabriel sembra voler ripercorrere la sua carriera, rielaborando tutte le esperienze precedenti con un altro contenuto. Partendo dai richiami ai Beatles in Live and Let Live, per poi accennare al prog rock dei Genesis in And Still tra un pianoforte, un flauto e un violoncello che spruzzano malinconia. Rielabora il sound della Motown in This Is Home, destruttura gli anni Ottanta nel ritmo sinuoso di This Is Home. Il punto culminante potrebbe essere Playing for Time, una ballata che si muove lentamente verso un climax drammatico, in cui esplora i temi della mortalità e del pianeta malato. Sentite in una sola seduta, tutte quelle canzoni pubblicate a ogni luna piena, diventano qualcos’altro. Tasselli di una grandiosa opera d’arte.

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