Disco

Groove addicted: The Bamboos

L’esplosivo funk della band australiana incontra l’Orchestra sinfonica di Melbourne. L’operazione evita di cadere nel kitsch

L’Australia è la terra dei canguri, di deserti rossi, di aborigeni e, da qualche anno a questa parte, di musica funk di grande qualità suonata da bianchi. D’altronde sappiamo bene che non è questione di colore della pelle suonare il funk, il blues o il jazz. È piuttosto un’attitudine, un gene che se lo possiedi ti porta a quel linguaggio musicale.

Fatto sta che in Australia negli ultimi anni è nata ed è cresciuta una scena funk e soul-jazz nei club di Sidney, Melbourne ecc. Per la verità è un chitarrista e cantante neozelandese all’alba del millennio ad infiammare la scena: Lance Ferguson. È lui che mette su un Hammond 4tet, suonando cover strumentali di The Meters, James Brown, Grant Green, Ivan “Boogaloo” Joe Jones e Ruben Wilson. Poco più di un anno ed arriva il loro esordio in 7’’ con Eel Oil e Blackfoot che incontrano il gusto di dj britannici dediti al deep funk (Patrick Forge, Snowboy e Mr.Scruff e Quantic).

Partono i primi tour in giro per i continenti ed in breve diventeranno famosi e portabandiera del “nu funk” australiano. E non solo. Nel frattempo la band cresce di numero, oggi presenta oltre al leader: Kylie Auldist, voce; Graeme Pogson, batteria; Yuri Pavlinov, basso; Ross Irwin, tromba; Phil Noy, sax baritono; Damont Grant, sax tenore; Daniel Maugerman, organo Hammond; Phil Binotto, percussioni. Particolari i loro live che adottano la tecnica del “live mix“ cioè una non-stop in cui ogni canzone passa alla successiva. Un format inventato da James Brown.

La band australiana The Bamboos

Dopo dieci album in studio, tre live, più di trenta Singoli, una sventagliata di premi, e dopo aver suonato insieme a calibri assoluti della musica contemporanea (Durand Jones, Aloe Blacc, Bobby Flynn ecc.), arriva questa nuova esperienza discografica, che cattura le sonorità tipiche cariche di groove e funk dei Bamboos miscelati alle architetture sinfoniche della prestigiosa Orchestra di Melbourne e dei suoi cinquanta elementi, nel tempio musicale della Hammer Hall, in due magiche notti del marzo 2021.

La band esegue le canzoni più iconiche ed amate della loro ultradecennale carriera riarrangiate, per l’occasione, dal trombettista della band Ross Irwin insieme all’orchestra. Il risultato è notevole perché il repertorio si arricchisce di un mantello cinematico che dona spessore e suggestioni immaginifiche con cromatismi cangianti brano dopo brano.

Il leader Lance Ferguson ricorda che lo show «sembrava davvero un’esperienza irripetibile. Gli spettatori erano appena usciti dal primo grande lockdown della città, il dono di vedere e suonare di nuovo musica dal vivo sembrava avere un peso extra per tutti nel Teatro. Tutta l’emozione più vera e toccante si percepiva nell’ambiente, grazie agli incredibili arrangiamenti del nostro Ross Irwin. Ciò ha galvanizzato la band ed il pubblico per far sì che questi spettacoli contassero e restassero impressi».

La copertina del disco

Una menzione particolare va fatta alla splendida vocalità di Kylie Auldist che ne impreziosisce le trame sonore. Difficile poter tratteggiare i brani più belli, quelli che ti attraggono subito, perché è un susseguirsi di emozioni traccia dopo traccia. Ci proviamo: tre su tutte Power Without Greed  (dal loro ultimo album in studio del 2021 Hard Up); Keep me in mind, brano iconico della band, che chiude il lavoro in maniera impeccabile, con un nuovo, sontuoso, arrangiamento che racchiude tutta la “filosofia “di questo lavoro; poi la cover trip-hop Strong dei britannici London Grammar , qui in una versione lirica, arricchita dalle sezioni orchestrali e dalla performance della cantante Kylie Auldist.

La musica rock ed anche la black di tanto in tanto si sono cimentate in performance live insieme ad orchestre, i risultati molto spesso non sono stati esaltanti, anzi tutt’altro. Ci vuole sapienza ed abilità compositiva per non cadere nel kitsch. Ma in questo caso l’operazione riesce e si fa apprezzare e gioca al pari di opere del passato di Marvin Gaye, Isaac Hayes, Charles Stepney e David Axelroad per restare in ambito soul.

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