Interviste

Gilberto Gil: ci vorrebbe un’altra Tropicália

Musicista amato in tutto il mondo, figura di spicco della cultura brasiliana e uno dei più grandi interpreti della musica del suo Paese, sarà protagonista della prima serata della festa brasileira di FestambienteSud a Vieste. L’Amazzonia al centro della rassegna: «La foresta va rispettata perché quasi tutto il verde è sparito. È arrivato il momento di rimboscare la foresta amazzonica in pericolo»

La vita di Gilberto Gil è una passeggiata per episodi rilevanti della storia del Brasile. Figlio di un medico e di un insegnante, unico studente nero della sua classe ai Maristas, è il padre putativo del suo connazionale Caetano Veloso nel movimento Tropicália poco prima che la dittatura li imprigionasse ed esiliasse nel 1969 in una Londra in subbuglio. Artista onnivoro dedito all’incrocio di razze musicali, ha accompagnato Lula come Ministro della Cultura dal 2003 al 2008. Sarà lui ad aprire la festa conclusiva di FestambienteSud dedicata alle contaminazioni musicali tra Italia e Brasile. Lo spettacolo Aquele Abraço, in programma il 31 luglio alla marina piccola di Vieste e annunciato come l’ultimo in Europa, celebra i quasi sessant’anni di carriera e cinquanta di tour mondiali di Gil, ripercorrendo i momenti più significativi di un cammino artistico leggendario che lo ha portato alla registrazione di oltre sessanta album, quattro milioni di vendite e nove Grammy. 

Caetano Veloso ha appena annunciato che questo sarà forse il suo ultimo tour mondiale, che chi vuole ascoltarlo dovrà andare a Bahia. Milton Nascimento ha fatto un tour d’addio, il Brasile ha appena perso Rita Lee, Gal Costa e Astrid Gilberto. Chico Buarque ha 79 anni, Roberto Carlos 82. Sente la fine di un’era nella musica brasiliana?

«Sì, è naturale, generazionale, soggetto ai cicli della vita. Nascita, vita e morte sono condizioni naturali dell’esistenza».

Una tappa finisce? C’è ancora strada da fare?

«Lo spero, ho ancora una disposizione fisica e mentale. Mi piace ancora molto la musica. C’è una risposta da parte del pubblico. Questi sono elementi che determinano una possibilità di continuare finché la vita lo consentirà. Le nostre carriere, quelle di tutti, abbracciano molti decenni. Quasi tutti siamo attivi da più di cinquant’anni».

E la staffetta? Nel suo caso, la famiglia.

«Nel mio caso sì, perché ho una famiglia numerosa, otto figli, la maggior parte dediti alla musica. In altri quasi no. Io suono con mio figlio Bem, mio figlio José, mia figlia Nara, mio nipote Francisco, mio nipote João, mia nipote Flor, mio nipote Bento, mia nuora Maria».

Lei che hai fatto breccia in così tanti generi cosa ne pensa del reggaeton?

«Non so molto. Nella musica popolare c’è una fortissima presenza di tutti questi sottogeneri derivati dalle grandi correnti americane, centroamericane e sudamericane, con interfaccia europea. Mi sono avvicinato ai più antichi, agli originali, di musica popolare come samba e baião in Brasile, rhythm & blues negli Stati Uniti, canto mediterraneo del Portogallo, Spagna e Italia, modi africani, per via delle mie origini bahiane e brasiliane. La mia formazione è fondamentalmente questa. L’ultimo grande trend internazionale a cui mi sono unito è stato il reggae».

E cosa ne pensa del sertanejo, che è la musica più ascoltata in Brasile?

«Ha le sue origini nella musica rurale, folk brasiliana, soprattutto del centro-sud, di São Paulo, Minas Gerais, Paraná, Goiãs… Da quel modello originale è passata per incorporare il pop americano ed europeo. La musica di origine spagnola in America Latina, dalla Colombia, dal Cile… ha una grande influenza in Brasile. Il sertanejo è una musica di fusione, che mescola i suoni negri, meticci, dell’America centrale, il rythm & blues. Sono musiche ibride, proprie di questo scenario globale della civiltà contemporanea».

Caetano Veloso ha scritto di lei nella sua autobiografia Verità tropicale: musica e rivoluzione nel mio Brasile: «È stato senza dubbio il mio vero maestro. (…) Vederlo suonare la chitarra e cantare mi ha disinibito per la musica come nient’altro (…) mi ha permesso di rischiare». L’artista Caetano esisterebbe senza di lei?

«È una dipendenza reciproca. Non ci sarebbe Gilberto Gil senza Caetano Veloso. Così come non ci sarebbe Caetano Veloso senza Gilberto Gil. Spiegarlo richiederebbe molto tempo, ma la storia del nostro sviluppo artistico parla in modo eloquente di questo scambio personale».

Tropicália era anche un movimento di sincretismo. In questi tempi di estrema polarizzazione, c’è bisogno di una nuova Tropicália?

«Se ne abbiamo bisogno? Forse. Lo otterremo? Ne dubito, perché le attuali caratteristiche storiche non incoraggiano le aspettative per l’emergere di un movimento unificante. Al contrario, credo che la frammentazione e la dispersione rendano difficile l’esistenza di movimenti egemonici».

Lei, che era ministro con Lula, come vede questo ritorno al potere di Lula?

«Prima di tutto è più grande. Ora arriva al suo terzo mandato vent’anni dopo e con uno scenario mondiale molto diverso. È diviso in blocchi ideologici meglio definiti, con forze regionali, nazionali, dove il posizionamento è ora più difficile per lui, come lo è per tutti noi».

Una leggenda, sia per la sua musica che per il suo attivismo ambientale. Gilberto Gil ha iniziato a battersi per le cause ambientali già negli anni Settanta, e questo impegno si è rafforzato nel corso del tempo. Il musicista brasiliano ha fatto molto per salvare i tesori più preziosi del Pianeta, dimostrando il suo forte impegno per la protezione dell’ambiente. Il documentario Viramundo del 2013, per esempio, ha documentato il suo tour mondiale, conclusosi nel cuore della foresta amazzonica, il principale polmone verde del mondo. Le foreste hanno ispirato il singolo Refloresta (“Riforesta”), pubblicato nel 2021.

«Perché non possiamo lasciare in pace il nostro mondo? La foresta va rispettata perché quasi tutto il verde è sparito. È arrivato il momento di rimboscare la foresta amazzonica in pericolo».

I cinque giorni di concerti, che da lunedì 31 luglio a venerdì 4 agosto a Vieste vedrà protagonisti Gilberto Gil, Céu, Barbara Casini e Javier Girotto, As Madalenas e Gabriele Mirabassi, Marcos Valle, Chiara Civello e Jacques Morelenbaum con l’Orchestra della Magna Grecia, Dj Meme, hanno l’Amazzonia al centro del progetto speciale dedicato al Brasile. 

1Il Brasile è un luogo magico dove trascorro molto tempo e imparo sempre tante cose», spiega la cantante, compositrice e polistrumentista Chiara Civello, direttore artistico di FestambienteSud. «La vastità oceanica la vegetazione dirompente, la pluralità culturale, la forza ancestrale e spirituale sono gli elementi che rendono la sua poesia irresistibile e lo fanno sembrare un Paese sempre in festa. Inaugurare quest’anno questa sezione del festival con Gilberto Gil è come avere le chiavi del tempio».

Dopo l’apertura con Gilberto Gil, la festa conclusiva di FestambienteSud proseguirà con la paulista Céu, che con collaborazioni importanti come quella con Herbie Hancock e tre Latin Grammy vinti su otto nomination, è una delle rare artiste brasiliane ad aver ricevuto una nomination ai Grammy americani. Difficile catalogare lo stile musicale di questa artista-compositrice, un universo creativo che fonde la tradizione afro-brasiliana con il più moderno urban-soul accompagnati da una voce tenera e composizioni di grande effetto. 

Il 2 agosto il programma prosegue con un doppio concerto. Si comincia con la cantante Barbara Casini e il sassofonista Javier Girotto, che in Terra Brasilis, accompagnati da Seby Burgio al pianoforte, compiono un percorso attraverso il Brasile, da Nord a Sud, dal mare al “sertão”, con un’apertura verso lo sconfinato mondo musicale latinoamericano. A seguire il nuovo e inedito live del duo As Madalenas, alias Cristina Renzetti & Tatiana Valle si arricchisce di colori e energia grazie a due strumentisti straordinari il batterista e percussionista Bruno Marcozzi e Gabriele Mirabassi, uno dei massimi virtuosi odierni del clarinetto a livello internazionale, profondo conoscitore dell’universo musicale brasiliano.

Jacques Morelenbaum 

Altra leggenda della musica brasiliana, il 3 agosto arriva a FestambienteSud Marcos Valle, bossanovista di seconda generazione sulle orme di Gilberto e Jobim, che ha viaggiato intorno al mondo modificando col tempo il suo stile e diventando un punto di riferimento anche per le generazioni successive. Non sono molti gli artisti che possono vantare una carriera così variegata, che ha mantenuto una qualità costante nel corso di sei decenni. Un monumento, insomma, che torna in Europa nell’anno del compimento dei suoi ottant’anni e in concomitanza della ristampa celebrativa per il ventesimo anniversario del suo classico moderno Contrasts del 2003, da tempo fuori catalogo.

Il primo incontro artistico tra Jacques Morelenbaum e Chiara Civello risale al 2009 in studio, quando i due hanno registrato insieme a Rio de Janeiro la canzone scritta da Chiara Non avevo capito niente, arrangiata per l’occasione dal violoncellista, raffinato compositore e arrangiatore dal tocco sublime, con cui ha segnato il suono della musica brasiliana moderna. Già collaboratore di Antonio Carlos Jobim, Morelenbaum ha suonato con Caetano Veloso, Gilberto Gil, Ryūichi Sakamoto e si può dire che sia uno di quegli artisti che ha contributo a costruire il ponte di congiunzione tra il Brasile e tutto il mondo. Il 4 agosto Jacques Morelenbaum e Chiara Civello torneranno a emozionarsi di nuovo insieme e a emozionare il pubblico dal vivo, con la speciale partecipazione dell’Orchestra della Magna Grecia e ripercorrendo insieme, mano nella mano, quel ponte che da anni ormai consolida l’amicizia musicale tra Italia e Brasile.

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