Interviste

Fred Wesley: amavo il jazz, inventai il funk

In Sicilia per tre concerti l’incendiario, tonante, leggendario trombonista insieme con The New JBs, ultima reincarnazione della band che fu al fianco di James Brown. Il racconto delle sue esperienze con il “Padrino del Soul” e con i Parliament-Funkadelic. «La mia musica oggi è un po’ di jazz e un po’ di funk, un po’ di tutto»

Fred Wesley non è un musicista qualunque. L’incendiario, tonante, leggendario trombonista è una delle figure cardine del funk. Non solo ha servito come fidato bandleader e arrangiatore principale di James Brown durante la rivoluzione ritmica degli anni Settanta del “Padrino del Soul”, ma ha anche guidato gli ottoni (cioè gli Horny Horns) per i Parliament-Funkadelic di George Clinton insieme con il sassofonista Maceo Parker. E con le band di quest’ultimo ha militato fino alla metà degli anni Novanta. Senza dimenticare le collaborazioni con Count Basie, Ike and Tina Turner, o la partnership con il sax tenore Pee Wee Ellis che fu per dieci anni anche direttore musicale di Van Morrison.

Dal 1996 il musicista di Columbus, Georgia, ha formato il suo gruppo, The New JBs, ultima reincarnazione della band che fu al fianco di James Brown. E oggi, a 80 anni compiuti lo scorso 8 luglio, continua a esibirsi con loro in tutto il mondo. Insieme con Gary Winters alla tromba, Hernan Rodriguez al sax, Reggie Ward alla chitarra, Peter Madsen alle tastiere, Dwayne Dolphin al basso e Bruce Cox alla batteria, si presenterà giovedì 3 agostoall’ombra del Tempio di Giunone, in chiusura della prima serata del FestiValle di Agrigento. Il giorno dopo, venerdì 4 agosto sarà ospite del Castroreale Jazz Festival e sabato 5 chiuderà il tour siciliano al Milo Jazz Superior Festival nell’anfiteatro “Lucio Dalla” del paesino etneo.

«Mio padre era un insegnante di scuola superiore e guidava una big band a Mobile, in Alabama», ricorda Wesley. «Mia nonna suonava il piano, quindi in mezzo a loro due sono diventato un musicista. Ho imparato a suonare il trombone per strada. Il primo addestramento formale che ho avuto sul trombone è stato nell’esercito. Ho davvero imparato a suonare professionalmente e con grande musicalità nell’orchestra militare».

Fred Wesley ha infuso tocchi jazz e raffinatezza armonica nella struttura funk di James Brown e George Clinton. Testimone la sua capacità di scambiare riff con scat con King James (Make It Funky Parts 3 & 4), nell’eseguire agili assoli (Pass the Peas di The JB) e tracciare arrangiamenti regali (l’epica Mothership Connection dei Parliament). 

Come è stata l’esperienza con James Brown?

«James Brown è un’entità a sé stante. Essere puntuali, lucidare le scarpe, stirare i vestiti, immagino che ti preparerebbe per stare con James Brown. Ma la parte musicale era totalmente diversa. James Brown aveva il suo modo di creare musica e ho dovuto impararlo. Quando mi sono unito a lui per la prima volta ero solo un ragazzo nella band. Quando l’ex direttore della band Pee Wee Ellis ha lasciato e io l’ho sostituito, ho pensato che l’avrei fatto a modo mio. James Brown non era d’accordo. Ero un po’ testardo in quel periodo, e così ho lasciato. Mi sono trasferito in California per dimostrare che ero un grande trombonista jazz. Ma non è andata così. È stata una brutta esperienza a Los Angeles per un nuovo suonatore di trombone. Sono tornato e ho scoperto che James Brown aveva bisogno di me. Anch’io avevo bisogno di lui, e siamo arrivati a un’intesa».

Si parla molto di quanto James Brown fosse severo con la sua band. Si dice che avrebbe multato i musicisti quando sbagliavano.

«Era molto severo. Voleva che la musica fosse esattamente come desiderava lui. Aveva regole ferree su come ti comportavi anche fuori dal palco. Era la sua band e lui la stava pagando. Ma ha cercato di controllare ogni aspetto della tua vita. Era difficile presentarsi in uniformi perfettamente stirate con scarpe perfettamente lucidate dopo aver viaggiato su un autobus tutta la notte. Nei camerini c’erano assi da stiro e persone che stiravano i vestiti. Ricordo che una volta ho ricevuto una multa per avere del sangue sulla mia uniforme. Stavamo suonando all’Apollo e io stavo suonando così forte che mi si è rotto il labbro e sanguinavo. E una piccola macchia di sangue si è sporcata la mia uniforme. James mi ha multato di 50 dollari».

Lei amava il jazz, sognava di suonare con Art Blakey e di diventare il prossimo JJ Johnson. Come si è trovato con James Brown?

«Beh, avevo una famiglia. E stavo facendo soldi in quel momento. Stavo guidando la band di James Brown, il che ha aumentato il mio stipendio di un bel po’. E in più la band di James Brown mi ha dato l’opportunità di creare della musica. Ho usato alcuni cambiamenti jazz, fraseggi jazz e linee jazz nella musica di James Brown».

Com’è stata invece l’esperienza con gli show dei Parliament Funkadelic?

«Era qualcosa di spettacolare. That Earth Tour è stata una produzione e un’impresa monumentali. Dietro c’erano gli allestimenti del circo. Il culmine dello spettacolo era con la Mothership che atterrava sul palco. È stata una cosa grandiosa. Eravamo soliti divertirci e meravigliarci dell’intera faccenda».

Anche questa avventura finì male…

«Tutto quello che volevo era una piccola parte dei diritti d’autore. George Clinton ha detto: “Noooo no no, sono io il capo qui”. È per questo che abbiamo litigato e perché me ne sono andato. E in più la band di Count Basie mi stava corteggiando. George non vedeva le parti di fiati importanti quanto la voce e il ritmo. Ma sono importanti! Meritano un po’ di regalità. Non siamo venuti alle mani, ma io ero decisamente in disaccordo».

Dopo il periodo con la Count Basie Orchestra, tuttavia torna al funk. 

«Non era proprio il reddito a cui ero abituato quando suonavo con Funkadelic e George Clinton, quindi ho preferito andarmene. Ma mi è piaciuto mentre ero lì».

Nel 2002 Wesley pubblica l’autobiografia Hit Me, Fred-Recollections of a Sideman, nella quale documenta le sue esperienze strazianti ed esilaranti sulla strada, sul palco, nelle sale prove e negli studi di registrazione. Da un anno si sta riprendendo da una operazione al ginocchio. «Ora me la cavo sempre meglio», giura. «Sai, posso quasi correre!». Per poi ammettere: «Ho 80 anni, immagino sia giunto il momento per me di muovermi un po’ più lentamente. Posso ancora suonare e mi godo ancora la musica come facevo prima. Continuerò a farlo, e se non vedo che mi annoia o che mi stanca, lo farò per sempre». Farlo fino alla morte, Doing It to Death, come recita il titolo di un hit di James Brown, uno dei brani ai quali è più affezionato il trombonista.

Fred Wesley è stato altre volte in tour in Sicilia (l’ultima volta nel 2016), trovando sempre «un pubblico caloroso, un ottimo cibo e buon vino». In questi concerti «aspettatevi di sentire un po’ di questo e un po’ di quello», ride. «Dobbiamo fare un po’ di “questo”, per identificarci con colui che mi ha reso famoso, James Brown. Ma facciamo anche un po’ di “quello”, così posso inserire il mio jazz. La mia musica è tutta confusa ora, sai, perché sono tutto confuso. Un po’ di jazz e un po’ di funk, un po’ di tutto».

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