L’autore di “Se mi lasci non vale” racconta come sia cominciata da Giarre la strada verso i successi mondiali con Iglesias. «Un venditore ambulante ispirò la canzone “Rosa Rosa” per la Balistreri. La metrica siciliana usata per la cantante di Licata è la stessa che ho poi utilizzato per i brani dello spagnolo». Lunedì 19 settembre riceverà la Maschera d’argento dal Comune etneo
Negli anni Settanta, le notti di Genova si accendevano alle luci dell’Instabile, “tabernacolo dell’onesto peccato” dove si incontravano attori, attrici, cialtroni, finti artisti, belle ragazze alla ricerca di un sogno. In quel locale si formò Antonio Ricci (un fallimento il suo exploit come attore-cantante), esplose Beppe Grillo, arrivarono persino i tre dell’allora “La Smorfia” con Massimo Troisi in testa e su quella piccola ribalta ottenne applausi e anche mazzi di rose Rosa Balistreri.
Proprio la sera in cui si esibì la “pasionaria di Licata” fra il pubblico c’era un giovane commissario di bordo dalle origini siciliane, Gianni Belfiore, che sarebbe poi diventato autore di canzoni per Julio Iglesias, Raffaella Carrà, Iva Zanicchi, Fred Bongusto, Bobby Solo, Barry Manilow e tanti altri. «Ero ancora alla ricerca di qualcuno che mi facesse scrivere un pezzo», ricorda Belfiore, genovese di nascita con genitori di Riposto. «Ero andato anche a Milano, ma continuavo a ricevere porte in faccia. Avevo chiesto a un mio amico, che organizzava cene per gli ospiti dell’Instabile, di farmi intrufolare e di presentarmi all’artista. Dallo spettacolo appresi la storia di Rosa che mi sarebbe stata utile in un secondo momento, ma, al termine, lei preferì ritirarsi in albergo perché stanca. Fu comunque carina a darmi appuntamento l’indomani mattina».
Quello che sarebbe diventato l’autore di evergreen mondiali, tentò di convincere la cantante siciliana ad affidarsi alla sua penna. «Io sono siciliana e canto in siciliano», tenne a sottolineare Rosa Balistreri. «Dimostrami che ne sei capace e vieni a trovarmi. Io abito a Roma».
«Pur di cominciare, avrei scritto anche in cinese», riprende Belfiore. «Grazie ai miei genitori, conoscevo il dialetto. Ogni estate, dall’età di 4 anni ai 14 ero andato in vacanza a Riposto, e conoscevo tutti i venditori ambulanti che passavano fin dal mattino. Chi vendeva latte, chi uova, chi pane. Uno, in particolare, aveva colpito la mia curiosità: Salvatore Sciacca, soprannominato “Don Turiddu furriatunnu”, che – girando con una valigia di cartone tenuta dallo spago – vendeva ogni tipo di merce gridando a squarciagola lungo le strade di Giarre e di Riposto».
Vinnennu spagnuletti / La cipria e lu shampo / L’augli e li ritali / E centu e centu cosi / Vannìa di cca e di dda / ‘Nta ‘sta valiggi nica / ‘Sta merci nun cci sta, ahh / Dicia, dicia, dicia / “Accattami ‘na cosa
da “Rosa Rosa” (Gianni Belfiore)
Vendeva cipria, shampoo, aghi, ditali, tutta roba per donne. «Era uno dei pochi uomini che poteva parlare con le donne». E don Turiddu diventa l’interlocutore di Rosa Balistreri in Rosa Rosa, la prima canzone scritta da Gianni Belfiore. «Chiamai un mio assistente sulla nave Augustus. Era calabrese e sapeva suonare la chitarra. Gli chiesi di mettere la musica su questo testo». E, poi, al gran galoppo, rotta su Roma.
«Rosa, al primo ascolto, fu colpita dalla canzone, nel cui testo c’erano anche riferimenti alla sua vita travagliata, così come l’aveva raccontata quella sera all’Instabile di Genova», racconta l’autore. «“Va bene”, mi disse. E, sebbene avesse già registrato un album per la collana folk della Fonit Cetra, chiese di poter registrare le mie canzoni, fra cui Amuri senza amuri, che dà il titolo al disco, ispirata alla novella Il viaggio di Luigi Pirandello, dalla quale è stato tratto anche l’omonimo film con Richard Burton e Sophia Loren. La canzone era stata rifiutata da Domenico Modugno. Sempre da una novella di Pirandello è tratta A riti».
Rappresenta, quindi, la chiusura di un cerchio il premio “Maschera d’argento” che lunedì 19 settembre sarà consegnato a Gianni Belfiore al Comune di Giarre. Nel paese di quel don Turiddu che ha dato l’avvio a una storia importante. «Perché è stata l’esperienza con Rosa Balistreri a spalancarmi la strada del successo mondiale con Julio Iglesias», rivela Belfiore. E la valigia di don Turiddu tornerà in Se mi lasci non vale: “La valigia sul letto è quella di un lungo viaggio”.
«Il segreto delle mie canzoni sta nella metrica della canzone siciliana, che è quella di Jacopo da Lentini», spiega Belfiore. «Non si tratta altro che del semplice sonetto messo in musica, in quanto il sonetto è il non plus ultra della espressione poetica, ha una forza penetrativa senza eguali, ha una sua musicalità quando viene recitato. Tutti i più grandi successi mondiali di Julio Iglesias – Se mi lasci non vale, Sono un pirata sono un signore, Pensami – son tutti sonetti siciliani, con un fraseggio perfetto».
Secondo l’ex lupo di mare che ha scelto di vivere sulle pendici dell’Etna, in quel di Milo, oasi creativa per artisti come Battiato, Dalla e Camisasca, «esistono diecimila canzoni siciliane, ma i napoletani ci hanno fregato con la loro filosofia del “tira a campà”. Noi, invece, ci siam fregati con Verga, con il pessimismo siciliano». E indica esempi importanti: la leggendaria Caruso di Lucio Dalla, «che esula dalla produzione del cantautore bolognese: sono quartine con rime baciate, è la metrica della canzone siciliana», e Volare di Domenico Modugno, «che chiude la storia nella prima strofa, dopo quattro righe, perché lui veniva dalla canzone siciliana, cantava come i carrettieri dell’Isola».
Il premio che Gianni Belfiore riceverà lunedì a Giarre sarà occasione per ricordare Rosa Balistreri. «Lei mi fece fare il primo disco, e le devo tanto», si commuove. «Rosa era un talento unico al mondo. La sua maniera di cantare, la modulazione della voce, erano modernissime. È stata la nostra Amalia Rodrigues, ma Rosa nella sua terra non ha goduto della stessa stima e rispetto che il Portogallo ha avuto nei confronti della regina del fado».
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