Oggi Ingrassia avrebbe compiuto 100 anni. Sulla celebre coppia di attori siciliani esce un libro che racconta la “Storia di due antieroi”. Star del botteghino negli anni Sessanta: nel 1964 realizzarono ben 22 film, per un totale d’incassi di 7 miliardi e 300 milioni di vecchie lire. «I critici li hanno massacrati, gli stessi che anni dopo li hanno esaltati», accusa Giampiero Ingrassia
Francesco Ingrassia, detto Ciccio avrebbe compiuto 100 anni il 5 ottobre. È morto nel 2003. Franco Franchi se ne era andato prima, nel 1992. Insieme avevano girato 130 film tra gli anni Sessanta e Ottanta di quelli che oggi gli esercenti si strapperebbero i capelli per averli ancora, tanto incassavano. Nel solo 1964 realizzarono ben ventidue film, un botteghino di sette miliardi e trecento milioni di vecchie lire, circa il 10% dei proventi della filmografia italiana in quell’anno. Popolarissimi, eppure snobbati dalla critica e anche dai grandi autori che però al momento giusto li recuperarono come Ciccio che Fellini volle in Amarcord, Elio Petri in Todo Modo, Ettore Scola nel Viaggio di Capitan Fracassa.
Snobbati dalla critica, come accadde per Totò, il principe De Curtis, rivalutato soltanto post morte. «I critici li hanno massacrati, gli stessi che anni dopo li hanno esaltati. La morte di Franco fu una brutta botta», ha detto Giampiero Ingrassia a Il Fatto.
“Trash” era definito il cinema di Franco e Ciccio. Oggi sono un totem per cultisti, o stracultisti, secondo il loro ripescaggio fatto dai critici negli ultimi vent’anni. È quello che intende raccontare il libro Franco e Ciccio, storia di due antieroi scritto da Alberto Pallotta e Andrea Pergolari per Sagoma Editore.
«Franco e Ciccio sono cultura popolare», scrive Pergolari, uno dei due autori. «Quella cultura popolare che si ferma a un passo dalla speculazione intellettuale, che racconta la condizione umana senza altra motivazione se non quella del racconto stesso, della volontà di trovare un terreno di condivisione per storie, lacrime e risate. Un racconto che nell’attenzione suprema al dato concreto, arriva lo stesso all’assoluto. Per intuizione, affinità. Franco Franchi e Ciccio Ingrassia hanno avuto pochissime certezze nella loro vita artistica (e, di riflesso, privata): recitare, avere successo per garantirsi la sopravvivenza quotidiana, far ridere (Franco, soprattutto), verificare la consistenza delle proprie ambizioni (Ciccio). Facevano spettacolo con passione totalizzante e anche per questo motivo non si può raccontare la loro comicità senza fare riferimento alle biografie personali».
Garantirsi la sopravvivenza all’inizio fu dura, un po’ come per Totò: il cappotto Ciccio lo comprò a rate con il cachet dei primi spettacoli alla fine degli anni Cinquanta. «La fame è stata nel mio inizio, nella mia gioventù, fino a una certa età, una mia amica prediletta», ha detto Ciccio Ingrassia. «Ma bastava quell’attimo di applauso della sera, dopo aver fatto lo spettacolo, a ripagarmi di tutti i sacrifici che avevo fatto, dei viaggi all’avventura, dei respingenti, dei carri bestiame, dello scappare da un vagone all’altro. C’era la lotta tra i controllori e noi…».
Poi la gloria: i re dell’avanspettacolo, Domenico Modugno come mentore. E il boom al cinema negli anni Sessanta: la comicità di Franchi e Ingrassia aggiorna il ruolo che aveva avuto Totò nei due decenni precedenti: il mondo messo in scena nei loro film, con le loro “comiche”, equivoci, travestimenti e facce buffe, diventa l’immaginario del pubblico popolare del tempo. Franco e Ciccio. Basta il nome per suscitare un sorriso. Più improbabili e assurdi che mai, con l’irruenza dei veri fenomeni.
«Sono stati la coppia di comici più proverbiale della nostra storia», scrivono Pallotta e Pergolari. «Nonostante un girotondo eterno di liti e riconciliazioni. Questa è la loro prima biografia autorizzata, un racconto che è anche la storia di un’amicizia preziosa, di un’unione irripetibile. Una storia partita dal nulla, dalla miseria dell’infanzia, ed è arrivata a toccare milioni di spettatori. Una storia di risate e qualche lacrima, di grandi spettacoli e film improbabili, una storia gioiosa che si tinge alla fine anche di giallo».