Interviste

Enzo Benz: sognare a San Cristoforo

– Il rapper etneo debutta con l’EP intitolato “Via Piombai”, il famigerato “fortino della droga” nello storico quartiere nel cuore di Catania
– «San Cristoforo non è gang, proiettili e pistole, San Cristoforo è rispetto, sopravvivenza e sacrifici. Voglio dimostrare che una speranza c’è per tutti»
– Il napoletano preferito al dialetto: «Sono stato influenzato molto dalla cultura siciliana del neomelodico. E poi è un modo per differenziarmi»

«I sogni qui non hanno il permesso di entrare».

Qui è Via Piombai, che le cronache descrivono come il “fortino della droga”, zona di spaccio di cocaina e crack in stile narcos, con il coinvolgimento di donne e bambini, e tanta violenza.

Via Piombai è nel cuore di San Cristoforo, vecchio e problematico quartiere-ghetto di Catania, terra di conquista per i clan di Cosa Nostra, serbatoio di bassa manovalanza per la criminalità.

Via Piombai

«La gente di qui non vive con l’ambizione di guardare al futuro, ma di sopravvivere e di avere un pasto a fine giornata». Una vita in bilico fra legalità e malavita, con il rischio che basta varcare quella sottile linea per rischiare di sprofondare in un girone infernale che può condurre alla morte.

Quel girone Vincenzo Di Mauro è riuscito a evitarlo. Nato e cresciuto qui, in Via Piombai, ha abbandonato gli studi a 16 anni per dare una mano alla famiglia. Prima ha lavorato con il padre muratore, poi ha cominciato a servire seltz, sale e limone in un chiosco, infine è entrato in un centro scommesse. 

«Io credo che crescendo in un contesto simile al mio si abbiano poche opportunità di dare una svolta alla propria vita, per questo dico che i sogni qua non hanno il permesso di entrare», spiega. «Coloro che vivono in posti simili sono rassegnati all’idea che sebbene ci provino in tutti i modi non ne uscirai mai, per questo molta gente neanche ci prova a guardare oltre».

La musica è stata la salvezza per Vincenzo. «Ho iniziato a scrivere le prime rime subito dopo aver lasciato la scuola», racconta. «Dopo il lavoro tornavo a casa e mi mettevo a scrivere rime su rime: era il mio sfogo. La mia visione sul quartiere in generale».

E, come accade in molte periferie abbandonate come nei quartieri degradati, il rap si è rivelato il linguaggio adatto a esprimere la rabbia, le ansie, i bisogni di un ventenne. 

«Il rap per me è vita», dice Vincenzo. «È la parola di chi non ha voce. Mettimi in uno studio e posso anche dormire a terra. Non mi peserebbe perché sono nel posto che amo, nel posto dove posso concretizzare la mia arte e le mie idee. So che lo farò fino a quando sarò vivo, nessuno può togliermi questo. Non mi ispiro a nessun artista, perché ho capito che serve viverle veramente le esperienze per raccontarle nel modo migliore. Diciamo che tendo ad apprezzare chi ha una visione simile alla mia. Se devo fare dei nomi sicuramente Future e Lil Baby sono tra gli artisti che ascolto di più».

Le esperienze che racconta sono quelle vissute nel quartiere di San Cristoforo, in Via Piombai. Che dà il titolo all’EP di debutto di Enzo Benz, il nome d’arte scelto da Vincenzo per la sua nuova vita da rapper. È un racconto di sfide, disfatte e riscatti accumulati in una vita. Una narrazione che spesso scade negli stereotipi che accompagnano la descrizione del quartiere: una realtà fatta di gang, proiettili, pistole, pusher, polizia, sicari, bulli, abbandono scolastico. Una gabbia oscura dalla quale sembra difficile uscire. Che, talvolta, può apparire esagerata e più simile a situazioni da Sudamerica che a Catania. Eppure, proprio la storia di Enzo dimostra che una speranza c’è, che i sogni possono entrare anche a San Cristoforo.

«Chiunque può dire ciò che vuole nei pezzi, sta al pubblico capire se è vero o falso. Io ho sempre parlato di ciò che mi gira attorno. Quindi posso dire una carrellata di cose, ma se poi devo parlare di me voglio dimostrare che una speranza c’è per tutti, sta solo capire come sfruttarla», tiene a sottolineare il rapper. «San Cristoforo non è gang proiettili e pistole, San Cristoforo è rispetto, sopravvivenza e sacrifici. Chi non ci vive non può capirlo, viene solo associata a malavita perché a volte è più facile fare questo tipo di narrazione, sebbene non sia così». 

Vincenzo Di Mauro, in arte Enzo Benz, classe 99

Quello che sorprende è l’uso del dialetto napoletano da parte di un “catanese doc” per raccontare il cuore della città etnea. Può essere letto come una scelta commerciale (l’hip hop napoletano attraversa un grande momento) oppure come continuazione di quel legame culturale fra la lingua e la musica napoletana con la malavita. 

«Quando ho iniziato a scrivere testi l’ho fatto subito in napoletano. Sicuramente sono stato influenzato molto anche dalla cultura siciliana del neomelodico. Inizialmente mi sono trovato più motivato a scrivere in napoletano perché la trovavo una buona idea, che mi diversificava da ciò che c’era in giro in Sicilia. Sono del parere che nelle canzoni chiunque possa esporsi nel modo che preferisce, con qualsiasi lingua, l’importante è mantenere un livello alto e portare l’ascoltatore a rispecchiarsi in ciò che si racconta».

C’è un rapporto di collaborazione fra voi rapper della Sicilia orientale? Tu, L’Elfo, Skinny, Don Pero, Baby Rich (questi ultimi due ospiti nell’EP). Si sta creando un movimento hip hop anche qui o siete costretti a cercare ospitalità chi a Napoli e chi a Milano?

«Sicuramente la Sicilia non ha grandi risorse musicali, ma quelle che ci sono ce le facciamo bastare per arrivare ovunque: la dimostrazione sono i numeri. Si sono creati legami e c’è gente che supporta e spinge gli artisti emergenti locali: tutto questo ci fa capire che si sta davvero creando un movimento. La gente del Nord che ci spinge c’è, non ci manca nulla, dobbiamo lavorare con costanza e non fermarci mai e prenderemo quello che vogliamo, riusciremo a riscattarci».

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *