Storia

Echo & The Bunnymen, eroi anni ’80

Protagonisti del concerto di apertura del Medimex hanno offerto una prova molto soffusa, intima, priva della pomposità degli archi che accompagna i loro brani più famosi. In settembre alla Royal Albert Hall di Londra la serata celebrativa per i quarant’anni di “Ocean Rain”

Ian McCulloch ha sempre avuto un’alta opinione di Echo & The Bunnymen. «Sembrava che fossimo la migliore band del mondo», ha detto parlando dei primi giorni del gruppo. «Era il mio sogno, e non volevo essere la seconda miglior band del mondo…». Non lo sono diventati, e nemmeno secondi. Sono piuttosto una band di nicchia, rimasta legata agli anni Ottanta, pur avendo scritto pagine importanti nella storia del rock.

Nei loro primi quattro album, fino all’apice indiscusso di Ocean Rain del quale quest’anno ricorre il quarantennale, i Bunnymen hanno creato un proprio suono lussureggiante, guidato dagli archi, completamente in contrasto con la maggior parte dei loro coetanei post-punk degli anni Ottanta. Mentre gli strumenti elettronici alimentavano il desiderio di sperimentazione in città del Regno Unito. A Liverpool, Ian McCulloch e Will Sergeant guardavano invece oltre oceano, ammirando i Velvet Underground e i Doors e scrivendo canzoni torve e maestose come The Killing Moon e The Cutter, che ancora oggi suonano come veri e propri classici e fanno da colonne portanti nelle scalette dei loro concerti, come è accaduto venerdì sera sulla Rotonda del Lungomare di Taranto, in apertura dei concerti del Medimex 2023.

Ian McCulloch sul palco del Medimex di Taranto (foto ufficio stampa Medimex)

Non a caso, al centro dell’esibizione di venerdì, gli Echo hanno reso omaggio a uno dei loro eroi, Lou Reed, con una versione scheletrica di Walk on the Wild Side, che spesso alternano a People Are Strange dei Doors. Jim Morrison viene evocato da Ian McCulloch nella riproposizione di Bedbugs and Ballyhoo

Lo spettacolo si apre con una serie di canzoni tratte dai primi album: Going UpAll That Jazz e Rescue eseguite senza infamia né lode. L’atmosfera generale viene ritrovata durante All My Colors (Zimbo), proposta sotto una luce blu profonda. Un concerto dai toni bassi, dark, contenuto, dal suono spoglio. Intima e sofferta risuona The Killing moon, priva della pomposità degli archi. Ian la canta con orgoglio e con tenerezza. Meno scintillante del solito Seven Seas con McCulloch, giacchetta e occhiali scuri, appeso al microfono, quasi al buio, mentre un riflettore inquadra un pingue e immobile Will Sergeant concentrato a giostrare con le sue chitarre. Nessuna concessione al pubblico ed allo spettacolo, gli Echo si rivelano una band da club, piuttosto che da grandi spazi. 

La band rivendica la sua piena potenza soltanto alla fine dello spettacolo quando esegue The Cutter. Le luci soffuse e il magnetismo di Ian riescono finalmente a dare una scossa al pubblico. Proveniente da Porcupine del 1983, The Cutter è una delle canzoni più riconoscibili degli anni Ottanta, principalmente perché è così diversa dalla maggior parte delle altre che dominavano le classifiche in quel momento e poi perché ha testi straordinariamente fantasiosi: “Say we can, say we will / Not just another drop in the ocean” (Diciamo che possiamo, diciamo che lo faremo / Non solo un’altra goccia nell’oceano). The Cutter ha segnato una svolta per Echo & the Bunnymen. Avevano già evitato la scrittura di canzoni stereotipate, ma questo singolo ha aperto la porta a una serie di brani portentosi. Da lì a poco sarebbero arrivate Never StopThe Killing MoonSeven SeasBring on the Dancing HorsesLips Like Sugar, canzoni storiche che Echo & The Bunnymen hanno suonate tutte, eccezion fatta per Ocean Rain

Ad Ocean Rain, l’album che festeggia il quarantennale, sarà dedicato il concerto che in settembre Ian McCulloch e Will Sergeant terranno alla Royal Albert Hall di Londra per suonare l’intero album con l’accompagnamento dell’orchestra e di quegli archi la cui assenza si avverte sensibilmente nelle loro esibizioni sui palchi del festival.

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