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Dimmi chi era Franco Battiato

Dal 28 novembre al 4 dicembre nei cinema il documentario che racconta il Maestro di Milo attraverso il ricordo dei suoi colleghi-amici. «Il film si apre con un suono, si chiude con un suono perché io credo che la dimensione sonora e musicale di Battiato sia quella che in qualche maniera è già eterna», dice il regista Marco Spagnoli. È un viaggio, con approdo finale a Milo, dove Battiato ha vissuto fino al giorno della sua scomparsa nel 2021, che ha come guida Stefano Senardi, produttore amico del musicista siciliano
La locandina

«Ci troviamo davanti un artista che ha raccontato la propria arte in maniera diversa. Lui diventa popolare mantenendo un certo livello di cultura, infatti il documentario si apre con una decostruzione narrativa, musicale di Centro di gravità permanente che è impressionante. Mentre dirigevo questo documentario mi sono sentito fortunato perché esposto all’arte, al talento, a capire quanto Battiato fosse un genio». Così il regista Marco Spagnoli introduce il documentario Franco Battiato: La voce del padrone per una settimana in sala con 200 copie dal 28 novembre al 4 dicembre. 

È un viaggio, con approdo finale a Milo, il borgo sull’Etna dove Battiato ha vissuto fino al giorno della sua scomparsa nel 2021, che ha come guida Stefano Senardi, produttore amico del musicista siciliano, per un racconto che ha al centro uno dei suoi album simbolo, La voce del padrone (1981), che gli porta il primo grande successo popolare, con oltre un milione di copie vendute. Uno sguardo che si allarga ad altre suggestioni del mondo di Battiato, dalle sue passioni per la pittura e il cinema alla sua infinita curiosità per la vita e la cultura, dal rapporto con il successo a quello con gli amici e la quotidianità.

A tracciarle gli incontri, fra gli altri, con Padre Guidalberto Bormolini, Paolo Buonvino, Morgan, Juri Camisasca, Carlo Guaitoli, Caterina Caselli, Carmen Consoli, Willem Dafoe, Eugenio Finardi, Corrado Fortuna, Francesco Messina, Vincenzo Mollica, Nanni Moretti, Oliviero Toscani, Alberto Radius e tutto il resto della band che ha suonato con Battiato nel tour e in studio per La voce del padrone. «Il documentario è nato per raccontare i quarant’anni dell’album», spiega Spagnoli. «Sarebbe stato troppo complesso fare un film che riuscisse a raccontarlo tout court. Il film pian piano però si è evoluto, è diventato un viaggio, da Milano a Milo, passando per Roma». 

A fare da Virgilio nel mondo del Maestro di Milo è Stefano Senardi. «La Voce del padrone per me è stato l’album spartiacque della musica italiana di questo essere speciale che ci seduce con il pop e poi ci porta verso mondi lontanissimi», dice sorridendo, citando il cantautore. «Le scoperte, le citazioni, le intuizioni, le tonnellate di suggerimenti, hanno anche portato molti ragazzi degli anni ‘70 e ‘80 a incuriosirsi per civiltà lontane, per mondi dello spirito». Il produttore, legato a Battiato da una profonda amicizia, spiega che «Franco ti colpiva anche con la sua cortesia, sensibilità, il sense of humour. La bellezza di un uomo come Franco era anche nel suo porsi in modo diverso rispetto al resto del mondo. Era padrone del suo tempo, ed era molto organizzato».

Franco ti colpiva anche con la sua cortesia, sensibilità, il sense of humour. La bellezza di un uomo come Franco era anche nel suo porsi in modo diverso rispetto al resto del mondo. Era padrone del suo tempo, ed era molto organizzato

Stefano Senardi

«Questo viaggio è stato per me un sogno: con Marco (Spagnoli, nda) non ci siamo molto parlati e non abbiamo scritto niente, sono andato dove mi spingeva il cuore», continua Senardi. «Battiato ha sempre avuto tante persone intorno e ha aiutato in molti, anche materialmente, senza darci peso. Non aveva nessun senso né del successo né del possesso. Gli veniva normale».

Da sinistra: Marco Spagnoli, Willem Dafoe con la moglie Giada Colagrande, Stefano Senardi

La lezione di Franco ha tante direzioni, per me la principale è conservare la sua indicazione musicale: trovo rappresenti il più grande musicista del Novecento in Italia. Era un uomo di idee e un musicista libero e anticonformista, che si è fatto sempre guidare dal coraggio di scegliere anche la strada più ardua

Morgan
Morgan

Fra le testimonianze, quella di Morgan, che fin da bambino ha iniziato a comprare copie di La voce del padrone: «Dalla cassetta, al vinile al cd, più le versioni rimasterizzate. È un disco che mi ha nutrito, un capolavoro come Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band dei Beatles». L’incontro con Battiato nel 1995, nei camerini del concerto del Primo Maggio per poi collaborare con lui più volte in progetti come Gommalacca: «Allora aveva più di 50 anni, era già un mito, ma trasmetteva una passione e un entusiasmo meravigliosi, era un ragazzino». Battiato «era la disciplina in persona, ma non perché fosse schematico o freddo. Sapeva che mettendo dentro un paradigma la sua creatività poteva farla esplodere. La lezione di Franco ha tante direzioni, per me la principale è conservare la sua indicazione musicale: trovo rappresenti il più grande musicista del Novecento in Italia. Era un uomo di idee e un musicista libero e anticonformista, che si è fatto sempre guidare dal coraggio di scegliere anche la strada più ardua. Aveva una mente che rielaborava e inventava continuamente. Oggi nel nostro Paese manca un coraggio come il suo, regna sovrana la paura delle idee, non si colgono, si frenano. Ed è così anche nella musica, c’è paura di esporsi, di mettersi in gioco, e come risultato c’è il piattume». 

Che cosa rimane di Battiato oggi? «Battiato a questa domanda rivolta da Vincenzo Mollica ha risposto: “Un suono”», risponde Spagnoli. «Il documentario si apre con un suono, si chiude con un suono perché io credo che la dimensione sonora e musicale di Battiato sia quella che in qualche maniera è già eterna. Io sono stato molto fortunato perché mentre giravamo questo documentario sembrava che tutto fosse guidato da qualcuno, sarà stato Battiato? Me lo auguro».

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