Disco

Claudio Giambruno, il sassofonista che canta

«Quello che insegno ai miei allievi è che il sax è un pezzo di metallo inutile. È soltanto un mezzo per esprimere la vocalità che abbiamo dentro», sostiene il musicista palermitano che con l’album “Overseas” fotografa una esperienza di nove mesi con la sua nuova formazione musicale. Il disco è un caleidoscopio emotivo in cui jazz, canzone d’autore, black music, colori mediterranei e ritmi sudamericani si mescolano in una sintesi originale. «La melodia è l’elemento caratterizzante» 
La cover dell’album

«Quello che insegno ai miei allievi è che il sassofono è un pezzo di metallo inutile. È soltanto un mezzo per esprimere la vocalità che abbiamo dentro». E Claudio Giambruno, quarantenne sassofonista palermitano, suona come se cantasse. O canta per come suona, fate voi. In Overseas si sostituisce a voci come quelle di Roberto Murolo, Mick Hucknall dei Simply Red o, ancora, Gene Wilder e – miracolo – l’album non suona come un disco strumentale. 

«I sassofonisti non devono soltanto intonare la tonalità, devono saperla “cantare”», sostiene Giambruno. «Deve “cantare” al di là dei muscoli e della tecnica che stanno dietro allo strumento. Io ripeto sempre che sono due i complimenti che al sassofonista piace ricevere: il primo è quando ti dicono che hai un bel suono, e per noi tenoristi questo è fondamentale; il secondo è quando riconoscono subito il tuo stile, la tua impronta: “Ho capito subito che eri tu”».

Da sinistra: Dario Rosciglione, Claudio Giambruno, Amedeo Ariano, Andrea Rea (foto Gabriele Rosciglione)

E, l’impronta, l’artista siciliano la lascia con Overseas. Nato prima come un progetto musicale, l’incontro fra quattro musicisti – Claudio Giambruno, Andrea Rea (pianoforte), Dario Rosciglione (contrabbasso) e Amedeo Ariano (batteria) -, è diventato un album al termine di un tour lungo nove mesi e cominciato lo scorso gennaio nel Salento. «È stato come voler fotografare un determinato momento», commenta il sassofonista. «Io sono contrario a entrare in studio prima. È più bello fissare quello che hai fatto quando è giunto a maturazione».

Un disco e un progetto nati sul palco, “on the road”. Un’avventura salpata dopo soltanto un’ora, ma intensa, di prove a Poggiardo, un paesino in provincia di Lecce, location del primo concerto dell’Overseas 4et. «Conoscevo e avevo già suonato con Andrea e Dario, ma con Amedeo mai», racconta Claudio. «Loro sono tre romani, io vivo a Palermo. Diedi appuntamento il giorno prima del concerto a Poggiardo per una mattinata full di prove, dalle 10 alle 13. Per una serie di imprevisti, Amedeo arrivò in ritardo e partecipò soltanto a un’ora di prove. Ero terrorizzato. Lui mi tranquillizzò: “Non ti preoccupare, andrà tutto bene”, mi assicurò. Non gli avevo dato alcuna partitura. E lui, senza leggere nulla, è stato perfetto. Mi ha folgorato! Lì ho capito la sua immensa musicalità: non è un batterista ingabbiato nei cliché. Suonare con lui e con Andrea e Dario è diventato un divertimento, qualcosa di spontaneo».

Claudio Giambruno, sassofonista palermitano (foto Antonio Ilardo)

Non lasciarsi ingabbiare dai cliché: è il modus operandi di Giambruno. Che in Overseasspazia dall’hard bop al Sudamerica, da Hollywood alla canzone napoletana. Un album all’insegna della varietà, dove a far da filo rosso è la melodia. «È l’elemento caratterizzante della mia musica. Io sono felice quando chi ti ascolta, chi viene al mio concerto, alla fine canticchia sempre in testa un frammento di qualcosa che ha sentito», spiega. «Quando scrivo un brano, parto dalla melodia e nelle mie composizioni metto i miei ascolti, i miei gusti, le mie influenze. Suono quello che sono. E mi piace la varietà».

Il disco è un caleidoscopio emotivo in cui il jazz, la canzone d’autore napoletana – ‘Na Voce ‘na Chitarra e ‘o Poco ‘e Luna (Ugo Calise e Carlo Alberto Rossi) portata al successo da Roberto Murolo – la black music – You Make Me Feel Brand New (Linda Creed e Thom Bell), hit degli Stylistic, più popolare nella versione moderna dei Simply Red – Hollywood (Pure Imagination, cantata da Gene Wilder nel film La fabbrica di cioccolato), colori mediterranei e ritmi sudamericani si mescolano in una sintesi originale, calda, malinconica e gioiosa, morbida e potente allo stesso tempo. Le note sgorgano con estrema fluidità dal sassofono di Claudio Giambruno. Il quartetto sembra talvolta suonare come un’orchestra, conferisce una potente spinta nei brani più ritmici, raffinato e semplice nei momenti più rilassati, come la sensualissima e straordinaria cover di You Make Me Feel Brand New.

«Sono un amante dei Simply Red ed ho voluto dare una mia interpretazione a quel brano», sorride Giambruno. «Mi sono avvicinato in punta di piedi, perché è molto delicato aggiungere qualcosa di nuovo a una musica popolare. Non devi snaturare, ma rispettare l’originale e, nello stesso tempo, dare la tua impronta».

E poi c’è il Brasile di First Time I Heard Jobim, una composizione di Giambruno, e di Ginza Samba. «Due brani agli antipodi. Quello mio sottolinea l’importanza di Jobim nella storia della musica brasiliana, spesso sottovalutata. Non si dovrebbero mai abbandonare le radici di questa musica che sono legate al jazz. Il secondo nasce da un pezzo scritto da Vince Guaraldi per essere sigla di un programma di cartoni animati».

L’Overseas 4et riprenderà il suo viaggio nei teatri italiani in novembre, partendo dal Santa Cecilia di Palermo. Questa volta, a bordo con loro, anche l’album Overseas.

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