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Catania Jazz nel segno di Charles Mingus

Annunciato il cartellone della nuova stagione: 12 concerti equamente divisi fra Teatro Abc, Sheraton e Club Ma. S’inizia con la Big Band che ha raccolto l’eredità del celebre contrabbassista e del quale ricorre il centenario della nascita. Lo scorso settembre è scomparsa la moglie Sue, che ha avuto un ruolo importante nel tramandare la musica del marito. Un altro bassista atteso protagonista: la “leggenda vivente” Stanley Clarke. Gli incontri di genere e di strumenti caratterizzano il cartellone: da Lily Dior e Marco Marzola all’inedita coppia Motis-Mezquida, da Camille Bertault e David Helbock a Antoine Boyer e Yeore Kim

C’era solo una associazione che non avrebbe mai potuto dimenticare che il 2022 è l’anno del centenario della nascita di Charles Mingus, uno dei musicisti più geniali e influenti della storia del jazz. L’associazione è Catania Jazz che dal novembre del 1983 porta in Sicilia tutte le “stelle” del jazz, prestando orecchio alle nuove tendenze ed ai nuovi talenti, sia internazionali sia nazionali o locali, mantenendo di anno in anno una proposta qualitativamente alta, nonostante crisi e pandemie, e puntando prettamente sugli abbonamenti e su un pubblico fedele. 

La Mingus Big Band

L’apertura della nuova stagione è così un tributo a un grande artista, ma è, soprattutto, l’espressione della passione e dell’attenzione nei confronti della musica jazz. Una presenza, quella della Mingus Big Band, in concerto il 17 novembre al Teatro Abc, che è anche un omaggio a Sue Mingus, la vedova di Charles, che sin dalla morte del marito, nel 1979, ha contribuito a garantire la sua eredità come una delle più grandi menti musicali del XX secolo, organizzando le band alle quali affidare le oltre trecento composizioni lasciate dal celebre contrabbassista. Sue ci ha lasciati alla fine dello scorso settembre. Aveva 92 anni. 

Mingus aveva idee precise su come dovesse suonare ogni nota di ogni membro della sua band. Ma sua moglie vide che aveva lasciato le sue composizioni flessibili e aperte all’interpretazione, consentendo a generazioni di musicisti di tornare su di esse. Il risultato è stata una trama fresca e seducente che si trova raramente nelle band legacy che suonano la musica di Ellington, Glenn Miller e altri. «Nessuno di quei leader ha avuto post mortem il vantaggio di avere una Sue Mingus», ha detto al Boston Globe il critico jazz e giornalista Nat Hentoff, un caro amico dei Mingus. «Ha dei musicisti che si appassionano davvero a quella musica e ricordano Mingus quando diceva: “Voglio che suoni la musica, ma sii te stesso”».

Charles, già attaccato dalla malattia, e Sue Mingus

Charles e Sue formavano una coppia improbabile: lui era un bohémien nero capriccioso cresciuto nella sezione Watts di Los Angeles, lei un’ex debuttante bianca del Midwest. Eppure, il colpo di fulmine fu immediato dopo un incontro casuale nel 1964 al Five Spot, un club di Lower Manhattan. «La mia vita è stata fatta di ordine ed equilibrio, fondata su grammatica, gusto e modi impeccabili», ha scritto la signora Mingus in Tonight at Noon: A Love Story (2002), il suo libro di memorie. «Eppure qualcosa nell’uomo dall’altra parte della stanza sembrava stranamente familiare, come qualcuno che già conoscevo». Alla fine degli anni Sessanta erano più che amanti: lei era la sua manager, il suo agente, la sua confidente e il suo sistema di supporto emotivo. Ha prenotato i suoi spettacoli, organizzato borse di studio e lo ha aiutato a mantenerlo equilibrato e relativamente pulito da farmaci e da alcol che avevano interrotto la sua precedente carriera. Quando, a metà degli anni Settanta, Charles Mingus ricevette la diagnosi di SLA, lei diede andò alla ricerca di tutti gli interventi chirurgici sperimentali. Erano in Messico per uno di questi trattamenti quando morì.Seguendo i suoi desideri, ha sparso le sue ceneri nel fiume Gange in India.

Fu dopo la sua morte che la signora Mingus mostrò la vera forza del suo impegno. Ha organizzato un festival di due giorni della musica di Mingus alla Carnegie Hall e subito dopo ha supervisionato la creazione di Mingus Dynasty, una band di sette elementi che ha suonato sia vecchi standard Mingus sia brani inediti. La signora Mingus ha fatto catalogare le composizioni di suo marito e le ha donate alla Library of Congress, uno dei più grandi doni mai realizzati da un musicista nero. Quando uno dei catalogatori ha trovato la partitura di 200 pagine e 15 libbre per Epitaph, ha chiesto a 31 musicisti di eseguirla, sotto la direzione del compositore e direttore d’orchestra Gunther Schuller.

In una qualsiasi settimana a New York, un fan del jazz potrebbe recarsi al Fez, un club nel seminterrato di Lafayette Street, per ascoltare la Mingus Big Band, quindi andare al ristorante City Hall di TriBeCa per ascoltare la Mingus Orchestra, caratterizzata da strumenti esotici come il fagotto e il corno francese. 

La Mingus Big Band è formata da quattordici elementi, scelti fra i più grandi musicisti di New York, e conta attualmente undici album, sei dei quali sono stati nominati per i Grammy, e un nuovo album, The Charles Mingus Centennial Sessions, uscirà entro l’anno. Si richiama allo spirito della musica mingusiana, proponendo un viaggio nell’affascinante universo del contrabbassista e compositore. Una musica inusuale, strettamente legata alla personalità stessa dell’autore, piena di sfaccettature, di richiami strettamente personali, eppure così universale proprio per la schiettezza e l’immediatezza con cui si lascia ascoltare. La Mingus Big Band rappresenta un veicolo per l’esecuzione della musica di Charles Mingus che aveva sempre desiderato organizzare una propria big band, ma non fu mai in grado di raggiungere tale obiettivo, pur componendo un gran numero di opere importanti per grandi ensemble. 

Stanley Clarke

La Mingus Big Band rappresenta la grande apertura della stagione di Catania Jazz che si divide in tre spazi. Al Teatro Abc gli eventi come, appunto, la Mingus Big Band il 17 novembre; Lily Dior, una delle più straordinarie vocalist provenienti dall’Australia, con il quartetto del contrabbassista Marco Marzola che, italiano di nascita ma ormai stabilmente trapiantato a Londra, fa da anello conduttore fra la cantante, a sua volta londinese di adozione, e l’Italia, di scena il 21 dicembre. Il 23 marzo 2023 sarà la volta di Tommy Emmanuel, considerato fra i migliori chitarristi al mondo, che si presenta in duo con il più giovane collega inglese Mike Dawes. Infine, il 3 maggio, il ritorno in Sicilia di un altro celebre bassista dell’era moderna, la “leggenda vivente” Stanley Clarke accompagnato sul palco dell’Abc dal suo supergruppo “N 4ever”.

David Helbock e Camille Bertault

Allo Sheraton di Catania spettacoli internazionali un po’ più di nicchia per palati raffinati. Come nel caso dell’incontro, inedito in Italia, tra gli spagnoli Andrea Motis, voce e tromba, e Marco Mezquida, pianoforte, il 7 dicembre; l’ex enfant prodigio del piano jazz, oggi trentottenne, Taylor Eigsti, fresco vincitore del Grammy per il miglior album sperimentale, presta la sua musica alla voce di Erin Bode, cantante che si muove tra jazz, folk e pop, con l’accompagnamento del batterista romano Roberto Gatto il 12 febbraio; altro incrocio di culture il 15 marzo con il francese Antoine Boyer, discepolo di maestri della chitarra jazz gitana come Mandino Reinhardt e Francis Alfred Moerman, e la cantante jazz coreana Yeore Kim, che non disdegna di suonare anche tromba, batteria, violoncello e pianoforte…; ultimo appuntamento allo Sheraton con Camille Bertault e David Helbock: lei è la nuova stella nascente del jazz vocale francese, lui, di origine austriaca, è uno dei pianisti più affascinanti della scena attuale, in duo sono tra i personaggi più sbalorditivi e talentuosi della schiera di musicisti jazz europei, i loro viaggi nella musica improvvisata sono sempre avventurosi, giocosi ed emozionanti.

Antoine Boyer, discepolo di maestri della chitarra jazz gitana come Reinhardt, e la cantante jazz coreana Yeore Kim

Nuovi e rodati talenti avranno per palcoscenico quello del Club Ma. Si comincia con Patrizia Cirulli, compositrice, chitarrista e cantante che, a dispetto del cognome che a Napoli parrebbe subito alludere, è milanese doc. La sua voce aveva colpito anche Dalla e Battiato. La sua anima invece ha convinto subito Luca De Filippo a investirla del “sacro” compito di tradurre in musica, oltre che in canto, alcune poesie di suo padre Eduardo. L’ardua quanto felice impresa è ora un disco pubblicato da Squilibri, Fantasia – Le poesie di Eduardo in musica, che presenterà a Catania il 10 e 11 gennaio. Nello stesso mese, il 24 e 25, Alma Armengou, un altro dei prodotti migliori della scuderia del “mago” Joan Chamorro, che è riuscito a fare della Catalogna un immenso vivaio di giovanissimi jazzisti. Il celebre sassofonista inglese Andy Sheppard, che ha suonato con Gil Evans, Carla Bley, George Russell, Steve Swallow e tanti altri, duetta con il chitarrista genovese Marco Tindiglia il 20 e 21 febbraio.  Si chiude l’11 e 12 aprile con il quintetto blues Ghost Company di Stefano Maltese.

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