– Sono quattro, l’ultima la Catania Contemporary Orchestra, «evoluzione della JazzMania Big Band», debutta mercoledì 8 novembre al Teatro Metropolitan per accompagnare James Morrison
– «Ne ho viste tante nascere e tante finire dopo uno o due concerti», commenta Benvenuto Ramaci della HJO. «Istituzioni assenti», sottolineano Nello Toscano della OJdM e Carlo Cattano
– «Un progetto di Catania Jazz per coinvolgere tutte le orchestre etnee», annuncia Cristiano Giardini che dirigerà il concerto con il trombettista australiano
«Catania è la città con più orchestre jazz della Sicilia. Ce ne sono quattro e non mi risulta che abbiamo mai ricevuto finanziamenti pubblici, al contrario dell’unica orchestra jazz palermitana che ha ricevuto montagne di denaro». Con la sua consueta verve polemica, Pompeo Benincasa, direttore artistico di Catania Jazz, introduce l’evento di mercoledì 8 novembre al Teatro Metropolitan (il giorno dopo al Golden di Palermo): il trombettista australiano James Morrison raccoglierà idealmente il testimone lasciato lo stesso giorno di quarant’anni fa dalla Sun Ra Orkestra per salire sullo stesso palco insieme con la Catania Contemporary Orchestra.
Il progetto vagheggiato da Pompeo Benincasa è quello di trasformare la Catania Contemporary Orchestra in un centro di gravità permanente attorno al quale far ruotare i musicisti ed i direttori delle altre formazioni catanesi. Un tentativo di creare una sorta di istituzione attraverso la quale accedere ai sostegni pubblici.
In Sicilia esiste l’Orchestra Jazz Siciliana – Fondazione The Brass Group «che rappresenta in Italia la prima e unica orchestra permanente di jazz a partecipazione pubblica», come si legge sul sito. Fondata da Ignazio Garsia nei primi anni Settanta con il nome di Brass Group Big Band, l’Orchestra Jazz Siciliana oltre a svolgere un’intensa e continuativa attività concertistica, ha ospitato alcuni tra i più grandi protagonisti della storia del jazz e formato centinaia di giovani musicisti. Gode inoltre del privilegio di «operare stabilmente nell’unico teatro pubblico storico che esista al mondo destinato al jazz».
In una realtà ben diversa devono barcamenarsi invece le orchestre catanesi. «Ne ho visto nascere tante, alle quali ho anche partecipato, come la City Brass Orchestra, e tante finire dopo uno o due concerti», commenta Sebastiano Benvenuto Ramaci, trombonista del Teatro Massimo alla guida dal 2012 della HJO Orchestra, formazione composta da 17 musicisti più il direttore. «Un gruppo nato tra musicisti, amici jazzisti di vecchia data, gran parte dei quali delle province di Siracusa e Ragusa, soltanto il bassista e il pianista sono catanesi», racconta. «Siamo partiti organizzando in proprio una stagione di concerti. Prima al Piccolo Teatro, poi al Centro Zo, fino a intraprendere tour all’estero».
Il repertorio la HJO fa riferimento alle grandi orchestre swing di Glenn Miller, Duke Ellington, Count Basie. «È l’abc per preparare il pubblico», spiega Ramaci. «Penso che occorra un’opera di alfabetizzazione del pubblico. Ad esempio, stiamo approntando alcuni concerti in versione big band o quartetto per gli studenti universitari, attraverso cui introdurre anche il bebop».
«Molti ci accusano di non essere dei puristi», si lamenta il trombonista. «In effetti, io non mi considero un jazzista, sono un funzionario dell’orchestra del Bellini. So far suonare i fiati ed è questa la carta vincente della HJO: la precisione dei musicisti, la perfezione del suono. Mi diverto più nelle prove ad organizzare i suoni, piuttosto che in concerto. Inoltre, ho una cultura lirica che ho potuto confrontare con grandi voci del jazz come Dee Dee Bridgewater e Anne Ducros».
Tre dischi all’attivo, nei quali si muove fra classica e swing, un quarto da ultimare («mancano cinque ore di lavoro di editing»), la HJO Orchestra ha in calendario il 28 aprile del 2024 uno spettacolo al Bellini su Glen Miller, con proiezioni e la partecipazione degli attori Giuseppe e Nicole Pambieri, «ma poi non so cosa fare», confessa amareggiato Ramaci. «È un momento difficile… Non riceviamo alcun sostentamento, abbiamo più volte presentato domande di contributi, senza mai ricevere risposta».
E questa è una lamentela comune alle altre orchestre catanesi. «Mi devo fare in quattro per organizzare concerti», fa eco Carlo Cattano. «Quest’anno, fortunatamente, è andata bene, anche se resta difficile far viaggiare 15 persone. Noi presentiamo un repertorio originale, composto da pezzi scritti da me. A marzo faremo un concerto al Sangiorgi di Catania con Francesco Cafiso ospite».
La Carlo Cattano Orchestra è nata nel 2012, ha pubblicato due dischi, il secondo dei quali, Overlaps, appena uscito, ed è formata da musicisti professionisti, tutti siciliani, fatta eccezione per il pianista calabrese. «Ogni volta metterli assieme è un problema, mio fratello Tony, tra l’altro, deve venire da Livorno», racconta il sassofonista lentinese. «E poi tutti insegnano o fanno concerti. Quindi si è costretti a fissare le prove per domenica o lunedì».
«Le istituzioni sono assenti», ribadisce Cattano. «Sarebbe importante trovare qualche finanziamento per rendere stabile questa esperienza e poter programmare progetti».
Fu proprio sull’onda di una iniziativa dell’allora sindaco Enzo Bianco, i City Lab, che nel 1998 si costituì l’Orchestra Jazz del Mediterraneo con 16 musicisti più il direttore. «Inizialmente era un laboratorio, poi è cresciuta ed è rimasta», dice Nello Toscano, ideatore e anima. «È formata da musicisti professionisti e studenti, vecchia e nuova guardia. Da questa esperienza sono usciti musicisti come Francesco Cafiso e Dino Rubino».
Le apparizioni in pubblico dell’OJdM sono sporadiche, l’ultima è stata questa estate per la presentazione del progetto originale Cieli di Sicilia con Maurizio Giammarco. «Siamo più attivi sul fronte discografico con quattro pubblicazioni», sottolinea Toscano. «Sono tutte opere originali con la presenza di un ospite importante, Pietro Tonolo in First, Giammarco in Cieli di Sicilia e Paolo Fresu nella rilettura jazz della Norma, rappresentata anche a Lisbona. Un altro lavoro è stato dedicato a Bach. Facciamo musica pensando al futuro, sull’esempio delle orchestre di Gil Evans e Carla Bley, ai quali ci ispiriamo».
Venticinque anni dopo, quando la “primavera” di Catania si è trasformata in “inverno”, sono scomparsi gli interlocutori. «La politica è insensibile, si assiste a un decadimento della classe politica», è la triste constatazione del contrabbassista catanese. «È impossibile interagire con gli enti pubblici e la vita delle orchestre è sempre più difficile».
Pensa positivo, invece, Cristiano Giardini. Sarà lui, mercoledì 8 a Catania e l’indomani a Palermo, a dirigere la Catania Contemporary Orchestra nel concerto con James Morrison. «Lui è un marziano, uno straordinario musicista, sia per capacità lirica che tecnica», racconta entusiasta al termine della prova generale di questa mattina. «Ma è soprattutto un artista di grande umanità, sensibilità e giocosità. Non ha mai messo barriere fra sé e l’orchestra, ci ha trattati alla pari. Suoneremo per il 90% brani e arrangiamenti suoi».
I due concerti con James Morrison rappresentano il debutto per la Catania Contemporary Orchestra, «evoluzione della JazzMania Big Band», sottolinea il direttore Cristiano Giardini. «La precedente esperienza cominciata nel 2016 è stata una sorta di laboratorio all’interno del quale si sono formate giovani leve di grande talento, come i sassofonisti Marco Bella, Fabio Tiralongo e Francesco Longo, o ancora Andrea Iuranello al sax baritono, purtroppo assente perché malato, ai quali ho affiancato musicisti d’esperienza come Rosario Di Leo al piano, Carmelo Venuto al basso, Enzo Pafumi alla chitarra e Peppe Tringali alla batteria». In 18 saranno sul palco. Gli altri sono: Marco Caruso e Marcello Leanza ai sassofoni; Giuseppe Spampinato, Andrea Priola, Ivan Cammarata e Francesco Bella alle trombe; Giuseppe Consiglio, Boris Latina, Giovanni Maria Bonanno, Alessio Centamore ai tromboni.
«La Catania Contemporary Orchestra dovrebbe essere al centro di un nuovo progetto ideato da Catania Jazz, i cui contorni devono essere ancora delineati, nel quale saranno coinvolte altre orchestre», spiega Giardini. «Sono convinto che ci saranno altre occasioni per fare concerti e per portare avanti questa iniziativa. Il bilancio della mia esperienza è in attivo e penso che la Catania Contemporary Orchestra andrà avanti».