Storia

Camminando camminando per la Sicilia

Alla scoperta di piccoli comuni e dei loro tesori attraverso due itinerari inseriti fra i 44 Cammini d’Italia: la Magna Via Francigena e il trekking del Santo Cammino di San Nicolò Politi

Tradizioni, cultura, bellezza, coesione, innovazione e creatività sono le chiavi di un’economia più a misura d’uomo sulla quale il Manifesto di Assisi ci invita a scommettere per affrontare le sfide del nostro tempo, a partire dalla crisi climatica. Prove impegnative e difficili che supereremo anche grazie alla forza dei territori, alla loro capacità di tenere insieme tecnologia ed empatia, dignità delle persone, benessere e vitalità delle comunità, accoglienza, saperi antichi. Una visione ben chiara nelle parole di saluto della campagna “Voler bene all’Italia” di Legambiente dell’allora presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «Scommettere sui piccoli comuni, investire su questi luoghi da parte di giovani imprenditori, grazie allo sviluppo dell’informatica e delle nuove tecnologie, può diventare una grande avventura da cogliere».

Uno dei motivi più suggestivi per intraprendere questa avventura è certamente quello rappresentato dalla speciale relazione tra i piccoli comuni e i Cammini d’Italia, individuati nel 2016 dal Ministero dei beni e delle attività culturali. Un elenco di 44 itinerari che nel tempo continua a crescere con il progressivo inserimento di nuovi cammini, in particolare dell’Italia meridionale. Due sono quelli che sono stati tracciati in Sicilia: la Magna Via Francigena e il trekking del Santo Cammino di San Nicolò Politi.

MAGNA VIA FRANCIGENA

170 km la lunghezza del cammino

3 le province attraversate (Palermo, Caltanissetta, Agrigento)

22 i comuni toccati di cui 10 piccoli

i parchi attraversati

53 i beni culturali visitabili

5 le tipicità da gustare

883 le strutture ricettive

53.196 le imprese esistenti sul territorio

3.911 le associazioni

I 170 km della Magna Via Francigena, che collegano Palermo ad Agrigento, rappresentano da sempre una delle più importanti direttrici della Sicilia. L’attuale nome deriva dal passaggio dei cavalieri franchi lungo la via, durante la conquista dell’isola da parte dei Normanni guidati da Ruggero I, ma l’origine di questa strada è ben più antica, tanto che compare nell’Itinerarium Antonini Augusti, stradario redatto nel III secolo, che registrava le distanze e le tappe delle più importanti vie di comunicazione dell’Impero. Lungo i 22 comuni attraversati, di cui 10 piccoli, tra le province di Palermo, Caltanissetta e Agrigento, si percorre un cammino alla scoperta della Sicilia interna, in un territorio ancora poco turistico e proprio per questo in grado di offrire un’esperienza di viaggio autentica.

I cannoli (kanojët) di Piana degli Albanesi

La tappa di partenza è la Cattedrale di Palermo, patrimonio Unesco, in cui si fondono elementi di architettura islamica e normanna, bizantina e rinascimentale, gotica e barocca, seguendo il corso delle dominazioni conosciute dall’isola. Lasciata la città si passa per Altofonte – che fu giardino di caccia dei sovrani normanni, tanto che fino al 1930 era chiamata Parco – dove soggiornò Garibaldi nel 1860, e si arriva a Santa Cristina Gela. Il paese, insieme a Piana degli Albanesi (visitabile con una deviazione) è sede della più grande comunità arbëreshë d’Italia: fuggiti dall’Albania in seguito alle conquiste ottomane tra il XV e il XVIII secolo e stanziatisi nell’Italia Meridionale, gli arbëreshë costituiscono una delle più numerose minoranze etniche del nostro Paese, conservando lingua, religione, usi e costumi. In questo tratto di cammino, oltre alla visita al museo sulla cultura arbëreshë di Piana, è consigliato assaggiare le numerose specialità culinarie della minoranza albanese, come il pane (bukë) e i cannoli (kanojët). 

A Sutera Sutera si visita il quartiere di origine islamica Rabato, inserito tra i “borghi più belli d’Italia” e capace di conservare un antico fascino con i suoi vicoli, le sue terrazze e le sue case in gesso

Da Santa Cristina Gela la via prosegue lungo un’antica trazzera e offre una deviazione che permette di raggiungere la Riserva Regionale del Bosco della Ficuzza, con il suo sistema di gorghi e laghetti argillosi che scompaiono in estate, prima di arrivare a Corleone. Nel paese, conosciuto anche come “la città delle 100 chiese” per via delle numerose architetture religiose in stile barocco, è conservata l’antica pietra miliare eretta dal console romano Aurelio Cotta e posta lungo la strada. Proseguendo il percorso, si costeggia il lago artificiale di Prizzi e si passa attraverso una serie di borghi agricoli abbandonati, come Borgo Riena: costruito durante il fascismo e abbandonato già negli anni ’50, il piccolo abitato restituisce un’idea fedele dei villaggi rurali del primo dopoguerra siciliano. Giunti a Castronovo si prosegue per Cammarata, in provincia di Agrigento, dove sorge un castello normanno del XIII secolo, in fase di restauro. Con la tappa di Sutera si visita il quartiere di origine islamica Rabato, inserito tra i “borghi più belli d’Italia” e capace di conservare un antico fascino con i suoi vicoli, le sue terrazze e le sue case in gesso. 

La Petra di Calathansuderj

L’ultimo tratto della Magna Via prevede le tappe di Racalmuto, dove nacque lo scrittore Leonardo Sciascia, e di Grotte, dove sorge la Petra di Calathansuderj, una roccia calcarea le cui cavità furono usate come riparo già nel Neolitico e vennero ampliate dai Bizantini con un sistema di tunnel. Infine, da Joppolo Giancaxio, sede di un castello della famiglia Colonna realizzato a imitazione dei manieri medievali nel 1700 con la pietra calcarea tipica del luogo, si giunge alla tappa finale di Agrigento.

TREKKING DEL SANTO CAMMINO DI SAN NICOLÒ POLITI

100 km la lunghezza del percorso

2 le province attraversate (Catania e Messina)

5 comuni toccati dei quali 3 piccoli

2 i parchi attraversati

4 i Beni culturali da visitare

8 le tipicità da gustare

26 strutture ricettive

3.983 imprese

179 associazioni

Nato ad Adrano, in provincia di Catania, nel 1117, da una coppia che a lungo pregò affinché arrivasse un figlio, San Nicolò Politi mostrò fin da bambino una ferma fede in Dio e una particolare devozione alla Vergine Maria. Poiché proveniva da una ricca famiglia, all’età di 17 anni si vide promesso in sposo a una ragazza di pari estrazione sociale. Volendo tuttavia vivere una vita religiosa, decise di fuggire dal suo paese la notte prima delle nozze, in seguito a un messaggio celeste che lo invitava a partire per salvare la sua anima. I cento chilometri del Trekking del Santo Cammino di San Nicolò Politi ripercorrono i luoghi dove il Santo si ritirò in preghiera, visse da eremita e compì i suoi miracoli, tra i paesi di Adrano e Alcara Li Fusi, dove nacque e morì e di cui è patrono. Un cammino breve, che parte dalle pendici dell’Etna e arriva al Parco dei Nebrodi, attraversando le aree naturalistiche più affascinanti della Sicilia. I comuni interessati dal cammino sono 5, di cui 3 al di sotto dei 5000 abitanti, tra le province di Catania e Messina.

Punto di partenza del viaggio è il paese di Adrano, fondato nel 400 a.C. da Dionigi il Vecchio per la sua strategica posizione sulla Valle del Simeto e conquistato nel 263 a.C. dai Romani. Il centro conserva numerose tracce architettoniche delle dominazioni vissute dall’isola, come il castello eretto da Ruggero I di Sicilia nel 1073, che ospita un museo sulla storia del paese dal Neolitico fino all’epoca normanna. Lasciato il paese si sale sul vulcano, patrimonio Unesco, nel Parco Nazionale dell’Etna, dove nonostante la progressiva urbanizzazione è conservata una grande biodiversità. Tra la fauna del Parco spiccano le volpi rosse, gli istrici e l’aquila reale, animale che secondo la tradizione guidò il viaggio del Santo. Si arriva poi alla Grotta del Santo, un sistema di caverne e tunnel dove Nicolò si rifugiò per ben tre anni, subito dopo esser fuggito di casa. 

Il pistacchio di Bronte

Si prosegue quindi costeggiando i pendii occidentali del vulcano fino a Bronte, paese noto per i suoi pistacchi Dop. Lasciato l’abitato si attraversa la campagna per arrivare alla tappa dell’Abbazia di Santa Maria di Maniace, eretta nel XII secolo per volere di Margherita di Navarra, regina di Sicilia. L’edificio è conosciuto anche come “Castello di Nelson”, perché nel 1799 Ferdinando di Borbone donò l’abbazia e i terreni circostanti al famoso ammiraglio inglese, in atto di riconoscenza per aver soppresso la rivolta della Repubblica partenopea.

Le Rocche del Crasto, 1315 metri di altezza, dove è possibile ammirare l’aquila reale

Da qui in poi inizia il tratto di cammino all’interno del Parco Regionale dei Nebrodi, l’area protetta più estesa della Sicilia, tra i comuni di Maniace e Longi. In questo tratto immerso nella natura il panorama spazia tra le faggete e i boschi del parco, le isole Eolie sullo sfondo e le Rocche del Crasto, 1315 metri di altezza, dove è possibile ammirare l’aquila reale in volo e altri rapaci. Dopo aver superato la località di Portella Gazzana, si arriva all’Eremo di San Nicolò, una piccola grotta naturale dove il Santo visse da eremita per trent’anni e dove oggi sorge una chiesa a lui dedicata.

Ultima tappa del cammino è il paese di Alcara Li Fusi dove, nella piazza principale intitolata a San Nicolò, si visita la Chiesa Madre di Maria SS. Assunta, che custodisce il corpo del Santo, insieme ai suoi abiti e ai suoi paramenti. Altro edificio religioso da visitare è il monastero di Santa Maria del Rogato, dove le spoglie di San Nicolò riposarono per 336 anni conservandosi intatte.

(fonte Symbola)

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