Interviste

Antonello Tonna: che notti al Tout Va e al Marabù

Il pianista acese è stato il protagonista delle estati anni Ottanta e Novanta nei locali più alla moda di Taormina e Naxos. Era l’era del night club, «spazzato via dai dj». Il ricordo di quelle serate, l’incontro con star come Billy Joel. «Ora le navi da crociera hanno sostituito i locali notturni». E lui era a bordo della Costa Concordia la notte del 13 gennaio 2012. La sua storia raccontata nello spettacolo teatrale “Amarsi un po’” messo in scena con il collega Alvise Chisari

«Il night di una volta non c’è più, perché adesso i dj hanno spazzato via la musica dal vivo. Per un pianista di piano bar come me, oggi le occasioni di lavoro vengono offerte dalle navi da crociera e dagli hotel, anche se i secondi stanno via via sostituendoci con la diffusione musicale». Antonello Tonna da oltre quarant’anni accompagna con la sua voce ed il suo piano le notti (non solo estive) siciliane. È uno degli ultimi sopravvissuti di una epoca eroica di coppe di champagne, balli guancia a guancia, corteggiamenti, serate eleganti, smoking e abiti da sera. Continua a scorrere le dita sui tasti bianchi e neri sulla terrazza dell’Excelsior di Taormina nelle ore del tramonto, ma ha dovuto abituarsi ad altri palcoscenici, come quelli popolari delle mega-navi che solcano il Mediterraneo cariche di turisti affamati o dei ristoranti, ma anche a quelli più impegnativi del teatro. Dallo scorso marzo, infatti, porta in tour lo spettacolo Amarsi un po’ in coppia con Alvise Chisari, «nel quale raccontiamo la nostra storia e quella delle canzoni che suoniamo: Battisti, Dalla, Pino Daniele, De Gregori, Concato», spiega il pianista acese. Un po’ nello stile di Piano man live, lo show che vedeva insieme Billy Joel e Elton John. Del primo Tonna è un fan, del secondo invece Chisari conosce tutto.

Antonello Tonna e “piano man” Billy Joel sulla terrazza dell’hotel Timeo di Taormina

«Andiamoci piano con i confronti», ride Antonello Tonna. Eppure, lui una sera a Taormina ebbe un incontro ravvicinato con il suo idolo. «D’un tratto vidi Billy Joel uscire dal ristorante dell’hotel Timeo. Si diresse in terrazza e si posizionò a pochi metri da me», ricorda. «Io, nel corso delle mie serate, sono solito prendere alcune pause per andare in giro fra i clienti, parlare con loro. Sai ci scappa la richiesta, accompagnata sempre da una bella mancia. Mi fermai anche al tavolo di Joel. Mi chiese che tipo di piano suonavo. Parlava un po’ in italiano. Torno al mio posto e riprendo a suonare quando arriva la ragazza della reception che mi invita a smettere perché alcuni clienti avevano chiesto un po’ di silenzio. Proprio in quel momento, Billy Joel si alza dal tavolino, viene da me, si siede al piano e comincia a suonare. “Mister Joel, no play”, gli intima la receptionist. E dopo tre minuti si è dovuto fermare. Restammo tutta la notte a parlare di pomodori e vino. L’indomani si affittò una Vespa e si girò tutta la costa».

Il “maestro” Billy Joel è citato con la sua classica Just the way you are nell’album che Antonello Tonna si è voluto regalare per i suoi quarant’anni di piano bar. Il disco s’intitola Waves, tributo a quel mare che lo ha accompagnato nelle sue avventure a bordo delle navi, sulle terrazze degli hotel o nei locali notturni della costa jonica. Una carriera cominciata in tenera età, imitando il padre con un pianofortino giocattolo dai tasti verdi, rossi, gialli e bianchi. «Mio papà suonava il piano in un trio nei locali di Taormina. Fu lui a insegnarmi i primi accordi», ricorda Tonna. Il promettente pianista capace di ripetere all’impronta passaggi musicali difficilissimi si scontrò però con la ferrea disciplina del Conservatorio. «A causa della mia formazione da autodidatta, la posizione delle dita era sbagliata. Così, dopo quattro anni, abbandonai». 

La scuola per il pianista acese diventa la gavetta del palco. Il debutto a Taormina, quasi un segno del destino. «Avevo 17 anni ed ero in un gruppo di Giarre. Era il tempo dei Camaleonti e dei Dik Dik, io suonavo l’organo hammond, cantavo L’ora dell’amoreSenza luce», racconta. «Quella sera ci esibivamo nel locale “La Rupe – Taverna dei Cordari”, dove c’erano anche le entraîneuse. A un certo punto mandai un bacio a una di queste ragazze e lei mi ricambiò con un bacio sulla guancia. Diventai rosso e dimenticai tutti gli accordi». Cominciò con un disastro la carriera del pianista che diventerà il “re delle notti di Taormina”.

Negli anni Settanta, Antonello Tonna passa da un gruppo all’altro. «Prima negli Spiders, poi nei Got. Eravamo in dodici e guadagnavamo diecimila lire a sera. Erano i tempi delle orchestre di Cesare Bruno, Pippo Russo. Suonavamo Otis Redding e James Brown». È agli inizi del decennio successivo che decide di mettersi in proprio. Ed è una marcia trionfale. Che inizia dall’Hotel La Perla Jonica di Capo Mulini, per approdare al Quisisana di Capri, «dove conosco Massimo Troisi, Renzo Arbore ed Emilio Fede». Quest’ultimo gli farà trovare un ingaggio in un locale di Cortina dove trascorrere i mesi invernali: «Lì conobbi Beppe Grillo e Gino Bramieri, e una sera accompagnai al piano Gigi Proietti mentre cantava standard di Frank Sinatra e canzoni napoletane».

È il 1982 quando Tonna s’iscrive al Festival del piano bar. «Fra cento partecipanti, passo la prima selezione, arrivando alla finale al Politeama di Palermo trasmessa da Rai1. Mi piazzo primo insieme ad altri cinque pianisti, fra cui Antonio e Marcello». La coppia, oggi scoppiata, soffierà all’acese l’occasione di suonare al Bella Blu di Roma. «L’audizione andò male, non funzionavo per la capitale», ammette con lealtà il siciliano. «Antonio e Marcello presentavano i brani in hit parade, io facevo il classico. Ho fatto cilecca. Tornato ad Acireale, mi chiusi in casa e rinnovai tutto il repertorio con Battisti, Lucio Dalla, Vasco Rossi…». 

Ray Charles in concerto al Tout Va di Taormina nel luglio del 1988

Per il piccolo pianista acese si sarebbero aperte altre prestigiose porte. Nel 1984 inaugura lo Sheraton di Catania e il mitico Tout Va di Taormina, che ancora oggi ricorda con nostalgia. «Che notti al Tout Va, dopo e prima di me suonava gente come Barry White e Ray Charles». Passarono in tanti nel locale di Saro Fichera: Gino Paoli, Franco Califano, Ornella Vanoni, Patty Pravo, Gilbert Becaud, Renzo Arbore, Venditti in acustica, Fred Bongusto (seduti tra il pubblico Zucchero e Franco Battiato, che accettarono a sorpresa di duettare con lui), Lucio Dalla, Juliette Gréco. Erano gli anni d’oro del night-club. E Antonello Tonna fu il mattatore di quelle notti tra Taormina e Giardini Naxos. «Indimenticabile l’esperienza al Marabù a cavallo tra la fine degli Ottanta e l’inizio dei Novanta», si accende negli occhi. «Veniva tutta Catania, era il locale dove si ritrovavano tutti gli artisti che erano stati in concerto in Sicilia. Ogni notte duettavo con voci del calibro di Anna Oxa, Fausto Leali, Toto Cutugno, Michele Zarrillo, Rossana Casale, Ornella Vanoni. E poi La Giara di Taormina, l’ultimo locale notturno ad aver resistito ai cambiamenti imposti dalle tendenze e dalle mode».

Ma nemmeno la crisi del night-club, soppiantati dalle discoteche, ferma Antonello Tonna. Se all’estero, tra Montecarlo e Düsseldorf, in inverno trova ancora locali ospitali («dove lo champagne scorreva davvero a fiumi»), in Sicilia sperimenta nuovi palcoscenici per il suo piano bar. Gli studi delle tv locali catanesi, le terrazze di hotel di lusso a Taormina. E poi, all’alba del nuovo secolo, le navi.

«Nel 2000 comincia la mia avventura sulle navi di Costa Crociere», racconta. «Tre mesi in inverno per sedici anni». Con una interruzione di tre anni dopo il 2012, l’anno in cui la Costa Concordia naufragò al largo dell’isola del Giglio. Antonello quella sera stava suonando a bordo.

La nave da crociera Costa Concordia affondata al largo dell’isola del Giglio il 13 gennaio 2012. A bordo suonava Antonello Tonna

«Nessuno si era reso conto che la nave aveva urtato lo scoglio», ricostruisce quei momenti di terrore. «Io avevo finito di suonare da poco tempo e stavo salendo al quinto piano per incontrarmi con gli altri musicisti in pausa quando ho sentito i sette fischi brevi e uno lungo che indicano l’emergenza a bordo. Sono andato di corsa al punto stabilito in questi casi, dove siamo stati riuniti in gruppi di trenta persone sul ponte 3 lato Toscana, che era quello emerso. Vedevo le scialuppe cariche di passeggeri calare dal quarto piano, mentre la nave continuava a inclinarsi verso l’isola del Giglio. Quando abbiamo capito che non avremmo potuto prendere le scialuppe, abbiamo attraversato la nave e siamo andati sul ponte opposto, quello sommerso. L’acqua era a 6/7 metri da noi e la vedevamo salire. Le scialuppe non si avvicinavano per timore che la nave affondasse. Abbiamo sentito un forte rumore di ferro, acciaio, ed io con altre 80/90 persone, in una situazione d’estremo caos, abbiamo scavalcato la balconata e ci siamo tuffati in mare. Ero ancora in smoking. C’era una zattera, ma non sono riuscito a salire a bordo. Ho cominciato a nuotare. Per non farmi prendere dal panico mi ripetevo: “Devi stare calmo, devi stare calmo”. In quel momento nelle orecchie mi risuonò la Rapsodia in blu di Gershwin. Ho nuotato, lentamente nel mare increspato, per duecento metri. Raggiunto lo scoglio, mi sono abbracciato con gli altri naufraghi che si erano salvati. Da quella notte, per tre anni non sono più salito su una nave. Non per paura, però. Non mi è rimasto alcun trauma da quell’episodio, al contrario di alcuni miei colleghi che ancora vanno dallo psicologo. Nel 2016 mi concessi la crociera d’addio sulla Costa Fascinosa».

Quella sciagurata, tragica, notte è cantata nella canzone Il tempo si è fermato, composta con la cantante olandese Justine Pelmelay, che Antonello Tonna incontrò proprio quella sera a bordo della Concordia. «Stavo per terminare il mio turno, quando si avvicinò una ragazza di colore, chiedendomi di farle cantare qualche brano. Non si poteva, perché volevamo evitare il rischio karaoke. Era simpatica, così le ho dato il microfono. E lei si mette a cantare On Broadway e This Masquerade di George Benson con una voce incredibile. Erano le 21.30, nella hall dove mi esibivo io si stavano raccogliendo il pubblico che usciva dal teatro e il nuovo turno al ristorante. Fu un successo pazzesco. Do un mio bigliettino alla ragazza e le dico: “Vediamoci dopo cena”. Lei va al ristorante, un quarto d’ora dopo ci fu il botto. Di lei non seppi più nulla».

Nel frattempo, apprende che quella ragazza si chiama Justine Pelmelay, che era una cantante popolare in Olanda e aveva rappresentato il suo Paese all’Eurovision. «Dopo un paio di giorni che ero tornato a Catania, mi telefona dall’Olanda e si presenta: “Sono Justine ed ho composto una canzone su quello che abbiamo vissuto sulla Costa Concordia”. L’aveva scritta in olandese e avrebbe voluto tradurla in italiano. Ho affidato il testo a mia figlia Valeria, che ha fatto il Conservatorio e fa musica classica. Poi sono andato in Olanda e abbiamo registrato Il tempo si è fermato».

Se il naufragio ha fatto storia, ci sono tanti altri aneddoti, meno importanti, ma divertenti, nella carriera di un pianista di piano bar che spesso diventa complice con l’ascoltatore, accompagnando la nascita, ma anche la fine, di grandi amori. «Quando suonavo al Sant’Andrea a Taormina, c’era una sorta di playboy catanese che si presentava ogni sera con una ragazza diversa. Si appoggiava al mio piano con in mano una coppa di Dom Pérignon e mi chiedeva Champagne o Il cielo in una stanza. Una sera si avvicinò dicendomi: “Me la fai Champagne?”. Io risposi: “Ma te l’ho fatta ieri!”. La donna che lo accompagnava andò su tutte le furie: “Allora sei venuto qui ieri sera… e con chi…”. E poi mi sottopose a un terzo grado per conoscere l’identità della rivale». 

Le favolose notti al Marabù di Giardini Naxos: accanto ad Antonello Tonna, riconoscibile per la nuvola di ricci neri e affetto, Fausto Leali e Anna Oxa

Antonello Tonna è un pozzo pieno di ricordi. «Al Marabù ho duettato spesso con Fausto Leali, io avevo il microfono del mixer a volume 8 e lui a 1. Manlio Dovì si fermava tutte le sere con me quando veniva al Sant’Andrea. Anche con Gegè Telesforo facevamo l’alba al Marabù, poi la mattina si andava a fare la colazione con i cornetti caldi o a comprare il pesce appena pescato».

Gli incontri che Antonello Tonna, pianista di piano bar amante della fusion, non dimenticherà mai sono quelli con due suoi grandi miti. «Sempre al Sant’Andrea, una sera scende al ristorante dove io facevo musica d’ascolto Pat Metheny con tutta la famiglia. Io ero emozionato. È uno dei miei miti. Cominciai a fare bossa nova, swing. Dopo mezz’ora, Metheny si alza e viene da me: “Good sound, fantastic”, mi dice. Io quasi svengo. Lo abbraccio. Poi mi chiede di suonare una canzone da dedicare alla moglie. Era una canzone francese che io non conoscevo. Volevo sprofondare. Alla fine, gli ho fatto sentire As time goes by».

C’era più musicalità una volta, oggi le canzoni sembrano tutte uguali e gli interpreti sono cloni o cover band

Antonello Tonna

Perché uno dei precetti del pianista da piano bar è di avere un repertorio sterminato, dai classici “sempre verdi”, cioè gli intramontabili, alle hit del momento. Una regola ormai in disuso. «Nessuno mi richiede un successo del momento», commenta Tonna. «Primo perché il mio pubblico è dai cinquant’anni in su, secondo perché nessuno dei tormentoni di questa estate si ascolterà il prossimo anno. Fabio Concato, presentando la sua Domenica bestiale, ha detto al pubblico che lo seguiva in coro: “Voi cantate una canzone scritta quarant’anni fa, delle canzoni di oggi quante ne rimarranno nei prossimi quarant’anni?”. È vero, è così. C’era più musicalità una volta, oggi le canzoni sembrano tutte uguali e gli interpreti sono cloni o cover band. Oggi certi balli come il twist, il mambo e l’hully gully dal vivo funzionano benissimo. E quando canto Ancora di Edoardo De Crescenzo, il brano più suonato della mia carriera, o Champagne di Peppino Di Capri tutta la piazza, giovani e meno giovani, fa da coro». 

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