Storia

Anche i Panda nel loro piccolo s’incazzano

Si chiama Panda Clan un collettivo culturale misterioso, underground e spigoloso che ha per base Milano
Il nuovo singolo “Lu suli sinni va”, ispirato dalla miniera siciliana della Ciavolotta, affronta il tema delle migrazioni
«L’anonimato in contrasto con la corsa all’apparire e alle telecronache delle proprie giornate sui social»

Il Panda è incazzato e mostra i denti mentre una pallottola gli attraversa la testa. È un’antitesi del buonismo, espressione del mondo violento e insensibile, l’immagine simbolo di un collettivo culturale misterioso, underground e schierato: Panda Clan. Altro che Elly Schlein. Qui davvero si dice qualcosa di sinistra.

Il collettivo ha come base Milano ed è formato «da un numero variabile di persone che va dai 18 anni del più giovane ai 40 dei più anziani». Come il nostro interlocutore. Che neanche sotto tortura rivela il suo nome. E che, per praticità, chiameremo “signor G”. Panda Clan sostiene di ispirarsi liberamente al pensiero di Noam Chomsky, linguista, teorico della comunicazione, sociologo e filosofo anarchico libertario statunitense, uno dei massimi esponenti della critica al sistema capitalista. «Trattiamo argomenti spigolosi, fuori moda», sottolinea il “signor G”. «Molti di noi hanno fatto politica, vengono da esperienze in Centri sociali. Facciamo tutti parte di un’area anticapitalista. A Milano, per fortuna, c’è ancora qualche baluardo. Ma, fondamentalmente, siamo un collettivo culturale a 360 gradi».

Un collettivo che trasforma le proprie idee, rigettandole in musica. Come in Mediolanum, una canzone manifesto, un inno alla partecipazione, alla resistenza, un invito a non abbandonare il proprio spirito critico. Quello che mantengono vivo gli “affiliati” al Panda Clan. Non a caso hanno deciso di mantenere l’anonimato: «Non per scelta estetica, ma sociologica», spiega il “signor G”. «Vogliamo restare fuori da un contesto in cui si corre ad apparire, a mostrarsi, a fare la telecronaca delle proprie giornate. I social sono diventati il luogo dove parlare delle paure più profonde, dei sentimenti più intimi. Ogni ora sul web vengono pubblicate più di 30 milioni di foto, perché allora le immagini di Panda Clan dovrebbero avere qualche plus valore o interesse?».

Anche musicalmente Panda Clan va controcorrente. E contro le regole del mercato. Niente trap, vietato il reggaeton, basta con l’inflazionato e banale indie. L’elettronica fa da amalgama ai generi più disparati: rock, metal, rap, dark, new wave. «Nelle nostre canzoni puoi trovare Battiato ed i Korn», sorride il “signor G”. 

Giocano con i suoni come con le lingue: in latino, inglese e italiano è cantata Mediolanum, in siciliano e italiano l’ultimo singolo Lu suli sinni va, che vede la partecipazione di Luca Persico “O’ Zulù”, storica voce di 99 Posse. Una canzone che svela le origini del nostro interlocutore.

Lu suli sinni va nasce in Sicilia, come s’intuisce dal titolo in dialetto riferito a un canto popolare dell’Isola, un canto di migranti. Un brano ispirato dalla miniera della Ciavolotta, la “sulfara” attiva fino agli anni Settanta su una collina tra il Villaggio Mosè e Favara nell’Agrigentino. «Passando due estati nell’Agrigentino, dove sono nati i miei genitori, ho visto questo luogo, dove venivano sfruttati migliaia di operai anche bambini, i “carusi”, e dove nel 1874 morirono otto operai per il crollo di una galleria, ho pensato a quante persone sono fuggite da quell’inferno per emigrare in Belgio, Argentina, America», racconta il Panda siculo. Immediato il nesso con le migrazioni moderne, quelle che vedono tragicamente protagonisti uomini, donne e “carusi” in fuga dai loro inferni: guerre, carestie, persecuzioni.

Alcune foto storiche dalla miniera della Ciavolotta, la “sulfara” attiva fino agli anni Settanta su una collina tra il Villaggio Mosè e Favara nell’Agrigentino

«Nella canzone mettiamo a confronto il punto di vista del migrante di ieri e di quello di oggi con lo sguardo dell’indifferente o di chi assiste con fastidio», spiega il “signor G”. «Milano continua ad accogliere migranti. Il paradosso è che il meridionale che è venuto a lavorare qui odia quello del Mali, che ha seguito il suo stesso tragitto». Le differenze culturali, economiche e, talvolta, del colore della pelle determinano l’insorgere di razzismi inspiegabili. 

Uno scorcio delle miniere oggi

L’occasione per fare uscire il brano-denuncia è arrivata «mentre il governo italiano e l’UE hanno sposato misure estremamente punitive nei confronti delle ONG che salvano vite di persone migranti nel mare Mediterraneo – ormai ridotto di fatto ad un cimitero di innocenti – rendendole di fatto al limite della legalità, stipulando accordi fittizi con i governi dei Paesi del Nordafrica».

Lu suli sinni va è un brano da brividi, soprattutto nel ritornello in dialetto, al di là del significato sociale intrinseco. Potrebbe essere un archetipo di come dovrebbe svilupparsi la musica popolare. Su un tappeto elettronico dark minimalista, ha un incedere lento, oscuro, funereo quasi, da tragedia greca. Anche il coro assume le tonalità dei coreuti. 

Nel brano si accenna alla vendetta (“E sarà vendetta ho promesso”), che, combinata con maschere e anonimato, porta alla mente il libro V per Vendetta di Alan Moore (trasposto sul grande schermo da James McTeigue). «L’anonimato è un argomento di discussione anche all’interno del collettivo», confessa il Panda siculo. «Quasi ogni giorno ci sono discussioni animate, anche perché siamo un collettivo pensante. Per il momento è questa la strada intrapresa. Molti di noi, tra l’altro, provengono da altre esperienze musicali, alcune anche importanti».

Presto Panda Clan andrà in tour. «Anche sul palco la formazione è variabile, si va da quattro a sei musicisti». Tutti “mascherati”, ovviamente. «Sono maschere di fattura artigianale, fatte a mano da un nostro amico, compagno». In bilico ci sono tre date al Sud: Cosenza, Palermo e Catania.

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