Interviste

Alosi: “Mezzanotte” per ritrovare la luce

– L’ex Pan del Diavolo crea una etichetta/collettivo per «dare voce a una nuova “primavera siciliana” e proporre una visione della musica con meno intermediazioni e frustrazioni»
– «Vorrei realizzare una rete di persone e di luoghi che si connettono insieme per creare un terreno fertile e da lì far sbocciare una nuova musica, piuttosto che andare a traino delle mode»
– Nella squadra ci sono due artisti siciliani – l’avolese Beatrice Campisi e il messinese Dario Naccari – ed il marchigiano visionario Fuori dai denti

Pietro Alessandro Alosi o, semplicemente, Alosi quand’era Il Pan del Diavolo sembrava correre a folle velocità a bordo di una macchina decappottabile lungo le impercettibili frontiere tra il folk, il blues e il rock. Il vento nei capelli e la bocca aperta a cercare un sorso d’aria nuova. Era il 2006, erano i primi vagiti dell’indie rock e Palermo stava diventando una fucina di talenti, anche se il primo disco del Pan del Diavolo si formò nel 2008 nel Cave studio di Catania.

Oggi la decappottabile Il Pan del Diavolo è chiusa in garage, spolverata ogni tanto, «qualche brano di quel periodo continuo a eseguirlo in concerto», tiene a sottolineare Alosi. Ma il desiderio di respirare aria nuova c’è sempre. Il musicista palermitano da alcuni anni ha posto le sue basi a Pavia, intraprendendo la carriera solista. Due già gli album all’attivo, il secondo dei quali, Cult, pubblicato a inizio anno, segna una svolta per l’artista palermitano. 

Eccezion fatta per Downtown, un energico reggae che vede la partecipazione di Stevie Culture dei giamaicani The S.A.N.E., e Blues Animale, il cui titolo dice tutto, si assiste al passaggio dal folk di frontiera abrasivo e aggressivo a una canzone d’autore più intima e riflessiva: dalla title track (“questo amore è un cult come un vecchio disco punk”) segnata da echi ululanti di una chitarra desertica alla Cock Robin alle malinconica ballad Carmel Blue

Dalla chitarra si passa al piano e anche i testi si ammorbidiscono. Lo spirito ribelle di un tempo viene avvolto in una nebbia carica di disillusioni: “Sei un fuori programma, la tua è una sfida impossibile, fatta di sogni e di rabbia”, canta in Fuori programma con la complicità di Massaroni Pianoforti. «Diciamo che è un urlo disperato? No, forse è meglio dolceamaro», commenta Alosi. «La musica oggi si trova in un imbuto e la mia, come quella di altri, resta un po’ fuori».

Se una volta, quando Alosi cominciò a fare i primi passi nel mondo della musica, il termine “indie” stava a indicare produzioni indipendenti, libere, moderne e innovatrici, oggi la stessa definizione ingloba e omologa tutta la musica che inflaziona radio, social e streaming. E rischia di rimanere fuori l’artista ancora legato ai valori originari di quel movimento nato agli inizi degli anni Duemila. Proprio per ritrovare lo spirito di un tempo, Alosi ha creato “Mezzanotte”, etichetta/collettivo musicale nata per «dare voce a una nuova “primavera siciliana” e proporre una visione della musica con meno intermediazioni e frustrazioni».

Alosi (foto Patrizia Pagnoni)

È la “sfida impossibile fatta di sogni e di rabbia” che canti in Fuori programma?

«Sogno e rabbia sono effimeri, lasciano il tempo che trovano: un incantesimo che svanisce presto. L’etichetta rappresenta un “revival” dell’ambiente musicale con il quale sono cresciuto. Mi ispiro alle esperienze del Cave Studio, di Malintenti dischi. Vorrei far nascere una rete di musicisti, di persone e di luoghi che si conoscono e si connettono insieme per creare un terreno fertile e da lì far sbocciare una nuova musica, piuttosto che andare a traino delle mode, dei trend, dei social. Realizzare una controproposta. È una esigenza avvertita da molti altri artisti, soprattutto dai miei colleghi degli anni Zero, del “vecchio indie”. Di quel periodo non è rimasto nulla. Ma è da lì che dobbiamo ripartire».

Secondo te, nell’era social e di Spotify, c’è spazio per un progetto del genere?

«L’imbuto è sempre più stretto. La gente ha voglia di cose valide, non legate al momento. Uno spazio c’è, eccome! Dobbiamo creare una rete vincente perché reale. Spingere per stare ancora lì. Se la gente viene ai miei concerti e applaude le mie canzoni quella è la magia, non è Instagram, non sono i “like”, non è la spunta blu».

A sinistra il cantautore messinese Dario Naccari. In alto a destra, il marchigiano Fuori dai denti; sotto, la cantautrice etnica Beatrice Campisi

Nella squadra di “Mezzanotte”, presentata giovedì 19 all’Arci Bellezza di Milano, ci sono due artisti siciliani – l’avolese Beatrice Campisi e il messinese Dario Naccari – ed il marchigiano visionario Fuori dai denti. Come si è formata?

«Si è autogenerata… Da un po’ pensavo a fare uno studio, anche per la mia attività di recording e mixing che mi portano a collaborare come consulente con diverse etichette discografiche. La prima alla quale ho rivelato il mio progetto è stata Beatrice Campisi, che voleva realizzare un disco e non sapeva a chi bussare. “Dove vai, stai qui”, le ho detto. E così il primo album è entrato in produzione. Dario Naccari pubblicherà il suo debutto da solista in gennaio. Fuori dai denti mi aveva seguito in alcuni concerti come backliner, illustratore o nel merchandising. Stava per uscire con un EP da abbandonare al nulla cosmico di Spotify. Molto dipende dall’artista, dalla volontà di sperimentare strade nuove. È tanto faticoso quanto splendido poter collaborare ed è sempre galvanizzante il continuo stratificarsi di idee ed esperienze. Credere in un progetto è coraggioso. Portarlo avanti, qualsiasi cosa accada è prova di grande tenacia, questo rapporto diretto non fa che saldare sempre di più l’amicizia e la collaborazione».

“Mezzanotte” per rivedere la luce, per ritrovare un posto sicuro dove poter esprimere sonorità ed urgenze creative che altrimenti rimarrebbero assopite. 

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