Mostre

A SCICLI le formiche conducono all’arte

Non calpestatele e seguitele, vi porteranno al MACC, Museo di arte contemporanea, appena inaugurato con la mostra antologica di Emilio Isgrò, il “poeta delle cancellature”
– L’autore: «La mia Sicilia è una formica operosa».Questi unici insetti «offrono la loro intelligenza operosa a sostegno di un Paese che deve entrare tutto intero in Europa»

Se vi capita di andare a Scicli, fino al 3 novembre, mentre camminate badate a non calpestare le formiche. Anzi, seguitele. Vi condurranno nella centralissima piazza Busacca per poi invitarvi a entrare nel cortile di un antico convento ricostruito dopo lo storico terremoto del 1693 che distrusse gran parte dell’abitato e trasformato in un forziere di opere d’arte moderne. È l’ex convento del Carmine che dal 5 maggio scorso ospita il Macc, ovvero Museo d’arte contemporanea del Carmine, realizzato con l’ambizione di farlo diventare uno dei poli culturali più importanti della Sicilia. Per inaugurare questo nuovo fiore all’occhiello della cittadina barocca, è stata installata la mostra antologica di Emilio Isgrò, L’Opera delle formiche (fino al 3 novembre, appunto, tutti i giorni dalle 10 alle 19).

La grande installazione “Non uccidere”

Appena si entra nel cortile dell’ex Convento del Carmine, si viene colpiti dalla grande installazione Non uccidere, della collezione MAXXI di Roma, realizzata da Isgrò con un’architettura di Mario Botta, «simbolo universale di tutte le costituzioni e di tutti i princìpi fondanti d’ogni convivenza pacifica e civile tra i popoli». Sotto una sorta di assi intrecciati a forma di cupola, il quinto comandamento “Non uccidere” è declinato in tutte le lingue, ma, tranne il titolo, tutta la spiegazione è cancellata secondo lo stile dell’ottantasettenne artista messinese.

La lumière de la Liberté

Seguendo sempre il percorso delle formiche, ma qualcuna è anche un po’ più grossa, si salgono le scale per accedere al primo piano del convento dove è ospitato il museo. A metà scalinata, veniamo accolti da un’altra opera di grande suggestione: La lumière de la Liberté, trasferita dalla sua collocazione di Parigi, con la fiaccola della celebre Statua della Libertà che rotola sulle scale.

Giunti al primo piano, seguendo sempre le formiche, si entra in quello che è il cuore dell’esposizione e che rappresenta la caratterista dell’autore: le cancellazioni, che sono allo stesso tempo creatività e firma dell’artista. Una ricca esposizione che si dipana dagli “articoli di giornale” del 1962, a cui seguono due anni dopo le prime cancellature, e continua con i “particolari ingranditi” e le “lettere estratte” degli anni Settanta, per arrivare agli inediti libri cancellati del Gattopardo (1976) fino ai Codici ottomani (2010) e alle cancellature in rosso dei più recenti anni di ricerca.

Cancellazioni e sciami di formiche sono protagonisti in tutte le sale del museo. Lo stesso Emilio Isgrò spiega il perché della scelta degli insetti, simbolo dell’operosità e della vita comunitaria. 

«Sono un artista italiano e siciliano, cittadino di una Europa che ha bisogno di un’arte non allineata per dare un contributo non puramente decorativo a un mondo in tumulto», spiega. «Così ho pensato a questa Opera delle formiche come segno di una Sicilia fedele a se stessa, che tuttavia sa bene quando è venuto il momento di cambiare. Non più il ficodindia o l’Opera dei pupi, non più la retorica sicilianista, ma le umili formiche che offrono la loro intelligenza operosa a sostegno di un Paese che deve entrare tutto intero in Europa se vuole pesare qualcosa». 

Isgrò parla del territorio. Dell’albero che caratterizza i Monti Iblei, proponendo cesti ricolmi di carrube d’oro, simbolo di ricchezza e di crescita della realtà locale. O del pesce siciliano, che «contiene più fosforo», del sole di Scicli. «Tocca a noi artisti ritrovare la calma e muoverci, così come il pianista continua a suonare nei saloon del Far West sperando che nessuno gli spari addosso».

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