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Vorìanova, il vento nuovo delle Madonie su Lithos

La band di Isnello è stata una delle “stranizzi” più interessanti della XXIII edizione della rassegna curata da Carlo Muratori a Ferla. Canzone d’autore, elettronica, archi e rock amalgamati dal dialetto. Una formazione “familiare” con il batterista più giovane al mondo: 9 anni

Vorìa è il nome di un vento proveniente dal Nord. È un nome usato in Campania e nel Molise, ma anche sulle Madonie. Ad Isnello, in particolare. È un vento rinfrescante, che porta refrigerio in estate, freddo in inverno. 

Vorìa è la radice del nome di una band formatasi con l’obiettivo di proteggere l’identità e il dialetto di un paese che assiste uno spopolamento lento e continuo. Vorìanova, però, ovvero vento nuovo, si chiama la formazione musicale. Perché la difesa delle radici, delle tradizioni, non significa arroccarsi in un piccolo mondo antico ormai distante dalla realtà. Tutt’altro. Vorìanova, con la propria identità e la propria cultura, che ha assimilato le influenze musicali del Novecento, portano Isnello alla sfida con il mondo globalizzato in un miscuglio di suoni che mette insieme la canzone d’autore italiana, l’elettronica, lampi di chitarra elettrica rock, echi di progressive e, in occasioni speciali, anche un raffinato e giovane quartetto d’archi.

Il nucleo centrale dei Vorìanova, da sinistra: Alessandra Macellaro La Franca, Leandro (9 anni) e Biagio Di Gesaro

Vorìanova non è soltanto una band. È, soprattutto, una famiglia. Nel vero senso della parola. Biagio Di Gesaro, voce e chitarra, Alessandra Macellaro La Franca, tastiere ed elettronica, Leandro Di Gesaro, rispettivamente marito, moglie e figlio. Quest’ultimo, molto probabilmente, è il più giovane percussionista al mondo di un gruppo musicale. Allo scoccare dei 10 anni, dimostra di essere in possesso di uno perfetto groove e di una abilità nella scelta delle percussioni adatte al momento che lasciano strabiliati. 

Vorianova è un “vento chi cunta” e “un ventu c’ascuta”, “ventu furiusu chi scoti lu munnu” e “vento cuetu c’annachi la vita”. È un vento che porta storie ricche di poesia, umanesimo e malinconia, quadretti di vita quotidiana, ricordi e speranze. Una brezza leggera che sabato sera ha soffiato sulle pietre di Pantalica e di Lithos, sugli Iblei, a Ferla, portando un po’ di “stranizza” nella rassegna nazionale di musica popolare acustica e contemporanea che da ventitré anni cura Carlo Muratori.

«Tutto è nato da lui, vent’anni fa», racconta Biagio Di Gesaro riferendosi al cantautore/cantastorie siracusano, direttore artistico del festival. «È stato l’ascolto dei dischi di Carlo Muratori a convincermi che la scelta giusta fosse il dialetto. E la scelta del dialetto isnellese è venuta spontanea: è la lingua che noi parliamo ogni giorno ed è una lingua estremamente musicale ed espressiva. A noi piace inoltre utilizzare ancora dei termini molto antichi, alcuni dei quali ormai in disuso, per tenere viva la memoria e la salvaguardia del patrimonio linguistico e culturale isnellese».

Cantautorali e teneri, i Vorianova sul palco ai piedi della Scalinata dei Cappuccini di Ferla hanno portato la “stranizza” di una formazione allargata che all’elettronica accoppiava un classico quartetto d’archi e alla chitarra acustica il grido lancinante di una chitarra elettrica. «Amo i Pink Floyd, la musica progressive, le chitarre elettriche e cerco di inserire queste influenze nella musica del gruppo», dice Alessandra Macellaro La Franca, autrice di gran parte delle musiche del nuovo album dei Vorianova di imminente uscita. Nel concerto di Ferla, la band madonita ha preferito scegliere fra le canzoni dei loro precedenti album – Canti di ventuPàrtiri e lo stupendo Narrè – concedendosi un rendez-vous con Carlo Muratori sulle note di Malja, tratto dall’album Stella Maris dell’artista aretuseo.

Il concerto dei Vorìanova a Ferla con il quartetto d’archi

I venti delle Madonia e degli Iblei si sono incrociati creando un vortice di suoni, emozioni, sensazioni. E speranze per borghi montani come Isnello e Ferla, afflitti dall’emigrazione. Anche un piccolo festival come Lithos e una canzone dei Vorianova possono contribuire per portare un po’ di attenzione verso territori dimenticati che chiedono condizioni e opportunità per potere sopravvivere.

Fred Casadei

Nella stessa serata è spirato il vento “straniero” proveniente da Joggi, frazione di Santa Caterina Albanese, comunità arbëreshë, alle pendici nord-orientali della Catena Costiera in provincia di Cosenza. Da lì viene Massimo Ferrante. Con le sue Canzuni, solo alla chitarra, l’ex compagno d’avventura di Daniele Sepe propone un viaggio musicale e letterario muovendosi fra Pier Paolo Pasolini, Ciccio Busacca, Matteo Salvatore, Otello Profazio, Rina Durante, Ignazio Buttitta, Aldo Masullo, Rosa Balistreri, Roberto Murolo. È una riappropriazione della memoria degli anni andati, delle folk song nelle diverse varietà regionali, dell’identità culturale di un territorio. 

Oltre a quelle dei Vorianova e di Massimo Ferrante, altre “stranizzi” sono arrivate dai Bellamorea e da Fred Casadei. Il contrabbassista romano “adottato” dalla Sicilia ha voluto rendere omaggio alla “voce” dell’Isola, Rosa Balistreri. «La sua voce, spesso accompagnata solo dalla sua chitarra, diceva già tutto. La forza, l’energia, l’intensità, la sofferenza e la gioia, il colore e il calore di questa terra vivono grazie alle opere di Rosa e, quando la sua voce si alza, sento l’odore del mare e quello della terra, sento il canto del vento, vedo la profondità del cielo di Sicilia», dice spiegando il progetto Balistreri on the bass presentato nella serata di apertura della rassegna. «Ho cercato di fare mio quel grande patrimonio lasciato in dono dalla Balistreri. Non cerco di imitare nessuno, suono e mi esprimo per come vivo e sento la Sicilia rispettando la tradizione e cercando di svilupparla. Testimonianza tangibile, al di là dei concerti, è il disco nato per questo progetto. Registrato di getto in due ore, in acustico con un microfono davanti al mio contrabbasso. Senza nessuna sovraincisione né lavori di post produzione». 

Il duetto fra Biagio Di Gesaro e Carlo Muratori

E Rosa Balistreri è stata la protagonista evocata da questa edizione numero 23 di Lithos dedicata alle “stranizzi”. «Abbiamo preso spunto da un evento artistico e cinematografico che ha valorizzato il borgo di Ferla: essere stato scelto come location per le riprese di Stranizza d’amuri, il film diretto da Peppe Fiorello», spiega il direttore artistico Carlo Muratori. «Il tema del film, come si sa, riguarda il terribile omicidio compiuto a Giarre nel 1982 ai danni di due giovani omosessuali. Nel proverbiale atteggiamento di accoglienza e inclusione che il Festival proclama da 23 anni, abbiamo deciso di intitolare la rassegna alla “Stranezza”, intesa come celebrazione della facoltà umana di non omologazione ai gusti, alle mode ai pensieri dominanti. E allora spazio dedicato alla più strana delle nostre cantatrici, come Rosa Balistreri».

La cantante del popolo, come si autodefiniva, insieme con Ignazio Buttitta, è stata al centro anche dell’evento di chiusura con il concerto del patròn del festival Carlo Muratori insieme a Carmen Marino, Alfonso Lapira, Loredana Vasta, MariaTeresa Arturia e Francesco Bazzano.

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