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Vent’anni senza il Signor G.

– “Io, noi e Gaber” è il titolo del documentario di Riccardo Milani che ripercorre la vita e la carriera dell’artista milanese
– In anteprima alla Festa del cinema di Roma, sarà nelle sale come evento speciale il 6, 7 e 8 novembre
– «È stata una voce importante per tutti noi anticipando tutto quello che in questi decenni si è avverato»
Giorgio Gaber, pseudonimo di Giorgio Gaberščik (Milano, 25 gennaio 1939 – Montemagno di Camaiore, 1 gennaio 2003)

Se il Premio Tenco 2023 ricorda Enzo Jannacci, la Festa del cinema di Roma omaggia Giorgio Gaber. In tempi di profonda crisi materiale e spirituale, in un’epoca in cui la società occidentale sembra avvicinarsi e quasi volontariamente affrettarsi verso la fine della sua parabola, due come Jannacci e Gaber avrebbe fatto comodo. Due geni liberi degli anni Sessanta e Settanta, ironici e beffardi, straordinari nello strappare un sorriso dal buio. Soprattutto il secondo, per la sua capacità di guardare oltre il muro, di anticipare l’intensità e la sfumatura delle nuvole, quasi sempre scure, in arrivo sopra l’orizzonte. Come manca quell’ironia, quello sberleffo al potere ma anche al borghese piccolo piccolo che è in noi. 

Il “signor G” è scomparso dieci anni prima del suo amico e compagno di avventure di improbabili Corsari del rock. Morì a Camaiore il primo gennaio 2003. Rer celebrare l’anniversario il 6, 7 e 8 novembre sarà nei cinema come evento speciale Io, noi e Gaber, il documentario, scritto e diretto da Riccardo Milani, promosso dalla Fondazione Gaber, prodotto da Atomic con Rai Documentari e Luce Cinecittà. Io, noi e Gaber, in anteprima domenica 22 ottobre alla Festa del cinema di Roma, vuole il caso, arriva a breve distanza da Enzo Jannacci. Vengo anch’io di Giorgio Verdelli, presentato alla Mostra del cinema di Venezia a settembre e proiettato in questi giorni al Premio Tenco.

Il documentario, girato tra Milano e Viareggio, nei luoghi della vita di Giorgio Gaber, vuole essere un ritratto non polveroso ma al contrario vivo e incisivo. Milani racconta con affetto da fan il signor G. in tutte le fasi della sua carriera artistica: dai primissimi esordi nei locali di Milano al rock con Adriano Celentano, dal sodalizio artistico e surreale con l’amico Jannacci agli iconici duetti con Mina e alle canzoni con Maria Monti. Dagli anni della popolarità televisiva al teatro, con l’invenzione, insieme a Sandro Luporini, del Teatro Canzone, piena espressione del suo impegno politico e culturale. Sullo sfondo, luogo in cui tutto converge, il Teatro Lirico di Milano, simbolo dell’amore tra lui e il pubblico milanese, e che oggi porta il suo nome Teatro Lirico Giorgio Gaber.

Nel ritratto, che si fa anche intimo quando lascia la parola alla figlia Dalia e alla moglie Ombretta Colli, Riccardo Milani raccoglie tante voci di colleghi e artisti che lo hanno conosciuto e amato. Ci sono Gianfranco Aiolfi, Massimo Bernardini, Pier Luigi Bersani, Claudio Bisio, Mario Capanna, Francesco Centorame, Lorenzo Jovanotti Cherubini, Paolo Dal Bon, Fabio Fazio, Ivano Fossati, Ricky Gianco, Gino e Michele, Guido Harari, Paolo Jannacci, Lorenzo Luporini, Roberto Luporini, Sandro Luporini, Mercedes Martini, Vincenzo Mollica, Gianni Morandi, Massimiliano Pani, Giulio Rapetti – Mogol, Michele Serra.

Giorgio Gaber ed Enzo Jannacci

«Giorgio Gaber è stata una persona importante della mia vita. Da piccolo mi ha divertito con l’allegria di GogangaIl Riccardo o La Torpedo blu, e dal liceo in poi mi ha fatto alzare la testa e avere uno sguardo sul mondo segnando il mio percorso di formazione. Raccontarlo per me è stato soprattutto un modo per ringraziarlo per tutto quello che nei decenni mi ha dato e, soprattutto, ha dato a tutti noi», dichiara il regista Riccardo Milani. «È stata una voce importante per tutti noi anticipando tutto quello che in questi decenni si è avverato, prevedendo che l’ideologia del mercato avrebbe schiacciato oggi tutte le altre, segnando una disperata continuità tra lui e Pier Paolo Pasolini. Per questo, tra le rarissime certezze della vita, ce n’è sicuramente una: Gaber ci serve ancora e ci serve adesso».

La Fondazione Gaber ha partecipato con convinzione: «È stato un lavoro lungo e intenso. Abbiamo avuto il privilegio di assistere a un vero e proprio lavoro cinematografico, il vero cinema applicato al racconto della storia artistica e della vita di Giorgio Gaber, che ci auguriamo possa restare a disposizione di tutti per sempre, proprio come i film classici. Un’opera realizzata con grande passione, rispetto e ammirazione per la figura di Gaber, come se fosse in qualche modo sempre presente, come se aleggiasse sul lavoro di tutta l’equipe», ha detto il presidente Paolo Dal Bon.

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