Sono “Il signore delle formiche” di Gianni Amelio con Luigi Lo Cascio, Elio Germano, Sara Serraiocco; “Bones and all” di Luca Guadagnino con Timothée Chalamet; “Chiara” di Susanna Nicchiarelli con Margherita Mazzucco; “Monica” di Andrea Pallaoro; “L’immensità” di Emanuele Crialese con Penelope Cruz. Gli altri film in concorso
Il Signore delle Formiche di Gianni Amelio
Alla fine degli anni 60 si celebrò a Roma un processo che fece scalpore. Il drammaturgo e poeta Aldo Braibanti fu condannato a nove anni di reclusione con l’accusa di plagio, cioè di aver sottomesso alla sua volontà, in senso fisico e psicologico, un suo studente e amico da poco maggiorenne. Il ragazzo, per volere della famiglia, venne rinchiuso in un ospedale psichiatrico e sottoposto a una serie di devastanti elettroshock, perché “guarisse” da quell’influsso “diabolico”. Alcuni anni dopo, il reato di plagio venne cancellato dal Codice penale. Ma in realtà era servito per mettere sotto accusa i “diversi” di ogni genere, i fuorilegge della norma. Prendendo spunto da fatti realmente accaduti, il film racconta una storia a più voci, dove, accanto all’imputato, prendono corpo i famigliari e gli amici, gli accusatori e i sostenitori, e un’opinione pubblica per lo più distratta o indifferente. Solo un giornalista s’impegna a ricostruire la verità, affrontando sospetti e censure.
Chiara di Susanna Nicchiarelli
Chiara ha diciotto anni, e una notte scappa di casa per raggiungere il suo amico Francesco: da quel momento la sua vita cambia per sempre. La storia di una santa, la storia di una ragazza e del suo sogno di libertà. «La storia di Chiara e Francesco è entusiasmante». dice Susanna Nicchiarelli illustrando il film. «Riscoprire la dimensione politica, oltre che spirituale, della “radicalità” delle loro vite – la povertà; la scelta di condurre un’esistenza sempre dalla parte degli ultimi, ai margini di una società ingiusta; il sogno di una vita di comunità senza gerarchie e meccanismi di potere – significa riflettere sull’impatto che il francescanesimo ha avuto sul pensiero laico, interrogandosi con rispetto sul mistero della trascendenza. La vita di Chiara, meno conosciuta di quella di Francesco, ci restituisce l’energia del rinnovamento, l’entusiasmo contagioso della gioventù, ma anche la drammaticità che qualunque rivoluzione degna di questo nome porta con sé».
Bones and all di Luca Guadagnino
È la storia del primo amore tra Maren, una ragazza che sta imparando a sopravvivere ai margini della società, e Lee, un solitario dall’animo combattivo; è il viaggio on the road di due giovani che, alla continua ricerca di identità e bellezza, tentano di trovare il proprio posto in un mondo pieno di pericoli e che non riesce a tollerare la loro natura. Per Luca Guadagnino «c’è qualcosa in coloro che vivono ai margini della società che mi attrae e mi emoziona. Amo questi personaggi. Il cuore del film batte teneramente e affettuosamente nei loro riguardi. Mi interessano i loro viaggi emotivi. Voglio vedere dove si aprono le possibilità per loro, intrappolati come sono nell’impossibilità che si trovano di fronte. Il film è per me una riflessione su chi si è, e su come si possa superare ciò che si prova, specialmente se è qualcosa che non si riesce a controllare in sé stessi».
L’immensità di Emanuele Crialese
Roma, anni Settanta: un mondo sospeso tra quartieri in costruzione e varietà ancora in bianco e nero, conquiste sociali e modelli di famiglia ormai superati. Clara e Felice si sono appena trasferiti in un nuovo appartamento. Il loro matrimonio è finito: non si amano più, ma non riescono a lasciarsi. A tenerli uniti, soltanto i figli su cui Clara riversa tutto il suo desiderio di libertà. «L’immensità è il film che inseguo da sempre: è sempre stato “il mio prossimo film”, ma ogni volta lasciava il posto a un’altra storia, come se non mi sentissi mai abbastanza pronto, maturo, sicuro», dichiara Crialese. «È un film sulla memoria che aveva bisogno di una distanza maggiore, di una consapevolezza diversa. Come tutti i miei lavori, in fondo è prima di tutto un film sulla famiglia: sull’innocenza dei figli, e sulla loro relazione con una madre che poteva prendere vita solo nell’incontro, artistico e umano, con Penélope Cruz, con la sua sensibilità e la sua straordinaria capacità di interazione con tre giovanissimi non attori che non avevano mai recitato prima. Luana, Patrizio e Maria Chiara sono rimasti bambini sempre e come tali sempre intensamente e immensamente veri».
Monica di Andrea Pallaoro
Monica torna a casa per la prima volta dopo una lunga assenza. Ritrovando sua madre e il resto della sua famiglia, da cui si era allontanata da adolescente, intraprende un percorso nel suo dolore e nelle sue paure, nei suoi bisogni e nei suoi desideri fino a scoprire dentro di sé la forza per guarire le ferite del proprio passato. Il ritratto intimo di una donna che esplora i temi universali dell’abbandono e dell’accettazione, del riscatto e del perdono. «Negli ultimi anni, il confronto con la malattia di mia madre mi ha portato a riflettere sul mio passato e sugli effetti psicologici dell’abbandono», spiega Andrea Pallaoro. «A partire da questa esperienza ho voluto raccontare una storia che esplorasse la complessità della dignità umana, le conseguenze profonde del rifiuto e le difficoltà nel guarire le proprie ferite. Attraverso un linguaggio cinematografico che prende forma da un costante dialogo tra l’estetica dell’intimità e dell’alienazione, in bilico tra l’interiorità della protagonista e il mondo che la circonda, i miei collaboratori ed io ci siamo addentrati nel mondo emotivo e psicologico di Monica per riflettere sulla natura precaria dell’identità di ciascuno di noi quando è messa alla prova dalla necessità di sopravvivere e trasformarsi». Monica è il secondo film di una trilogia dedicata alle donne, dopo Hannah. Nel cast, Patricia Clarkson.
Altri film in concorso
Alla Mostra del cinema di Venezia (31 agosto – 10 settembre) di concorrenti al Leone d’oro sulla carta ce ne sono parecchi. A partire da uno dei tanti titoli Netflix che stavolta apre Venezia, con White Noise di Noah Baumbach. Intanto il ritorno di Darren Aronofsky che con The Whale scongela un eremita obeso che risponde al nome di Brendan Fraser. Anche Blonde (altra produzione Netflix), diretto dal talentuoso Andrew Dominik, biopic su Marilyn Monroe rischia di diventare la stella papabile grazie anche ad una Ana de Armas vista in foto, bionda e occhieggiante dolore e bellezza. Hugh Jackman fa passerella al Lido interpretando The son di Florian Zeller (quello di The father e dell’Oscar ad Anthony Hopkins qui di nuovo in scena) assieme a Laura Dern e Vanessa Kirby. Ad arricchire la line-up torna il regista londinese Martin McDonagh in una piece beckettiana ambientata in Irlanda intitolata The banshees of Inisherin; ma anche il regista premio Oscar Alejandro Gonzalez Iñarritu con una produzione e una storia messicana, Bardo, epica commedia nostalgica sulla crisi esistenziale di un giornalista.