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Un western fra pellerossa e automobili

Nelle sale da giovedì 19 ottobreKillers of the Flowers Moon” film di Martin Scorsese
– Protagonisti due premi Oscar, Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, e una bravissima Lily Gladstone
Una storia vera di delitti seriali dopo la scoperta di enormi quantità di petrolio in una riserva indiana

Un’epopea della cattiveria dei bianchi nei confronti di quei pellerossa che avevano già relegato, con grande disinvoltura e mentalità imperialista, nelle riserve. Da quella cattiveria di certa cultura occidentale insomma non si fugge, come racconta il maestro Martin Scorsese in Killers of the Flowers Moon, basato sul best-seller di David Grann.

Ambientato nell’Oklahoma degli anni Venti e con due premi Oscar, Leonardo DiCaprio e Robert De Niro, a cui si aggiunge la bravissima e intensa Lily Gladstone, il film, accolto in anteprima fuori concorso a Cannes con una pioggia scrosciante di applausi (si conta più di 20 minuti), arriva ora in sala da giovedì 19 ottobre.
Oltre tre ore e mezza di durata, ma senza annoiarsi affatto, con il “vaso di Pandora” di un pezzo di storia americana poco conosciuta, ovvero lo scandalo degli omicidi seriali di membri della nazione Osage divenuta potente dopo la scoperta di enormi quantità di petrolio sulla sua terra. Da qui appunto tutta una serie di crimini efferati conosciuti come i “Regni del terrore”. La cosa divertente è che i bianchi avevano relegato gli Osage in quelle terre proprio perché ritenute orribili, una bruttezza invece molto amata dai nativi americani convinti che i bianchi, proprio per questo motivo, non se ne sarebbero mai interessati.In pochi anni invece gli Osage diventano i più ricchi del mondo. E con l’arrivo dei soldi la criminalità prende il controllo di tutto e uccide.

Robert De Niro e Leonardo DiCaprio in una scena del film

Protagonisti di questa storia Leonardo DiCaprio nei panni di Ernest Burkhart, un balordo non troppo sveglio che sposa per interesse una ricca Osage (Lily Gladstone, una sorta di Monna Lisa precolombiana). Un matrimonio quest’ultimo voluto dallo zio manipolatore e criminale (un grandissimo Robert De Niro) che è al centro di questa macchina di sfruttamento degli Osage. La scia di omicidi ha portato a una serie di indagini, condotte dall’FBI, che alla fine portarono all’arresto di William Hale, allevatore e carnefice di quei crimini efferati. Un fatto che ha segnato la cultura americana del periodo. Soprattutto, è stato uno dei primi casi importanti che sono stati risolti dall’FBI, nato da qualche tempo e sotto lo sguardo inesperto di J. Edgar Hoover. Per l’occasione fu istituita una task force di nativi che si sono infiltrati tra la gente della contea.

Il film è stato definito dallo stesso Scorsese «un western che si svolge tra il 1921 ed il 1922 in Oklahoma in cui vediamo senz’altro dei cowboy che oltre ai cavalli hanno pure delle automobili». In quella regione insieme ai soldi, dice ancora il regista «sono sbarcati gli avvoltoi, l’uomo bianco, e tutto è andato perduto. Lì la criminalità aveva un controllo così capillare su ogni cosa che era più facile andare in galera per aver ucciso un cane che un indiano».

Il film è basato su una storia vera raccontata da David Grann nell’omonimo libro


Appena letto il libro di David Grann, Scorsese ha subito immaginato di farne un film e per riuscirci ha trascorso diverse ore insieme a Capo Orso In Piedi per convincere la Osage Nation a favorire le riprese del film. Tra cultura pellerossa, piena di fascino e rassicuranti riti, e spietata cultura del profitto il film scivola fino alla fine senza mancamenti. 

Nel cast anche Jesse Plemons, Brendan Fraser, John Lithgow. Frase cult, quella di un capo indiano che animato dalla giusta coscienza dice: «Almeno una volta sapevamo chi era il nemico, a chi dovevamo sparare».

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