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The Kinks – “The Village Green…”

Ogni domenica, segnalisonori dà uno sguardo approfondito a un album significativo del passato. Oggi rivisitiamo il disco ritenuto il capolavoro della band inglese che al rock roboante e urbano del tempo opponeva un beat ironico e surreale

Il problema che dovettero affrontare i Kinks quando pubblicarono The Village Green Preservation Society alla fine di novembre del 1968 non era semplicemente la concorrenza – Electric Ladyland di Jimi Hendrix, il debutto dei Led Zeppelin e Beggars Banquet dei Rolling Stones – ma che questo disco così sottile, divertente, surreale e a volte quasi tenero, avrebbe potuto essere registrato su un altro pianeta. Durante l’estate del 1968, i fan negli Stati Uniti erano dipendenti da una dieta ad alta intensità che li faceva desiderare piatti aggressivi ed esagerati come Street Fighting Man e You Shook Me e Communication Breakdown. La disconnessione tra i Kinks e la tavolozza in rapida trasformazione del mondo del rock difficilmente avrebbe potuto essere più pronunciata. Confrontate la roboante e urbana Sympathy for the Devil degli Stones con lavori sobri come Village Green: è come paragonare un bolide da Formula 1 a un calesse con cavallo mentre Ray Davies dipinge il paesaggio: “In campagna, lontano da tutta la fuliggine e il rumore della città…”.

I critici hanno elogiato l’album, il pubblico lo ha ignorato, e Davies, esaminando la scena, ha affermato che non era stato creato per il consumo pubblico. Intenzioni a parte, i Kinks andarono avanti, seguiti da piccoli gruppi di fan pronti a giurare segreta fedeltà al Village Green. Con il passare degli anni e i suoi cambiamenti, questo seguito crebbe e alla fine il verdetto si invertì: l’album fu pubblicizzato come un capolavoro. Ironicamente, tutto ciò sarebbe potuto accadere prima se la band non fosse stata così prolifica fino alla fine degli anni Ottanta.

Abbozzato in modo intricato e ricco di arrangiamenti insoliti, The Village Green Preservation Society è stato il primo sguardo chiaro a un artista iconoclasta, fantasioso e talvolta brillante mentre si affermava. Il pubblico abituato a valutare i lavori degli dei del rock e delle icone della controcultura, considerò questo album come un pezzo di arte concettuale. Le coppie Lennon-McCartney e Jagger-Richards hanno dominato e plasmato la sensibilità di un vasto esercito; Davies ha esplorato un mondo profondamente personale che ha confuso i fan anche se ha stimolato la loro curiosità.

Nella canzone Animal Farm, che si apre con una cascata di accordi suonati su una calda 12 corde acustica, la base della musica folk di un tempo, Ray Davies canta: “Questo mondo è grande, selvaggio e mezzo folle/ Portami dove giocano gli animali”. Nel frattempo, alza la Union Jack, mentre guarda indietro nel caos della giornata per trovare un mondo più semplice e sicuro.

La peculiare sensibilità che per la prima volta si era fatta notare con Kinkdom del 1965 nei singoli di successo Dedicated Follower and Fashion e A Well Respected Man appare diversa alla luce di The Village Green Preservation Society. Prima che quest’ultimo album fosse pubblicato, quelle canzoni sembravano una parodia o un umorismo da colletto blu; in retrospettiva, Davies mostrava una mano eccentrica e iconoclasta che presto sarebbe stata più importante per la sua musica rispetto all’hard rock di You Really Got Me

È anche interessante considerare Village Green come un prodotto accuratamente scolpito della singolare visione artistica di Ray Davies. Non a caso, l’album è comunemente considerato come un lavoro da solista e, se questa è solo una opinione, le canzoni sono così personali da rendere probabilmente difficile la collaborazione. Inoltre, in un’epoca in cui gli strumentisti rock cominciavano a prendere il sopravvento, il modo di suonare dei Kinks qui è sempre al servizio delle canzoni e, in particolare, della voce di Davies.

Nel 1968, mentre l’idioma rock prevalente tendeva a posizionare la musica come un veicolo corazzato pronto per la battaglia, Davies mostrava un sorriso tranquillo e ironico. Nella title-track d’apertura inizia con un semplice groove costruito attorno alle chitarre acustiche, sul quale Davies offre un chiaro impegno di fedeltà alle banali curiosità della vita moderna; nella seguente Do You Remember Walter? si lascia andare ai ricordi da anziano, mentre in Last of the Steam Powered Trains prende in prestito le prime battute di Spoonful di Willie Dixon, un inno alle miserie dell’eroina.

L’album The Village Green Preservation Society è considerato il capolavoro della band. Ricco di immaginazione e spunti, è più che mai un’opera vitale e uno dei primi album classici e unici del rock.

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