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Sudan Archives, solitaria black queen

È il nome d’arte di Brittney Parks, polistrumentista dell’Ohio che attinge a una vasta gamma di fonti: hip-hop, R&B, tradizioni dell’Africa occidentale, ritmi da club, digitali aggiornati, battiti di mani analogici, archi in loop. Il suo secondo album “Natural Brown Prom Queen”, ispirato alla scrittrice Toni Morrison, è una delle rivelazioni di quest’anno
Sudan Archives, ovvero Brittney Parks, nata a Cincinnati (Ohio), ma trasferitasi a Los Angeles

Al di fuori del talento vocale, alle artiste donne di colore è raro che venga attribuito il merito per l’innovazione tecnica nel fare musica. In pochi hanno messo in rilievo l’orecchio perspicace di Aretha Franklin per le melodie che le ha consentito di essere una perfetta arrangiatrice che sapeva esattamente dove collocare gli strumenti portanti dei suoi successi. La chitarra di Sister Rosetta Tharpe fondeva le onde sonore del Delta blues con la dissonanza amorfa di un nascente suono rock. Patrice Rushen è un’abile pianista che può aggiungere note classiche a un momento pop esplosivo. Troppo spesso, la loro capacità di strumentisti, miscelatori e curatori del suono è messa da parte. L’opera di Sudan Archives non sfugge a questa regola. Brittney Parks, nata a Cincinnati (Ohio), ma trasferitasi a Los Angeles, il cui debutto nel 2019 con Athena è stata una interessante introduzione al suo pop d’avanguardia, è una polistrumentista autodidatta che fa tutto da sola. Nel suo secondo album, Natural Brown Prom Queen, balla con se stessa alla sua festa, dove è anche ospite d’onore e protagonista: è una band composta da una sola donna che, attraverso diciotto tracce lunghe e infernali, trasmette un’energia frenetica che è tanto emotivamente rilassante quanto schiacciante fisicamente.

Attingendo da una vasta gamma di fonti – hip-hop, R&B, tradizioni dell’Africa occidentale, ritmi da club, digitali aggiornati, battiti di mani analogici, archi in loop – tutto si combina come un ritratto surreale dell’artista. Sudan Archives è cinica nel brano iniziale Home Maker: «Sono una casalinga», canta. «Solo puttane cattive nel mio graticcio / E piccola io sono la più cattiva».

È sia un invito nel suo spazio che una sfida lanciata per vedere se gli ascoltatori riescono a starle dietro attraverso Natural Brown Prom Queen, che salta dagli archi in loop (lo strumento principale di Parks è il violoncello) al clubbing. Ispirandosi a Bluest Eye, il primo romanzo di Toni Morrison, indica il desiderio che il suo corpo assomigli a quelli più celebrati: «A volte penso che se avessi la pelle chiara / Allora entrerei in tutte le feste / Vincere tutti i Grammy, rendere felici i ragazzi». Legando la sua voce su ritmi elettronici tenuti insieme da rare note di violoncello che trasportano roventi atmosfere subsahariane, NBPQ suona come una raccolta di immagini e sensazioni in continua evoluzione. Quando, nel ritornello, il suo tono passa dallo sconforto alla fiducia, lo fa anche il ritmo, con una sincope martellante, intervallata da applausi insistenti. 

A metà dell’album, l’inno psichedelico del road trip ChevyS10 arriva come un confessionale con il peso dorato di una presentazione stellare di Kanye West. Consegnato come un rap che si trasforma in parola parlata, i versi di Sudan piroettano su ritmi allungati che manipolano la sua voce in modo che atterri come un’interiezione robotica dallo spazio. Ricorda FKA mentre raggiunge le ottave più alte, le sue grida di “vattene stanotte o vivi e muori in questo modo” richiamano la Tracy Chapman di Fast Car. Come una trinità che predica un sontuoso tipo di gospel della prosperità egocentrico, questa è musica da ballo che invoca l’erotismo emanato da un lignaggio di artisti da Donna Summer, Cheryl Lynn, Betty Davis , attraverso Janet Jackson .

Costruendo sulle orme delle donne nere e della loro architettura sonora, Natural Brown Prom Queen vive di improvvisazione, audace lirismo e ingegnosità tecnica. 

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