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Solstizio d’estate nell'”infinito finito”

L’ingresso della nuova stagione salutato quest’anno in un Teatro Andromeda dichiarato completato dal suo artefice, il pastore-artista Lorenzo Reina. Un’opera cominciata nel 1986, oggi diventata una attrazione conosciuta in tutto il mondo. Mercoledì 21 giugno il rito avrà una introduzione musicale pomeridiana con l’esibizione di Ezio Noto con i Disìu

Brian Sweeney Fitzgerald, detto Fitzcarraldo, era un visionario che, agli inizi del Novecento, inseguì il sogno picaresco di costruire un teatro d’opera nella giungla amazzonica, per far conoscere Wagner, Caruso e Verdi agli indigeni. Per realizzarlo trascinò una nave a vapore da 320 tonnellate su per una montagna per superare un tratto non navigabile del fiume e riportarla nuovamente in acqua. 

Lorenzo Reina il suo sogno l’ha coronato senza andare troppo lontano. Nel terreno di famiglia, in contrada Rocca, nel territorio di Santo Stefano Quisquina, piccolo borgo d’origine medievale in provincia di Agrigento. Pietra su pietra Lorenzo ha eretto un teatro. Nascosto a mille metri d’altezza sui Monti Sicani, tra prati e boschi che fanno pensare più alla Svizzera che alla Sicilia, è il più alto d’Europa. Una vista che dà le vertigini: all’orizzonte il mare del Canale di Sicilia e, al centro, l’isola di Pantelleria. Lorenzo il suo “estremo confine” è riuscito a superarlo più semplicemente rispetto a Fitzcarraldo: ha trasformato il limite del suo mondo pastorale in un varco verso l’arte, un’arte che dialoga con la natura, il cielo, il sole e le stelle.

Teatro Andromeda è il nome della visionaria creazione del pastore-scultore siciliano. Proiezione terrestre dell’omonima costellazione. All’inizio, al posto delle stelle, l’arcaica cornice ovale conteneva pecore. Un ovile-teatro, perché il destino di Lorenzo era quello di fare il pastore, sebbene sin dall’età di 7 anni nutrisse la passione per la poesia e l’arte. Unico figlio maschio, smessi gli studi in terza media per aiutare nei campi il padre infortunato, si è abbeverato da autodidatta, leggendo al pascolo il libro «”La Tavola Rotonda”, un’antologia di letteratura italiana e straniera, rubata a mia sorella» racconta mentre accoglie i visitatori offrendo formaggio e Sangiovese di sua produzione. A 22 anni rompe col padre, dedicandosi alla scultura. «Poi, nel 1998, mio padre si ammalò e sul letto di morte accolsi il suo ultimo desiderio». Lorenzo mantiene la promessa, blocca la costruzione del suo teatro – iniziata nel 1986 tra le ire del genitore – e ritorna tra le pecore. Finché, grazie ai Patti Territoriali, riesce a combinare l’antico mondo rurale del genitore con una moderna imprenditoria. Riprende il suo sogno fino a portarlo a compimento. 

Lorenzo Reina

Il volto di un dio sumero, presunto alieno sceso sulla terra 435mila anni fa, simbolo della parola che diventa pietra, seguito da una maschera pirandelliana, la cui pietra trasmuta in luce quando è attraversata dai raggi del sole, annunciano il teatro in uno scenario tra il metafisico e il mitico. Per alcuni miceneo, per altri inca. «Il teatro non è finito, è un teatro organico vivente, in continua evoluzione» tiene a sottolineare l’ex pastore agrigentino, che continua a vivere tra pecore, cavalli e muli, circondato da ciliegi, peri e meli. «Io lo vedo come una astronave che viaggia verso la costellazione di Andromeda». Un teatro sospeso, dalla struttura arcaica, con un cuore moderno, che guarda al futuro. E che soltanto alcuni mesi fa è stato dichiarato “finito”. «L’INFINITO E’ FINITO. Addì 19 marzo 2023, allo scoccare di 63 primavere, dichiaro finita la mia opera infinita: il teatro Andromeda. Che resti vivente – e in pace – nel tempo che rimane», ha comunicato l’artista pastore.

È quindi nell’“infinito finito” che mercoledì 21 giugno si svolgerà quest’anno il consueto rito per il Solstizio d’estate: un momento mistico e spirituale che si celebra attraverso il passaggio della luce. Infatti, la luce solare si riflette sul disco di metallo posto sopra la finestra dietro il palco del teatro, creando un cerchio d’ombra al centro del palcoscenico. Al tramonto, un raggio di sole attraversa la bocca dell’Imago, una scultura situata lungo il percorso che conduce al Teatro, e si fa parola di luce. 

Ezio Noto (il quarto da destra) con una formazione dei Disìu

Quest’anno l’evento avrà una introduzione musicale, con inizio alle ore 17:30. Ezio Noto & Disìu, con brani intermezzati da letture tratte da libri di Gino Strada, Danilo Dolci e altri autori. «Sarà un concerto all’insegna della pace e sarà registrato. Probabilmente diverrà un disco dal vivo, “Live ad Andromeda”», annuncia Ezio Noto. Il cantautore di Caltabellotta sarà affiancato dalla sua band Disìu, formata da Mauro Cottone, Libero Reina, Francesco Less, Roberto Ligammari, Eleonora Tabbì, Totò Randazzo, rafforzata dalla fisarmonica di Pino Tortorici. Il concerto si terrà davanti alla Maschera della Parola. «Sono state tante le richieste di biglietti che non potremo accogliere gli spettatori in Teatro», spiega Ezio Noto. 

Soltanto 108 sono infatti i posti a sedere, sparsi davanti al proscenio e segnati da doppi cubi di pietra che visti dall’alto hanno forma di stelle a otto punte, replicando sul piano la costellazione di Andromeda. Perché Lorenzo Reina intende proteggere il flusso di energia vitale e la magia del luogo, la dimensione intima, spirituale, del suo teatro, rappresentata nella porta d’ingresso, sormontata dal calice del Santo Graal disegnato dal cielo. Una feritoia stretta e bassa, da costringere il visitatore a inchinarsi. «È la porta della rinascita» spiega l’artista agrigentino. L’apertura verso l’infinito leopardiano. 

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