Storia

Sette note da favola per Natale

Ottanta anni fa la nascita di “White Christmas”, la canzone più venduta nel mondo, cantata ancora oggi. E poi la storia di “Stille Nacht” e il caso di “All I Want For Christmas Is You” il brano che da solo fa guadagnare 2,5 milioni di dollari l’anno a Mariah Carey

L’idea venne a Irving Berlin in un giorno di sole del 1942, mentre si trovava nella sua villa di Beverly Hills. Da anni, Berlin era considerato il padre della musica popolare americana. L’avevano battezzato “Mister Parole e Musica” perché era stato il primo a comporre le musiche ed a scrivere anche le parole delle proprie canzoni. Nel 1911, aveva esaltato Florenz Ziegfeld ricordando al mondo che A pretty girl is like a melody (una bella ragazza è come una melodia); nel 1927, aveva affidato ad Al Jolson la deliziosa Blue skies perché la cantasse nel primo film sonoro della storia del cinema; e, nel 1935, aveva catapultato Fred Astaire verso l’immortalità con tanto di Top hat, white tie and tails, di cappello a cilindro, cravatta bianca e frac.

Berlin sapeva cosa fosse un successo. A un giornalista che una volta gli aveva chiesto quali fossero le canzoni che preferiva, aveva risposto lapidario: «Hits», quelle di successo. Ma, probabilmente, quel giorno del 1942, lo stesso Berlin non sapeva che avrebbe composto il più grande successo di tutti i tempi, la canzone più ascoltata, amata e venduta del Novecento: White Christmas.

Il motivo doveva far parte del film Holiday Inn con Bing Crosby e Fred Astaire, storia più o meno inverosimile di un uomo d’affari che, stanco dei frenetici ritmi della vita metropolitana, decide di aprire in campagna un locale che funzioni solo durante le feste: e quale festa – si disse Berlin – avrebbe potuto competere, per suggestione e significato, con il Natale? Pensò al Natale, a quel giorno di sole, ai ragazzi americani partiti per il fronte, al bisogno di consolanti rassicurazioni che pervadeva il Paese e scrisse parole semplici (come era solito fare) che si accordavano perfettamente con la melodia che stava componendo: «I’m dreaming of a white Christmas, just like the ones I used to know…» (Sto sognando un bianco Natale, proprio come quelli di una volta…).

Irving Berlin

Quando ebbe finito, si recò negli studi della Paramount per fare ascoltare la canzone a Crosby e al regista Mark Sandrich. Egli stesso la cantò con la sua voce un po’ stridula, accompagnandosi al piano e, naturalmente, tutto furono d’accordo sul fatto che White Christmas avesse i requisiti per fare breccia sul pubblico. Ma né il musicista né Bing Crosby (che registrò il motivo in appena diciotto minuti) né, tanto meno, Sandrich avevano immaginato lo strepitoso successo al quale sarebbe andato incontro la canzone.

Certo, con la voce calda, profonda, pastosa di Bing, l’effetto era ben altro. Quella voce e quella canzone erano davvero fatte l’una per l’altra: insieme, avrebbero vinto un Oscar; insieme, sarebbero entrate nel Guinness dei primati, superando il traguardo dei cinquanta milioni di copie vendute. In quegli anni, Bing era già una leggenda. Frank Sinatra era appena agli inizi della carriera e Crosby era, non soltanto in America, l’idolo indiscusso del pubblico. L’impatto che la sua interpretazione di White Christmas ebbe sulla gente oggi può apparire esagerato, ma non lo fu affatto in un periodo in cui decine di milioni di uomini lottavano per la sopravvivenza. Quella canzone, per tutti, significava la cosa più preziosa del mondo: la pace.

«C’erano talmente tanti giovani lontani dalle loro case», disse alcuni anni dopo Crosby, rievocando i concerti tenuti in Europa nel 1944 per le truppe alleate. «Ed era evidente che White Christmas li colpiva profondamente, facendo sentire loro un nodo alla gola. Ero costretto a cantarla continuamente, perché i ragazzi non facevano che richiedermela. Molti piangevano… Era una cosa davvero triste».

Gli anni della Seconda guerra mondiale segnarono lo zenit della popolarità delle canzoni natalizie. In Meet me in Saint Louis, straordinario cult movie del 1944 firmato da Vincente Minnelli, la famiglia Smith non riusciva ad accettare l’idea di doversi trasferire a New York, abbandonando la tranquilla vita della provincia, e una delle scene più toccanti era quella in cui la piccola Tootie mostrava la propria disperazione al pensiero di dover passare l’ultimo Natale nella città dove era cresciuta. Il provvidenziale conforto della sorella maggiore Esther giungeva grazie alla musica e alle parole di Have yourself a merry little Christmas, una delicata ballata di Hugh Martin e Ralph Blane, interpretata con convincente dolcezza da Judy Garland. E, naturalmente, nessuno degli spettatori riuscì a trattenere le lacrime ascoltando Judy che invitava la bambina Margaret O’Brien ad essere fiduciosa, perché tutte le loro preoccupazioni si sarebbero ben presto dileguate.

Questo connubio di Natale e lacrime, di buoni sentimenti e di struggente malinconia, non è stato comunque un patrimonio esclusivo degli anni Quaranta. Al contrario, ha radici antiche e si accompagna alla storia di altri celebri canti natalizi.

Stille Nacht (conosciuta in tutto il mondo anche nella versione inglese con il titolo di Silent Night) fu composta, al contrario della miliardaria White Christmasche nacque in un giorno di sole, in occasione di un freddissimo Natale del 1880 da Franz Gruber, organista della chiesa di San Nicola a Oberndorf, in Austria. A differenza di Berlin, Gruber non nuotava certo nell’oro hollywoodiano. Era piuttosto povero e, per di più, doveva fare i conti con un ambiente naturale impietoso. Per suonare, era spesso costretto a indossare un paio di guanti di lana che gli lasciavano scoperte solo le dita, tanto era micidiale il freddo a Oberndorf. Stille Nacht fu quasi il risultato di una sfida. Gruber, infatti, si accorse proprio il giorno di Natale che l’organo della chiesa era guasto, ma non voleva lasciare la congregazione senza una musica per la Messa di mezzanotte. Così decise di comporre Stille Nacht per voce e chitarra. Inutile dire che mai avrebbe supposto di creare una delle canzoni più note di ogni epoca.

Il successo dei canti natalizi non deve meravigliare. Universali nello spirito e definizione, hanno attraversato ogni epoca e latitudine, da quelli antichi come God rest ye merry, gentlemen (il motivo che faceva infuriare Scrooge nel dickensiano Racconto di Natale, pubblicato per la prima volta nel 1833) e The first Noel (una ballata inglese del sedicesimo secolo) a quelli moderni come White Christmas che, fra i tanti primati conquistati, può vantare quello di aver superato i cento di milioni di copie vendute nel mondo.

Al loro fascino, d’altronde, non ha saputo resistere nessuno degli interpreti della musica popolare. E così queste canzoni semplici e immortali sono state incise da grandi tenori come Beniamino Gigli e Luciano Pavarotti, Placido Domingo e José Carreras. O da mitici jazzisti come Charlie Parker, Miles Davis (che ha composto una canzone controcorrente, Blue Christmas, triste Natale) e Stan Kenton. O da rockstar come Elvis Presley, Bob Dylan, Patti Smith e Bruce Springsteen. O dalla first lady dello swing Ella Fitzgerald e da quella del gospel Mahalia Jackson. O dalle leggendarie voci di Sinatra, Nat King Cole, Ray Charles e Mel Tormé. 

C’è addirittura il caso di Mariah Carey, i cui guadagni annuali, secondo uno studio del settimanale The Economist, grazie alla canzone All I Want For Christmas Is You, dagli anni Novanta un classico delle feste natalizie, ammontano a ben 2,5 milioni di dollari, fruttati solo ed esclusivamente da quella canzone natalizia… Sempre secondo la rivista economica britannica, fino al 2016 la popstar avrebbe totalizzato circa 60 milioni di dollari dal brano. Il testo di All I Want for Christmas Is You fa sapere che la protagonista non è interessata ai regali, poiché l’unica cosa – anzi: letteralmente tutto ciò – che vuole per Natale è stare insieme al proprio fidanzato. Dal 1994, anno in cui uscì, la canzone torna in testa alle classifiche di vendita ad ogni Natale. E si è ripetuto anche quest’anno.

Non è tuttavia l’unica canzone di Natale che ha invaso l’hit parade di questo dicembre: nei primi quaranta posti della classifica britannica ben ventitré sono ispirate dalle festività natalizie, con Last Christmas dei Wham in terza posizione e Merry Christmas di Ed Sheeran ed Elton John in quarta, Rocking’ around the Christmas tree di Brenda Lee in sesta. Brani che si ritrovano anche nella classifica italiana insieme a Happy Xmas (War is over) di John Lennon, Let It Snow! Let It Snow! Let It Snow! di Dean Martin, Santa Claus is comin’ to Town nell’interpretazione di Frank Sinatra.

E, ancora oggi, ottanta anni dopo quello storico giorno di sole in cui Irving Berlin la compose, non c’è stazione radiofonica o rete televisiva – dagli Stati Uniti all’America Latina, dall’Africa all’Estremo Oriente – che non trasmetta il giorno di Natale White Christmas cantata da Bing Crosby, rientrata nella Hot100 di Billboard insieme con Jingle Bells di Frank Sinatra. 

E cosa importa, allora, se il Natale non è bianco, se l’orgia consumistica dilaga e gli uomini non sono poi così buoni come sarebbe bene che fossero. Bastano sette note per raccontare un’antica favola. L’incantesimo, ancora una volta, si ripete.

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