Interviste

Ron, 50 anni suonati con l’orchestra

Il cantautore pavese porta mezzo secolo di canzoni sul palco del suo tour estivo in compagnia della Ensemble Symphony: sabato 6 agosto in piazza Plebiscito a Solarino (Sr) e l’indomani in piazza Quasimodo a Gliaca di Piraino (Me). «“Piazza grande” nata a bordo di una nave tra Napoli e la Sicilia». «Fu Lucio Dalla a cambiarmi nome». «Ai giovani ripeto: la gavetta è sacrosanta ed è importante farla»

“Sono un figlio venuto al mondo per amore, / In un tempo, dove tutto era da fare / Niente social, monopattini o telefono…”. Si presenta così Ron in Sono un figlio, uno dei singoli che annunciano l’album in uscita il 29 settembre. A quei tempi non c’erano neanche i talent, e il giovane Rosalino Cellamare, come era stato registrato il 13 agosto 1953 all’Anagrafe del comune di Dorno (Pavia), verso la metà degli anni Sessanta partecipava a tutti i concorsi per voci nuove che si svolgevano nella Bassa Padana. «Avevo 10/11 anni, i miei genitori mi accompagnavano, capivano la mia passione per la musica e mi assecondavano. Sono stati fantastici!», ricorda con gioia. Rosalino interpretava le canzoni dei suoi idoli, La fisarmonicadi Gianni Morandi, 24mila baci di Adriano Celentano. «Ogni tanto vincevo, altre no. Poi, una sera, conobbi un discografico che era venuto in cerca di talenti. Un anno dopo mi portò a Roma per il primo provino e da lì cominciò la mia carriera».

Adesso c’è “Amici”, c’è “X Factor” e questo è molto vantaggioso. Vai in tv e in tre puntate diventi qualcuno. Se vinci raggiungi immediatamente il successo. Ci sono più facilitazioni in musica, rispetto ai miei tempi. Io, però, ai giovani ripeto: la gavetta è sacrosanta ed è importante farla

Ron

Oggi che di anni ne ha 68, Ron si guarda indietro per festeggiare (con un anno di ritardo, causa pandemia) una carriera lunga mezzo secolo. Cinquant’anni di canzoni che rivivono sul palco del suo tour estivo, che sabato 6 agosto lo portano in piazza Plebiscito a Solarino (Sr) e, l’indomani, domenica 7 agosto, in piazza Quasimodo a Gliaca di Piraino (Me). «Adesso c’è “Amici”, c’è “X Factor” e questo è molto vantaggioso», riprende. «Vai in tv e in tre puntate diventi qualcuno. Se vinci raggiungi immediatamente il successo. Ci sono più facilitazioni in musica, rispetto ai miei tempi. Io, però, ai giovani ripeto: la gavetta è sacrosanta ed è importante farla».

Di gavetta, Rosalino Cellamare, ne ha fatta tanta. Quando si recò a quel provino a Roma, nella sede della Rca, storica etichetta discografica, il suo Pigmalione gli parlò di un cantautore che voleva fargli sentire una canzone destinata a Sanremo. Quel cantautore era Lucio Dalla. L’incontro fu scioccante. «Lucio arrivò con quattro ore di ritardo, tanto che mio padre disse: “Torniamocene a casa”. Era in sedia a rotelle, tutto ingessato perché aveva avuto un incidente, gli uscivano solo barba e occhialetti. Nell’attesa si avvicinò Renato Zero, ancora non famoso, vestito leopardato. Io rincuorai mio padre: “Dai, non saranno tutti così”».

Rosalino Cellamare, in arte Ron, e Lucio Dalla

Lucio Dalla aveva scritto Occhi di ragazza e voleva affidarla a Rosalino Cellamare per presentarla al Festival di Sanremo 1970 in abbinamento con Sandie Shaw. «La canzone fu bocciata… Poi fu Gianni Morandi a trasformarla in successo», ricorda Ron. Che, tuttavia, a quella edizione del Festival partecipò lo stesso, in coppia con Nada, con Pa’ diglielo a ma’, brano scritto da Franco Migliacci e Jimmy Fontana, classificandosi al settimo posto. Fu il suo debutto.

La collaborazione con Lucio Dalla fu solo rinviata. Nel frattempo, il giovane Rosalino diventa Ron. «Fu Lucio un giorno a venire da me dicendomi: “Hai 16 anni, basta con Rosalino Cellamare. Poi invecchi, non puoi chiamarti così tutta la vita”. E Lucio, che trovava un soprannome a tutti, propose: “Chiamati Ron!”. Io opposi un po’ di resistenza: “Ma quale problema crea? Non sono d’accordo”. Il giorno dopo ero già Ron…».

Nel 1972 nasce Piazza Grande. «Eravamo a bordo della nave che da Napoli ci portava in Sicilia per una serie di concerti. Ricordo una giornata di sole d’agosto, avevo 18 anni. Si addormentarono tutti, presi la chitarra e mi venne in mente la musica di Piazza Grande. “Santi che pagano il mio pranzo non ce n’è / Sulle panchine in Piazza Grande”. Lucio si svegliò e aggiunse l’inciso: “A modo mio avrei bisogno di carezze anch’io / A modo mio avrei bisogno di sognare anch’io”».

È l’inizio di una meravigliosa avventura musicale, ricca di gemme come Joe TemerarioVorrei incontrarti fra cent’anni (canzone con cui vinse Sanremo nel 1996 in coppia con Tosca), AnimaE l’Italia che vaChissà se lo saiUna città per cantareAl centro della musicaAttenti al lupoCosa saràNon abbiam bisogno di parole, che dà anche il titolo al tour nel quale Ron rilegge tutti i suoi classici insieme a Giuseppe Tassoni al pianoforte e con il supporto della Ensemble Symphony Orchestra diretta dal Maestro Giacomo Loprieno (tra le orchestre più note nel nostro Paese grazie ai tanti progetti cui ha partecipato e agli artisti di fama internazionale con cui ha collaborato). «Le canzoni diventano non dico diverse, ma le sonorità assumono un’altra lettura», spiega. 

Alcuni anni fa lei ha scritto il libro di memorie Chissà se lo sai. Tutta una vita per cercare me. Dopo cinquant’anni (e qualcosa in più), ha trovato se stesso?

«Sto ancora cercando me stesso», ride. «L’età comunque mi aiuta. Più avanti vai con gli anni e più riesci a vedere i tuoi cambiamenti. Adesso, a poco a poco, comincio a capire chi sono».

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