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Rachele Andrioli, una voce ai confini del mondo

Ieri sera, all’Alkantara Fest, straordinaria esibizione dell’artista salentina, una delle più talentuose della nuova musica popolare italiana. Uno spettacolo coraggioso, nel quale lei è sola: tutta l’attenzione è concentrata sulla voce, sugli strumenti musicali via via utilizzati e sull’impiego sapiente dell’elettronica

“Leuca”, l’estremo lembo del Salento, dove finisce la terra e inizia il grande mare, è al centro dello spettacolo e fonte di ispirazione, è animo sospeso, luogo di partenza e di ritorno, dove il mare si fa madre e il sole custodisce misteri. “Leuca” è la parola chiave, il gesto che orienta, lo sguardo che mira dentro, una continua ricerca del germoglio nella terra, della conchiglia in un immenso mare. “Leuca” è il nuovo progetto di Rachele Andrioli, una delle artiste più straordinarie della scena della nuova musica popolare italiana. È un tributo alla musica popolare e al Mediterraneo, alle influenze più lontane e alla musica come unica bandiera.

Rachele Andrioli durante l’esibizione all’Alkantara Fest

“Leuca” è l’evoluzione dello spettacolo solista “ìSola” che la cantante ha portato sui palchi negli ultimi anni, dove la continua ricerca musicale arriva a una sintesi necessaria fra tradizione e innovazione. Quello di Rachele è un live coraggioso perché è in scena da sola. Tutta l’attenzione è concentrata sulla voce, sugli strumenti musicali via via utilizzati (tamburi, marranzano, chitarra, flauto armonico) e sull’impiego sapiente dell’elettronica (attraverso basi e loop station). Un repertorio originale, sintesi di tradizione e innovazione, accompagna il pubblico in un rituale ancestrale che ha una sua sede generatrice in un punto di finibus terrae: il Capo di Leuca, punto di partenza e ritorno delle storie cantate da Rachele. «Dove il mondo muore ho seminato la mia voce» dice in De Finibus Terrae, un canto appreso dal mare. «A Leuca ho avuto la percezione del tempo che scorre e della vita», spiega. «Ho compreso che non era una fine, ma una terra che piano piano stava crescendo». 

Lo spettacolo si basa sulla grande forza espressiva dell’artista e del suo repertorio e dimostra la sua grande efficacia sul palco “nu folk” molto intimo dell’Alkantara Fest, dove si è esibita ieri sera. Rachele non è una sirena. Non è bionda, tutt’altro. È Fimmana de mare, donna d’Oriente. «Essere una donna ai confini di una terra mi fa sentire come quando riesco a scorgere le montagne dell’Albania quando soffia il vento di tramontana. Essere una donna alla fine della terra per me significa respirare nel mare l’apertura verso il mondo». La sua voce è ruvida e dura come la scogliera di Santa Maria di Leuca, potente e tempestosa come il moto ondoso provocato dall’incontro fra due mari, l’Adriatico e lo Ionio. È fuoco potenza luce calore emozione. Affascina, avvolge, conquista, “fimmana de mare” e cantautrice, cantante e attrice. E la tensione, durante l’ora e passa dello spettacolo, non scema mai. Tutt’altro. Alla fine, è un trionfo. 

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