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“Primadonna”, la storia di Franca Viola è un film

Nelle sale dall’8 marzo l’opera prima della giovane regista Marta Savina ispirata dalla donna siciliana che rifiutò il matrimonio riparatore. Una vicenda che pose le basi a mutamenti che avverranno quasi due decenni dopo cambiando il ruolo e la percezione delle donne
Franca Viola

Erano i primi giorni del 1966 quando Franca Viola disse no. Non avrebbe cancellato la “vergogna” con un matrimonio riparatore. Le consuetudini e persino il codice penale lo suggerivano. Anzi lo imponevano.  Un “sì” e lei sarebbe tornata donna onorata e l’uomo che l’aveva rapita e costretta a fare sesso avrebbe estinto il reato. Franca, 17 anni da compiere pochi giorni dopo, ragazza di campagna e senza grilli ideali, si comporta in altro modo: denuncia e spedisce in galera chi l’ha stuprata. «Io non sono proprietà di nessuno», dice. «L’onore lo perde chi le fa certe cose non chi le subisce». Non era mai successo che una donna “disonorata” (non più vergine) rifiutasse di convolare a nozze con il suo violentatore. 

Siamo in un’Italia che sta cambiando, anche se Nord e Sud hanno passi diversi, e Franca sta per dare un forte colpo alla società siciliana. Non solo: la sua ribellione fa scalpore, smaschera per la prima volta la doppia violenza delle nozze riparatrici. E mette le basi a mutamenti che avverranno quasi due decenni dopo cambiando il ruolo e la percezione delle donne. Il caso diventa uno spartiacque nella storia italiana rispetto a matrimonio, comportamenti sessuali e politiche di genere. 

A metà dicembre del 1966, undici mesi dopo il rapimento, si celebra il processo a Trapani. La storia della ragazza di Alcamo diventa un caso nazionale. Per il rapitore e stupratore Filippo Melodia il pubblico ministero chiede 22 anni. Dopo sette ore di camera di consiglio Melodia è condannato a 11 anni. Gli vengono imputati la violenza carnale, la violenza privata, le lesioni, le minacce e il ratto a scopo di matrimonio. Ma la richiesta del pm è stata dimezzata perché, per l’ennesima volta, sono state considerate le differenze culturali tra il nord e il sud.  

Sull’esempio di Franca molte ragazze rifiutano le nozze riparatrici. Ma bisognerà aspettare ancora sedici anni perché  il matrimonio riparatore venga cancellato (insieme al delitto d’onore) dalla legge 442, del 5 agosto 1981, arrivata alla fine di un lungo percorso di cui fanno parte il referendum sul divorzio (1974), la riforma del diritto di famiglia (1975) e il referendum sull’aborto. Si dovrà attendere però il 1996 perché lo stupro venga considerato non più un reato «contro la morale» bensì un reato «contro la persona» (che è stata abusata).

La locandina del film

La storia di coraggio di Franca Viola è raccontata nel film Primadonna in uscita in occasione della Giornata delle donne dell’8 marzo. È l’opera prima della giovane regista Marta Savina, che dal 2014 lavora sulla vicenda di una donna diversa dalle altre, nella Sicilia degli anni Sessanta, già raccontata in un corto, Viola, Franca, con la stessa protagonista, Claudia Gusmano, di questo lungometraggio, che ha vinto la sezione Panorama Italia di Alice nella città, dopo essere stato presentato al London Film Festival.

«È iniziata così», racconta la regista. «Ma poi mi sono resa conto come diventasse la storia di tante donne che ogni giorno si battono per autodeterminarsi e da lì è nata Lia». Che è la protagonista del film. Lia ha 21 anni e va a lavorare la terra con il padre, anche se lei è “femmina” e dovrebbe stare a casa a prendersi cura delle faccende domestiche con la madre. Lia è bella, caparbia e riservata, ma sa il fatto suo. Il suo sguardo fiero e sfuggente attira le attenzioni del giovane Lorenzo Musicò, figlio del boss del paese. Quando lo rifiuta, l’ira di Lorenzo non tarda a scatenarsi e il ragazzo si prende con la forza quello che reputa di sua proprietà. Ma Lia fa ciò che nessuno si aspetterebbe mai: rifiuta il matrimonio riparatore e trascina Lorenzo, e i suoi complici, in tribunale.

Claudia Gusmano è l’attrice protagonista di “Primadonna”

«Non so più quanto ci sia di verità e quanto che ho aggiunto io, sono quasi dieci anni che impasto questo lievito madre, rinfrescato da tanto tempo da non riconoscerne più i confini», riprende Marta Savina. «L’idea di una rivoluzione silenziosa, senza necessità di alzare la voce, perché non tutte sono capace di farlo, partendo da un gesto apparentemente piccolo. Ho messo qualcosa di me e delle persone che ho conosciuto».

Ha vissuto un coinvolgimento totale, Claudia Gusmano. «Per me è stata un’emozione enorme interpretare questo ruolo», ha detto. «Avendo lavorato già con Marta, sapevo che non avrei potuto mai fingere. Mi sono rimasti impressi gli occhi di alcune ragazze che mi hanno fermato dopo la proiezione ad Alice nella città. Una in particolare, mi ha abbracciata fortissimo e mi detto che aveva sentito quello che avevo sentito io. Non ho cercato il personaggio 50 anni fa, ma nella mia vita di tutti i giorni, e credetemi che ne ho trovato ogni sfumatura fra le persone che ho incontrato. È molto contemporanea, a quel punto il lavoro per me era una missione». 

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