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Pollock nel piatto, un risotto free jazz

– Il tradizionale riso alla pescatora trasformato dallo chef modicano Lorenzo Ruta in un’opera d’arte. Un capolavoro di colori, sapori e profumi
– Il piatto è ispirato al quadro “Numero 8” dell’inventore dell’action painting, con la stessa libertà creativa dello stile musicale anni Sessanta

Si dice che un piatto si mangia due volte: la prima con gli occhi, la seconda con la bocca. Non a caso l’impiattamento, ovvero l’arte di disporre il cibo nel piatto, è un aspetto cruciale della cucina che trasforma un semplice pasto in un’esperienza estetica. Non si tratta solo di mettere insieme ingredienti, ma di creare un’opera d’arte che possa suscitare emozioni e raccontare una storia attraverso forme, colori e texture. In un’epoca in cui il cibo viene spesso fotografato e condiviso sui social media, l’impiattamento è diventato una competenza sempre più importante per chef e appassionati di cucina. 

L’arte dell’impiattamento è profondamente influenzata dalle tradizioni culinarie. Nella cucina giapponese, ad esempio, l’assetto di una portata segue principi estetici ben definiti, come l’armonia dei colori e delle forme, che riflettono la filosofia zen. Ogni elemento nel piatto è posizionato con cura per creare un equilibrio visivo, che è considerato importante quanto il sapore del cibo stesso.

Tagliolini con alici, crema di tenerumi, limone e pane tostato

Nella cucina occidentale, invece, si è passati da presentazioni più rustiche e abbondanti a stili minimalisti e sofisticati, dove pochi ingredienti, ben disposti, creano un effetto di grande eleganza. La Nouvelle Cuisine degli anni Sessanta e Settanta ha dato il via a questa tendenza, enfatizzando la leggerezza, la freschezza e l’importanza della presentazione.

L’impiattamento è molto più che una semplice estetica: è un linguaggio visivo che comunica l’essenza del piatto e la passione di chi lo ha preparato. È un’arte che richiede sensibilità, tecnica e una profonda comprensione dei principi estetici e psicologici. In un mondo in cui l’occhio vuole sempre più la sua parte, l’arte dell’impiattare continua a evolversi, trasformando ogni pasto in un’opera d’arte da gustare prima con gli occhi, poi con il palato. 

L’esterno del ristorante di Lorenzo Ruta

È il caso del risotto che è diventato il simbolo della cucina del modicano Lorenzo Ruta, chef “tellurico” come si definisce. Un classico risotto di mare ma ispirato a Jackson Pollock: in particolare, al quadro “Numero 8” del 1949. Se l’artista che inventò l’action painting realizzare le sue tele spruzzando o gocciolando la vernice in piena libertà, sullo stile di quanto faceva in musica il free jazz, allo stesso modo lo chef siciliano si libera dalle restrizioni e dai vincoli della forma e gioca con il contenuto come una tavolozza di colori. 

Il risultato è un’opera d’arte, colorata e profumata, che richiama direttamente il quadro “Numero 8”: è dominato dai verdi, con il nero, il giallo e la ruggine realizzati con salsa di prezzemolo, nero di seppia, salsa di pesce allo zafferano, salsa ai ricci ed estratto di gambero. Il profumo e il primo contatto con la bocca sprigionano tutti i sapori del mare. Il risotto alla giusta cottura e qualche gamberetto “immerso” in questo morbido oceano di sapori arricchiscono l’esperienza gustativa. È la rivoluzione del risotto di mare o alla pescatora, che diventa un piatto elegante, artistico, seducente, intrigante, musicale: un capolavoro. Che si resta a guardare meravigliati, quasi esitando ad affondare la forchetta o il cucchiaio che avrebbe rimescolato quella tavolozza di colori. 

Un piatto che affonda le sue radici nella tradizione piemontese dei risotti, appresa da Ruta durante il periodo di formazione a Torino ed elaborata in modo originale e personale inglobando le suggestioni del territorio siciliano. Con le radici saldamente legate al territorio modicano, alla sua ricchezza culturale e alle materie prime d’eccellenza che esso offre, la cucina di Lorenzo Ruta esplora i confini e valica i limiti geografici, alla ricerca di connessioni inedite. Partire dal territorio per dialogare con il resto del mondo è la filosofia dello chef modicano.

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