Storia

Pippo Balistreri, il recordman di Sanremo

«Vi racconto i retroscena del Festival». Palermitano di Aspra (oggi frazione del Comune di Bagheria), da 41 edizioni è direttore di palco all’Ariston
– «Ho rifiutato l’edizione del 2001 con Raffaella Carrà perché non mi piacevano alcuni personaggi del suo entourage»
 – I ricordi, gli aneddoti. «La prima volta che arrivò Brian May pensava di suonare dal vivo». «Non è vero che Baudo sapeva già quello che sarebbe successo, ebbe soltanto un grande self control nel caso di Pagano»
– «Spesso i giovani al primo impatto sono impauriti, hanno bisogno di essere rassicurati. Non è facile entrare, cantare: io consiglio di prendere un grande respiro, gli faccio un complimento, li aiuto psicologicamente»

Nel 1981 Claudio Cecchetto presentava il suo secondo Festival di Sanremo, il numero XXI, accanto a Eleonora Vallone e Nilla Pizzi. In gara Alice, che quel Festival l’avrebbe vinto con Per Elisa, Loretta Goggi seconda con Maledetta Primavera e un talentuoso Edoardo De Crescenzo che all’Ariston portava la struggente Ancora. Dietro le quinte, invece, calcava per la prima volta quel palco il trentunenne Pippo Balistreri. Palermitano di Aspra (oggi frazione del Comune di Bagheria), Balistreri, dopo aver vinto un premio nazionale dedicato ai deejay, approdò all’Ariston come assistente di Luigi Mocchi, l’allora direttore di palco dell’organizzazione curata da Gianni Ravera. «Conoscevo bene l’inglese e mi chiamarono, in particolare, per dare assistenza agli ospiti. L’anno dopo, a causa della morte di Mocchi, diventai direttore di palco e da allora a oggi ho saltato soltanto tre Festival: quelli del 1990 (condotto da Johnny Dorelli e Gabriella Carlucci, ndr) e del 1991 (affidato ad Andrea Occhipinti ed Edwige Fenech) che coincisero con il passaggio dell’organizzazione ad Adriano Aragozzini che non mi conosceva bene e quello del 2001 con Raffaella Carrà che rifiutai perché non mi piacevano alcuni personaggi del suo entourage», racconta Balistreri che domenica ha concluso il suo Festival della canzone italiana numero 41.

Pippo Baudo, dopo aver fatto scendere Giuseppe Pagano dalla balconata, lo portò in camerino, gli disse di non preoccuparsi. Lui cominciò a raccontare dei suoi problemi e che non guadagnava una lira. Così Pippo chiese a tutti noi di anticipargli quello che avevamo in portafoglio, io avevo trecentomila lire che tirai fuori e che ancora sto aspettando

Pippo Balistreri

GLI ANEDDOTI. In quarantuno anni Pippo Balistreri ha visto passare conduttori, cantanti, ospiti, contestatori e aspiranti suicidi. Come quella volta nel 1995 quando Pippo Baudo si trovò a dover far scendere dalla balconata l’operaio Giuseppe Pagano che minacciava di buttarsi di sotto. «Non è vero che Baudo sapeva già quello che sarebbe successo, ebbe soltanto un grande self control», ricorda. «Dopo averlo fatto scendere lo portò in camerino, gli disse di non preoccuparsi. Lui cominciò a raccontare dei suoi problemi e che non guadagnava una lira. Così Pippo chiese a tutti noi di anticipargli quello che avevamo in portafoglio, io avevo trecentomila lire che tirai fuori e che ancora sto aspettando». 

Spesso i cantanti hanno anche bisogno di essere sostenuti. Come accadde a Loretta Goggi nel 1981, primo Festival di Balistreri. «De Crescenzo aveva appena cantato Ancora e lei, dopo quella esibizione, non voleva uscire sul palco e dovetti convincerla», racconta. Alle foto che girano sul web che lo ritraggono con concorrenti, come Simone Cristicchi, che lo ringraziano, Balistreri non dà peso. «Spesso i giovani al primo impatto con l’Ariston sono impauriti, hanno bisogno di essere rassicurati. Non è facile entrare, cantare: io consiglio di prendere un grande respiro, gli faccio un complimento, li aiuto psicologicamente», liquida. E dissente anche da Roberto Bolle che, ricordando la sua partecipazione da ospite nel 2016, ha detto che il palco dell’Ariston mette paura solo per la concitazione che si respira dietro le quinte. «Più che la concitazione, il problema è che gli scenografi ingrandiscono sempre di più la scena e rimpiccioliscono gli spazi interni nei quali si ammucchiano cantanti, discografici, personale di sicurezza, pompieri».

L’assessore al Turismo di Sanremo consegna a Pippo Balistreri il premio “Città di Sanremo” come decano del Festival

CELENTANO E CLAUDIO VILLA. Ad Adriano Celentano è legata la richiesta più complicata. Festival 2012, ospite il Molleggiato. «Ci chiese di poter cambiare venticinque elementi dell’orchestra con altrettanti suoi musicisti. Dopo aver riflettuto si decide di acconsentire facendo la sostituzione approfittando dei cinque minuti di stacco pubblicitario», racconta. «Lui, però, tardò ad arrivare e qualcuno cominciò ad avanzare l’idea di fare entrare un giovane in gara. Ma non sarebbe stato possibile, il cambio era già iniziato, quindi sarebbe stata l’unica possibilità. Quello è stato il più grande panico della mia vita», ammette il direttore di palco. 

Balistreri era presente anche in occasione dell’ultima partecipazione in gara di Claudio Villa nel 1982. «Quell’anno accettò di partecipare nel gruppo a rischio eliminazione, ma non accettò il verdetto che lo mise fuori gara e denunciò l’organizzazione».

LE SODDISFAZIONI. «Con me sono sempre tutti molto gentili, io per quanto mi riguarda sono altrettanto gentile e professionale con tutti, senza differenza alcuna», sottolinea. «Sono piccole cose, ma le mie soddisfazioni più grandi arrivano quando un ospite internazionale mi riconosce, mi chiama per nome e mi saluta cordialmente», continua. 

Lo stile, e la riservatezza fanno parte del Dna di Pippo Balistreri. «Tutti mi chiedono chi sono stati gli ospiti più antipatici, ma non amo fare classifiche. La verità è qualcuno non sa neanche che deve cantare al Festival di Sanremo, o non sa cosa sia. La prima volta che arrivò Brian May pensava di suonare dal vivo; la seconda volta mi fece la battuta ricordandosi si me». 

Un’altra soddisfazione è legata alla messa in onda del Festival. «Bisogna ricordare che forse è l’unica grande manifestazione al mondo dal vivo che prevede cinque serate di fila in diretta, è davvero un grande impegno».

Pippo Balistreri e Pippo Baudo

Quello che faccio quando si è spenta l’ultima luce, è andare al ristorante e ordinare la cena. L’ultima serata per noi è una tragedia. S’inizia la mattina per finire oltre le tre di notte. Spesso non si riesce a bere o a mangiare. Quindi comincio subito con una Coca Cola fredda o uno scotch con ghiaccio

Con Fiorello
Pippo Balistreri

I CONDUTTORI. «Non ho mai avuto problemi con nessuno di loro, mi son comportato sempre alla stessa maniera. Penso che mi vogliano tutti bene. Il lavoro si svolge sempre in un clima di grande amicizia, riunione dopo riunione», spiega. «Il Festival è un programma molto scritto, a far scattare l’agitazione può essere solo l’imprevisto».

E poi c’è Pippo Baudo, un altro siciliano con tredici Festival sulle spalle dal 1968 al 2008. «È la persona con cui ho lavorato di più lontano dall’Ariston – ammette -. Professionalmente è maniacalmente preciso, finito il lavoro è una persona che ride, scherza e si diverte».

SANREMO NEL CUORE. «Amo Sanremo, sono contento di esserci. Mi piace rivedere amici e discografici, ogni anno è una bella rimpatriata: i musicisti, i maestri. Ogni anno si rinnova la tradizione di una grande festa organizzata la sera prima che cominci il Festival, un happening in cui tutti vengono a suonare e passano tutti quelli che girano intorno alla manifestazione. Una sorta di pre-Sanremo», rivela Balistreri. 

E dopo? «Quello che faccio quando si è spenta l’ultima luce, è andare al ristorante e ordinare la cena. L’ultima serata per noi è una tragedia», conclude. «S’inizia la mattina per finire oltre le tre di notte. Spesso non si riesce a bere o a mangiare. Quindi comincio subito con una Coca Cola fredda o uno scotch con ghiaccio».

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