– Prima tappa ieri a Cardiff dell’attesissimo tour della reunion. Liam e Noel Gallagher sono saliti sul palco mano nella mano, ma poi hanno mantenuto le distanze, senza mai guardarsi, pur interagendo in alcuni duetti. «È fatta, non si torna indietro ora», ha tuttavia rassicurato il chitarrista
– Una scaletta dal suono datato, con oltre venti canzoni ha ripercorso la storia dei grandi successi della band di Manchester. Il gruppo di supporto dei Cast ha dedicato la ballata “Walkaway” al calciatore del Liverpool Diogo Jota morto giovedì in un incidente stradale, ricordato anche dagli Oasis
«La band suona come una un’enorme bomba. È fatta, non si torna indietro ora». Con queste parole Noel Gallagher ha voluto rassicurare gli scettici, prima di salire sul palco del Principality Stadium di Cardiff, dove ieri sera è ripartita la storia degli Oasis, e prima che Liam attaccasse Hello e il suo ritornello: «È bello essere tornati». Il brano ideale per ripresentarsi dopo sedici lunghi anni di assenza conditi da insulti, minacce, litigi e botte.
Dopo un montaggio di titoli sui fratelli in lotta Noel e Liam Gallagher, concluso con le parole «the guns have fallen silent» (“le armi sono rimaste zitte”), i fratelli terribili sono saliti sul palco uno di fianco all’altro alzando le braccia, mano nella mano, con i 70mila spettatori in visibilio. Sul palco, però, i due hanno mantenuto le distanze, non si sono nemmeno guardati, pur stando a due metri di distanza l’uno dall’altro. Noel martellava la chitarra, mentre Liam, vestito con un parka, ringhiava al microfono. È una tregua armata, piuttosto che una pace vera e propria. D’altronde, Noel e Liam sono consapevoli che, secondo una clausola presente nel contratto stipulato con gli organizzatori, riceveranno i soldi (circa 60 milioni di euro a testa) solamente al termine delle esibizioni.
La scaletta

Dopo la salva di apertura, gli Oasis hanno proseguito con una serie di brani preferiti dai fan, tra cui Acquiesce, pubblicato per la prima volta come lato B del loro primo singolo numero uno nel Regno Unito, Some Might Say. Entrambi i fratelli hanno cantato insieme, per seppellire l’ascia di guerra: «Abbiamo bisogno l’uno dell’altro». E poi ancora il frontman, scatenato, ha commosso il pubblico sottolineando: «È passato troppo tempo». Per ripartire subito con la mega hit del 1995, Morning Glory. Ironizzando con i fan, stringendo il tamburello, Liam li ha spronati a lasciarsi andare alla musica: «Vedo che siete ancora tutti incollati laggiù!». Per poi lanciarsi in Cigarettes and Alcohol. «Abbracciatevi come se vi amaste», ha detto.
Il bis inizia con Liam ancora fuori dal palco, Noel esegue The Masterplan con «il nostro quattordicesimo batterista, il signor Joey Waronker, e questa fottuta leggenda di uber qui, Bonehead. Questo è per tutte le persone sui 20 anni che non ci hanno mai visto prima che ci hanno tenuto sexy negli ultimi vent’anni». Un suono datato, tuttavia quello degli Oasis, fermo agli anni Novanta, senza alcuna sorpresa o accenni di variazioni. Una band ferma al loro tempo, agli anni Novanta, e per questo motivo il concerto ha un sapore nostalgico per i fan. Monotono e ripetitivo, invece, per chi non si è mai lasciato sedurre dalla musica della band di Manchester.
La reunion è stata all’insegna di una formazione allargata, quasi una superband, con i Gallagher affiancati dal membro originale degli Oasis, Paul “Bonehead” Arthurs, così come Gem Archer e Andy Bell, entrambi entrati a far parte del gruppo nel 1999 e rimasti nella formazione fino allo scioglimento del 2009. Con loro Joey Waronker, già batterista di Rem e Beck, e Jess Greenfield, che fa parte del progetto parallelo di Noel, The High Flying Birds.
In totale, ventitré canzoni con la chiusura top tra Don’t Look Back in Anger, Wonderwall e Champagne Supernova. Don’t Look Back in Anger è ghirlandata di api in giallo sulle immagini – un cenno all’icona di Manchester e a come la canzone è stata presa come un inno dai red devils. In Wonderwall un altro momento davvero chiaro di interazione vocale tra loro, Liam che fa «maybee» e Noel che replica «sarai tu quello che mi salverà». Ma l’abbraccio finale non c’è. Liam ci saluta. Champagne Supernova per tutti.
La cornice

A riscaldare la folla, prima degli Oasis, ci sono stati due “live” dell’era Britpop: i Cast, la band di Liverpool – che ha dedicato la ballata Walkaway al calciatore del Liverpool Diogo Jota, morto in un incidente d’auto giovedì, ricordato più tardi anche dagli Oasis durante l’esecuzione di Live Forever – e l’ex frontman dei Verve Richard Ashcroft, la cui commovente canzone The Drugs Don’t Work ha portato i fan in un’atmosfera anni Novanta, anche se lo spirito della Cool Britannia, con la sua spensieratezza, è molto lontano nei tempi d’incertezza che il Regno Unito, fuori dall’Unione europea, sta vivendo.
All’inizio della giornata, decine di migliaia di fan degli Oasis avevano invaso le strade di Cardiff in attesa che i rocker dell’era Britpop dessero il via a un tour di reunion atteso con ansia. Fan venuti da ogni parte del mondo, sin dall’Argentina per assistere all’evento e disposti a pagare 70 sterline (80 euro) una felpa blu ispirata a “What’s The Story (Morning Glory)” o 40 sterline (46 euro) le magliette con la stampa “Live ‘25”, o ancora cappelli a secchiello con marchio Oasis a 48 sterline ciascuno.
Sarà un successo?
Sarà un successo? Probabilmente. Forse. Le previsioni sono difficili quando si tratta dei Gallagher, dei fratelli serpente che danno agli Oasis carisma e una chimica volatile. «Questa è una delle attrazioni di Oasis: portano questo elemento di rischio», ha commentato l’autore e giornalista musicale John Aizlewood.
A meno che la relazione incandescente fra i due fratelli non faccia deragliare il progetto, le due notti al Principality Stadium di Cardiff con 70mila spettatori venerdì e sabato alzano il sipario su un tour Live ’25 di 19 date nel Regno Unito e in Irlanda. Poi la band si trasferirà in Nord America, Sud America, Asia e Australia, per terminare a San Paolo il 23 novembre. Ma non è detto che si prosegua anche nel 2026.