Interviste

Michele Lobaccaro: io e Battiato sul monte sacro

– Esce “Navigazioni intorno al Monte Analogo”, l’album solista del Radiodervish amico e collaboratore del Maestro di Milo. «Lui mi consigliò di leggere il romanzo di René Daumal sul quale ho costruito nove canzoni»
–  Un raro gioiello che mira dritto al cuore, perché da lì parte, e solletica la mente. Un disco che si libera delle gabbie del mercato o del «capitalismo reale» per ricercare l’autenticità
– «Assistiamo a una forma di desacralizzazione: tutto è ridotto a qualcosa di banale, materiale. E uno degli aspetti è la digitalizzazione della realtà». L’artista va alla ricerca dell’uomo analogico
– Canzone d’autore e world music, Occidente e Oriente s’incontrano e dialogano in un lavoro che risente delle influenze di Battiato. Fra gli ospiti, Juri Camisasca, Nabil Salameh e Giancarlo Parisi

Ascoltando l’album Navigazioni intorno al Monte Analogo si provano sensazioni contrastanti. Da una parte, leggerezza, serenità, beatitudine, estasi. Dall’altra amarezza e rabbia. Amarezza e rabbia perché un lavoro superlativo come questo del Radiodervish Michele Lobaccaro difficilmente troverà la visibilità che merita nell’inflazionato e omologato panorama musicale italiano. E sarà un’impresa titanica per il suono delicato e raffinato delle nove tracce che lo compongono farsi ascoltare nell’imminente frastuono della giostra sanremese. 

Spero di sbagliarmi e di essere smentito, perché il lavoro del musicista pugliese è davvero un piccolo capolavoro, speziato, emozionante, poetico, colto, profondo. Un raro gioiello che mira dritto al cuore, perché da lì parte, e solletica la mente. Un disco che si libera dalle gabbie del mercato o del «capitalismo reale», come lo definisce l’artista, per ricercare l’originalità.

Navigazioni intorno al Monte Analogo si colloca tra la migliore canzone d’autore con richiami alla purezza della world music. Evidenti i riferimenti a Franco Battiato, del quale Michele Lobaccaro è stato fan, amico e collaboratore.

La copertina dell’album

«Sono stato da sempre un ammiratore di Franco Battiato, che sicuramente è stato un artista che ha dato un significato e, per certi versi, ha anche sconvolto la musica cantautorale italiana, e non lo dico io, ma è oramai nei libri di storia perché ha portato una sensibilità, una spiritualità e uno stile meno provinciale, più internazionale e più interculturale, nei temi e nelle musiche», racconta Lobaccaro. «E poi, quando ho cominciato anch’io a fare musica prima con il progetto Al Darawish e poi Radiodervish, lui è stato uno dei punti di riferimento. Il nostro progetto-laboratorio era molto legato all’incontro fra culture, tra me e il cantante Nabil Salameh (di origini palestinesi, nda), tra Oriente e Occidente, e il riferimento più immediato in Italia era sicuramente Franco Battiato. Da questo è nata piano piano una amicizia, lui ha apprezzato il nostro lavoro e sono cominciate anche alcune collaborazioni: Nabil è stato in tour con lui, io l’ho avuto come ospite sul mio lavoro precedente, l’Agnus Dei; ha prodotto un nostro disco ed ha partecipato a un video per una nostra canzone».

Le frequentazioni con il Maestro di Milo si avvertono non solo nella ricerca musicale e culturale, ma anche in quella spirituale. E come rivela Michele Lobaccaro l’ispirazione di questo album è frutto del forte legame con Battiato. «Era stato proprio Franco a segnalarmi il libro Monte Analogo. Infatti, questo lavoro nasce una ventina di anni fa e deriva dalla fascinazione per questo romanzo incompiuto di René Daumal, scritto negli anni Quaranta, ma che, secondo me si dimostra attuale ancora oggi». 

IL LIBRO
Un gruppo di singolari ed esperti alpinisti, certi dell’esistenza, in qualche parte del globo, di una montagna la cui vetta è più alta di tutte le vette, decide un giorno di partire per tentare di scoprirla e darne la scalata. Dopo una navigazione «non euclidea», a bordo di un’imbarcazione chiamata l’Impossibile, gli esploratori approdano nell’isola-continente del Monte Analogo, dove trovano una popolazione che discende da uomini di tutti i tempi e che vive soltanto nella speranza di scalare la vetta. Dopo un breve soggiorno nel villaggio di Porto-delle-Scimmie, il gruppo dei nostri alpinisti intraprende l’ascensione e arriva al primo campo base. Qui il racconto s’interrompe. Siamo soltanto all’inizio di un viaggio – forse continuamente all’inizio – quando la morte coglie Daumal, impedendogli di scrivere il seguito della scalata al monte simbolico che unisce Cielo e Terra

Il libro racconta di un viaggio surreale di un gruppo di singolari ed esperti alpinisti, certi dell’esistenza, in qualche parte del globo, di una montagna la cui vetta è più alta di tutte le altre. Decidono di partire per tentare di scoprirla e darne la scalata. Dopo una navigazione “non euclidea”, a bordo di un’imbarcazione chiamata l’Impossibile, gli esploratori approdano nell’isola-continente del Monte Analogo, dove trovano una popolazione che discende da uomini di tutti i tempi e che vive soltanto nella speranza di scalare la vetta. Dopo un breve soggiorno nel villaggio di Porto-delle-Scimmie, il gruppo di alpinisti intraprende l’ascensione e arriva al primo campo base. Qui il racconto s’interrompe. Siamo soltanto all’inizio di un viaggio – forse continuamente all’inizio – quando la morte coglie Daumal, impedendogli di scrivere il seguito della scalata al monte simbolico che unisce Cielo e Terra. 

Il Monte Analogo, che ha ispirato anche il film La Montagna Sacra di Alejandro Jodorowsky, rappresenta la via per elevarsi alla divinità. Nell’idea di Lobaccaro, anche per fuggire dal “delirio capitalista”, come canta in Succederà, che tende a ridurre l’uomo in schiavitù, prigioniero di numeri e algoritmi.

«Parlando di “realismo capitalista”, una delle componenti è la desacralizzazione: tutto è ridotto a qualcosa di banale, di materiale, ogni cosa è vista sotto l’influenza dell’economia, secondo un modello economico unico, che è appunto quello capitalista, neoliberista, e non c’è più spazio per qualcosa che sfugga a questa tecnocrazia, dove tutto è possibile, manipolabile, controllabile», spiega l’autore. «In questo senso l’idea del viaggio alla ricerca di uno spazio sacro, non ancora contaminato, ci è offerta da questo romanzo. René Daumal scrive che tutte le montagne sacre sono state conquistate, non c’è più una vetta da violare, però questo non ha esaurito il bisogno di sacro che c’è nell’uomo. Quindi, deve esistere una montagna sacra che noi non conosciamo e che dobbiamo andare a scoprire. E la montagna sacra è il Monte Analogo. Da lì parte il viaggio dei protagonisti di questo romanzo, al quale è ispirato il mio disco».

La montagna sacra ancora non è stata violata e il viaggio continua. E si estende alla vita odierna, alla società digitale e digitalizzata, della quale Michele Lobaccaro invita a coglierne, oltre agli aspetti positivi, anche quelli pericolosamente totalizzanti e riduzionistici dell’elemento umano e spirituale.

«Una forma di desacralizzazione contemporanea è quella della digitalizzazione della realtà. Ci sono molti aspetti positivi nella tecnologia, ma un atteggiamento di totale appiattimento sulla riproducibilità della realtà attraverso dei numeri o l’intelligenza artificiale, che rischia di trasformare l’uomo in un inutile orpello, può trasformarla in uno strumento che in mani sbagliate può diventare totalizzante e spegnere la fiamma viva, spirituale, che rappresenta l’uomo, quindi quel carattere irriducibile ed analogico che l’uomo ha sempre dentro di sé. Si tende a ingabbiare l’essere umano e a trasformarlo in anime il cui contenuto è digitalizzabile, estraibile e quindi manipolabile. In fondo i social sono forme di raccolte di dati per conoscere la psicologia umana, controllarla e influenzarla. Ci fanno piombare in una prigione asfissiante. E il “realismo capitalista” ci viene presentato come unica e possibile realtà».

D’altronde il realismo socialista o marxista ha fallito e l’utopica “terza via” nessuno l’ha individuata. Potrebbe essere quella del Monte Analogo?

«È difficile ma non impossibile trovare una alternativa. È la famosa frase coniata da Margareth Thatcher, “There is no alternative”: non c’è alternativa a questo sistema economico, culturale, di pensiero unico. L’immaginario Monte Analogo significa mettersi su un altro piano di realtà e cercare vie di liberazione. In questo senso il romanzo è una metafora che ci può parlare ancora e per tale motivo ho scritto queste nove canzoni che si ispirano a questo immaginario molto reale, più reale del realismo capitalista».

Dall’inizio alla fine, non cade mai l’attenzione durante l’ascolto dell’album. Ogni canzone splende di struggente bellezza, toccando le corde dell’anima. Sfera e Tetraedro, fra pop e Sol Levante, è un capolavoro. E piacerebbe anche a noi raggiungere gli Uomini Cavi, “un’esperienza bellissima”.

«Nel fare questo lavoro, per ogni argomento mi sono confrontato con tanti musicisti, esperti, ed ho fatto diverse sperimentazioni. È stata importante anche l’esperienza che ho avuto con alcuni pazienti di un centro di salute mentale, con i quali abbiamo condiviso riflessioni sul Monte Analogo, cosa rappresentasse per loro. E lì, parlando degli “uomini cavi”, è venuta l’idea di esseri umani che sono riusciti a trovare dentro di sé uno spazio vuoto che riesce ad accogliere la novità. Non sono pieni di pregiudizi o costrutti, che nella vita possono essere anche utili se riesci a relativizzarli. Gli Uomini Cavi è comunque un mito che viene raccontato nel romanzo. Queste canzoni sono anche un invito ad approfondire questa lettura».

Come Radiodervish abbiamo fatto sempre dell’incontro fra Occidente e Oriente la cifra delle nostre composizioni. Noi abbiamo più un accento da cantautorato e quindi l’importanza dei testi. Ma la musica d’autore è comune a tante culture. E questo tipo di lavoro ci differenzia da certa world music che invece tende ad appiattirsi e a subire l’influenza della musica occidentale, a farsi colonizzare. Da Tokyo a Dubai ormai si trova un paesaggio unificato e impoverito, uniformizzato ai modelli del consumismo. Lo stesso è accaduto nel panorama della world music, che ha perso autenticità. Questo disco è anche la ricerca di qualcosa di autentico

I Radiodervish
Michele Lobaccaro

Dal punto di vista musicale, le canzoni proseguono il progetto dei Radiodervish, un dialogo fra Occidente e Oriente, fra la canzone d’autore e sonorità world che spaziano dal Medio Oriente al Giappone. In Sogol interviene il suo compagno d’avventura inserendo un canto arabo, mentre il messinese Giancarlo Parisi cura i fiati. 

«Anche Sogol racconta un momento del romanzo, quando il protagonista incontra questo signor Sogol che è una sorta di Leonardo da Vinci dei nostri tempi arrivato ai massimi della conoscenza, infatti il testo è un elenco di queste informazioni. Ma “Sogol” è esattamente il contrario di “Logos”: quindi è colui che, ai vertici della scienza, del Logos, per andare avanti deve invertire la rotta, deve creare qualcosa di nuovo. E, ragionando in maniera analogica, arriva a scoprire dove si trova il Monte Analogo e diventa il capo della spedizione. Nabil in arabo canta i titoli dei libri e i nomi degli autori, filosofi e mistici, dell’epoca d’oro dell’Islam, fra il 1100 e il 1400. In questo album è lo stesso romanzo a gettare un ponte fra Oriente e Occidente, tra l’altro lo stesso René Daumal era un conoscitore del sanscrito. E poi noi come Radiodervish abbiamo fatto sempre dell’incontro fra Occidente e Oriente la cifra delle nostre composizioni. Noi abbiamo più un accento da cantautorato e quindi l’importanza dei testi. Ma la musica d’autore è comune a tante culture. E questo tipo di lavoro ci differenzia da certa world music che invece tende ad appiattirsi e a subire l’influenza della musica occidentale, a farsi colonizzare. Da Tokyo a Dubai ormai si trova un paesaggio unificato e impoverito, uniformizzato ai modelli del consumismo. Lo stesso è accaduto nel panorama della world music, che ha perso autenticità. Questo disco è anche la ricerca di qualcosa di autentico».

I nuovi capitani… Io penso che debbano essere legati al lavoro su di noi, che non significa un lavoro individualista e isolato. Di “capitani fantoccio”, di “fantocci capitani” se ne creano in continuazione, dagli influencer ai politici, e la gente se ne sta accorgendo tant’è che sempre meno persone vanno a votare. Nel brano cantato da Juri io dico: “Nuovi capitani disegnati su mappe che il mare non finisce, che solo il cuore conosce”. Devi partire dal cuore. Che non è una cosa romantica: partire dall’intelligenza del cuore

Michele Lobaccaro (foto Ferdinando Bassi)
Michele Lobaccaro

Nel brano di chiusura, I Giorni Che Verranno, Juri Camisasca, ospite dell’album, accenna a “nuovi capitani”. Il vostro amico comune, però, in Povera patria cantava: “la primavera intanto tarda ad arrivare…”. Chi sono, sempre se ci siano, questi “nuovi capitani”?

«Bisogna cominciare a essere maestri di se stessi, lavorare su di noi, prendere la giusta distanza dalla realtà. Attraverso la meditazione ci si può sottrarre alla macchina del tempo. I nuovi capitani… Io penso che debbano essere legati al lavoro su di noi, che non significa un lavoro individualista e isolato. Di “capitani fantoccio”, di “fantocci capitani” se ne creano in continuazione, dagli influencer ai politici, e la gente se ne sta accorgendo tant’è che sempre meno persone vanno a votare. Nel brano cantato da Juri io dico: “Nuovi capitani disegnati su mappe che il mare non finisce, che solo il cuore conosce”. Devi partire dal cuore. Che non è una cosa romantica: partire dall’intelligenza del cuore».

E dall’intelligenza del cuore, oltre che da una lunga ricerca, nasce Navigazioni intorno al Monte Analogo, un album analogico che si sottrae alle leggi del mercato per cercare di ritrovare quella autenticità che è diventata una rarità.

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