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Leo Gassmann, da Sanremo alla fiction

Il vincitore delle “Nuove Propostenel 2020 debutta come attore nel biopic su Califano: «Da ora musica e recitazione saranno binari paralleli»
– In onda domenica 11 febbraio su Rai1, la storia punta molto sulla galera, vera e simbolica, che imprigionò l’autore di “Tutto il resto è noia”

«Ho promesso a mio padre che sarei diventato un uomo libero e così ho fatto. A furia di cercare la libertà, sono passato sempre da un carcere a un altro». Comincia con un arresto il biopic che la Rai dedica a Franco Califano, il cantautore dalla vita molto spericolata che sognava di essere libero e disdegnava la normalità. Sin dalla nascita la sua vita fu originale visto che la madre Jolanda lo partorì fra le poltroncine di un aereo che sorvolava la Libia dove la famiglia aveva seguito il padre Salvatore, soldato dell’esercito italiano a Tripoli. Il giovane Franco mantenne la promessa fatta al padre che morì prematuramente: cercare la libertà. Il film tv interpretato da Leo Gassmann al suo debutto da attore, andrà in onda domenica 11 febbraio, la sera dopo la finale di Sanremo, su Rai1.

Califano è un biopic basato sul libro Senza manette che l’uomo di Tutto il resto è noia aveva scritto con Pierluigi Diaco: diretto da Alessandro Angelini, punta molto sulla galera, vera e simbolica, che imprigionò il cantautore.

In alto, Franco Califano, il cantautore romano scomparso nel 2013. Sotto, Leo Gassmann nelle vesti dell’autore di “Tutto il resto è noia”, come si è presentato a Sanremo quest’anno per promuovere la fiction di Rai1

S’inizia dal 1984 quando il Califfo viene arrestato per spaccio nell’ambito di un maxi-blitz contro gli affiliati alla Nuova Camorra Organizzata di Raffaele Cutolo e poi assolto, ma dopo, torna indietro e si concentra sulla vita del giovane poeta Califano che, pur con genitori campani e un’infanzia tra Amalfi e Pagani, si sente a casa a Roma, sino a diventarne un simbolo verace.

«Franco Califano non ha mai nascosto il fatto di avere dei difetti. Apprezzo le persone che ammettono i propri errori e che si mostrano oneste. Con questo film speriamo di essere riusciti a raccontare la sua umanità, le parentesi di luce della sua vita, gli aspetti che lo rendevano speciale e che non sono conosciuti», spiega Leo Gassmann che nel 2020 vinse a Sanremo nella sezione “Giovani”. E aggiunge: «Questo film per me è importante. Inizio la mia carriera di attore. Da ora musica e recitazione saranno binari paralleli», affrontando senza timori l’avvicinamento all’arte di famiglia, la recitazione. «Mi ricollego alle mie radici. Fare l’attore vuol dire continuare una tradizione che continua da generazioni: è una responsabilità e una grande gioia. Non c’era modo migliore per iniziare. Non ricordo molto di nonno Vittorio. Ero piccolo quando lui era ancora vivo, lo conosco più dai racconti degli altri, ma sono cresciuto respirando l’arte del teatro. Seguivo mio padre Alessandro nei teatri in tournée in giro per l’Italia, così il primo giorno sul set non è stato affatto il primo giorno per me».

«Quando le cose si fanno con piacere, nulla è faticoso. Ho lavorato tanto però per preparare il personaggio», continua Leo: «Franco era alto 7 centimetri più di me, quindi la costumista voleva che il mio corpo fosse più asciutto per sembrare più slanciato. Ho perso 6 chili in tre settimane. Mi sono allenato sei giorni a settimana con un personal trainer e poi ho messo dei tacchi di 8-9 centimetri. Ho avuto anche la fortuna di essere affiancato da amici del Califfo come Antonello Mazzeo e Alberto Laurenti».

Nel film seguiamo il personaggio dagli esordi durante la Dolce Vita romana, i primi concerti al KitKat, l’amore e il matrimonio con Rita, fino agli anni di Milano quando inizia a collaborare con Edoardo Vianello e a scrivere canzoni indimenticabili come Minuetto per Mia Martini, La chiamano estate per Bruno Martino, La musica è finita per Ornella Vanoni. E, poi farsi strada come cantautore e monologhista.

Tralasciando la sua parte oscura, a partire dalle droghe, potrebbe esserci il rischio di farne un santino. Gli sceneggiatori Isabella Aguilar e Guido Iuculano non credono: «Ci siamo spinti molto avanti anche nel raccontare i lati oscuri di Califano come il matrimonio finito in fretta e la figlia lasciata alla madre. È presente sempre il conflitto tra il voler essere poeta o saltimbanco, così come sono presenti l’anima del poeta incoraggiata dall’amicizia con Mazzeo e l’anima nera che diventa amica di Francis Turatello, un boss terribile della malavita milanese di quegli anni».

«Califano non è stato un avventuriero della canzone, ma un artista vero», sintetizza Maria Pia Ammirati, direttrice di Rai Fiction: «Abbiamo scommesso su un attore che non aveva mai recitato, ma che ha interpretato il personaggio in maniera eccezionale. Volevamo fare una cosa con il supporto di una voce vera. Abbiamo trovato in Leo tutto quello che volevamo».

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