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Le pagelle di Sanremo2023

I momenti più belli e quelli più brutti della edizione numero 73 del Festival

4

Amadeus

Promosso con la sufficienza come conduttore: affabile, educato, simpatico, instancabile, brillante, divertito ex dj contento di giocare con il suo giocattolo preferito. Ma non va oltre il “signori e signore”, “ecco a voi”. E, soprattutto, senza copione non sa recitare. Bocciato come direttore artistico: ramazza giovani fra gli scarti dei talent show, coglie frutti ancora acerbi dall’albero della hit parade dell’anno, con l’aggiunta di qualche “vecchia gloria”. Ha reso trans-generazionale un minestrone nazional-popolare, piegandolo ai social e agli streaming, a discapito della qualità. Bocciato.

6

Gianni Morandi

Simpatico, highlander, si sveglia quando gli danno la possibilità di fare il suo mestiere, il cantante. Con l’Inno di Mameli, con i suoi coetanei Al Bano e Massimo Ranieri, con l’emergente Sangiovanni, con il coro del pubblico dell’Ariston per omaggiare i due indimenticabili Lucio della canzone italiana, Battisti e Dalla, e per ricordare Umberto Bindi. Sufficiente.

4

Canzoni

Quelle ascoltate in questa edizione sono bruttissime. Tutte uguali. Tutte costruite a tavolino. Urlate e soprattutto sussurrate o bofonchiate a un millimetro dal microfono. Parole incomprensibili, stonature. La melodia è inesistente. Il deja vu è dietro l’angolo. Nessuno che riesca a trasmettere una emozione vera. Nessuno, tranne Giorgia, che sappia cantare. Il Paese del belcanto non esiste più. 

Il presidente Sergio Mattarella con la figlia Laura al Teatro Ariston nella serata inaugurale del Festival

Sergio Mattarella

Fra i momenti più belli di questo Festival. Il primo presidente della Repubblica al Teatro Ariston è un fatto storico, che sarà ricordato negli annali. Anche se è la circostanza dell’anniversario numero 75 della Costituzione il motivo della sua presenza. Ovviamente non giudicabile.

10

Roberto Benigni

Davanti al presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha parlato di Amadeus, musica, Costituzione, guerra, Russia, Iran, dittatura, libertà. Con leggerezza. Senza retorica. Emozionando. Divertendo. In splendida forma. Straordinario.

0

Blanco

Una volta si cantava Grazie dei fior, oggi i fiori vengono presi a calci da Blanco, modello negativo del seme della violenza che fiorisce fra le nuove generazioni. Distrugge le decorazioni sul palco dell’Ariston «perché non sentivo la voce in cuffia» mentre esegue il suo nuovo singolo L’isola delle rose. E si prende le bordate di fischi e di «buuuhhhh» del pubblico dell’Ariston. Maleducato. 

5

Chiara Ferragni

Elegante, trae in inganno con l’abito “senza vergogna” sul quale è disegnato il suo corpo: «Non sono nuda, questo abito è un disegno del mio corpo. E il corpo di noi donne non deve mai generare vergogna e odio». Si commuove nel suo monologo, «scritto da sola», a sostegno delle madri e delle donne, contro il sessismo. Sembra la paginetta del diario di una ragazzina. Non riesce a trasmettere emozione. Resta una presenza gelida, algida, aliena. Banale e noiosa. Spaesata al di fuori degli smartphone.

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7

Chiara Francini

La più brava delle co-conduttrici, la più spigliata, quella che tiene meglio il palco viene fatta uscire dopo l’una di notte, a conferma dell’aridità culturale di Amadeus. Regala al pubblico un monologo intenso e delicato, dedicato a tutte quelle donne che un figlio non lo hanno avuto, per scelta o meno, poco importa. «Arriva un momento della vita in cui è chiaro che sei diventato grande: quando hai un figlio». L’attrice inizia così la sua “lettera” ad un figlio che ancora non c’è mettendo a nudo sul palco più seguito d’Italia uno dei tabù più difficili da demolire, affiancata da una carrozzina sul palco, una sorta di convitato di pietra.

9

Il Trio delle meraviglie

Gianni Morandi, Al Bano e Massimo Ranieri si sfidano in una piccola “Canzonissima” e dimostrano tutti e tre di avere ancora ugole perfette. Da parte del “Trio delle meraviglie”, o degli highlander come li ha chiamati Fiorello, una grande lezione di professionalità e di canto per la compagnia di scognomati e afoni in gara quest’anno al Festival. Un nostalgico ripasso dei loro più grandi successi eseguiti con il coro del pubblico dell’Ariston. Chissà se fra 50/40 si canteranno ancora i brani ascoltati in questa edizione. Standing ovation.

7

Fedez

In un Festival che il governo di destra ha tentato di influenzare, imbavagliare e orientare in ogni modo, ha rappresentato una voce fuori dal coro. In diretta dalla nave Smeralda esce fuori copione, rappando un testo che non era stato sottoposto alla supervisione dei vertici Rai. E se ne assume la responsabilità. Un rap in cui ricorda di aver avuto il cancro, di aver pianto per questo in televisione, poi ironizza sul Codacons – «guarda come mi diverto» -, prende le parti di Rosa Chemical dicendo che mentre lui viene criticato al Festival (il riferimento è a Salvini) va invece bene il viceministro alle infrastrutture Galeazzo Bignami, di Fratelli d’Italia, bolognese. E mostra la foto in cui Bignami è travestito da nazista, camicia bruna e svastica alla spalla. E poi, con la complicità degli Articolo 31, nella serata dei duetti, riferendosi alla cannabis, ha urlato: «Giorgia, legalizzala», rivolto alla premier. Coraggioso.

4,5

Duetti

Scialbi nella maggioranza. Emergono la sexy Elodie con Big Mama e le due voci stellari Giorgia e Elisa. Per il resto sono state autocitazioni oppure “inchini” davanti all’ospite importante. E il confronto ha mostrato quanto piccoli piccoli siano i “big” di questa edizione.

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