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Le musiciste ribelli di Margherita Vicario

– La cantautrice con il cinema nel Dna debutta come regista con il film “Gloria!” accolto da dieci minuti di applausi dalla Berlinale
– «È sempre stato il mio sogno. Ho fatto prima l’attrice poi la cantautrice e con queste due gambe mi sono ritrovata regista»
– Protagoniste alcune ragazze di un collegio femminile nella Venezia di fine Settecento che al barocco preferiscono suoni più moderni
– Fra gli attori Galatea Bellugi, Paolo Rossi, Veronica Lucchesi (La Rappresentante di Lista), Carlotta Gamba e Elio (delle Storie tese)

Da ragazzina ventenne Margherita Vicario aveva gli occhi tristi e con una chitarra acustica nel 2014 abbozzava un teatrale Minimal musical dai toni malinconici e vintage. Otto anni dopo l’abbiamo ritroviamo allegra, sbarazzina, trasgressiva e ribelle con un album che fa Bingo sin dal titolo e in cui si spazia dai ritmi latini all’urban, dalla ballad voce, piano e archi al rap. Durante. Quegli otto anni di pausa, la ragazzina dagli occhi tristi era stata distratta dal teatro, dal cinema con Woody Allen, Brizzi e altri, e dalle serie tv, dai Cesaronia quelle su Rai1. «Sì, un po’ continuo a essere indecisa su quale strada imboccare, se quella della recitazione o l’altra del cantautorato», ammetteva. 

D’altronde nel Dna di Margherita Vicario c’è il cinema, c’è la regia. La ragazzina dagli occhi tristi viene da una famiglia di artisti: è figlia del regista Francesco Vicario e nipote dell’attore e regista Marco Vicario e dell’attrice Rossana Podestà. Anche lo zio Stefano è un regista, tra le altre cose di varie edizioni del Festival di Sanremo. Quindi, non è una sorpresa trovarla dietro la cinepresa a dirigere Gloria!, che non è un musical, «perché è una tradizione anglosassone», ma un film musicale, «molto italiano, in omaggio alla nostra storia di grandi compositori».

È un esordio sincero, perché legato a doppio filo alla sua esperienza sul palco, quello della cantautrice romana Margherita Vicario, 36 anni, che ha presentato in concorso alla Berlinale il suo Gloria!, nei cinema italiani dall’11 aprile e già venduto – dopo i buoni riscontri al mercato del festival – in nove Paesi. Alla presentazione è stato accolto da oltre dieci minuti di applausi.

Insomma, dal “minimal musical” al “kolossal musical”. «È sempre stato il mio sogno. Ho fatto prima l’attrice poi la cantautrice e con queste due gambe mi sono ritrovata regista. E, poi, anche i miei registi preferiti sono donne, parlo di registe come Valerie Donzelli o Valeria Bruni Tedeschi», commenta Margherita Vicario. «Vengo dalla musica e mi veniva sempre chiesto cosa pensa delle donne nella musica d’oggi. Così ho cominciato a studiare le compositrici dal Cinquecento al Novecento, che erano tutte poco conosciute e così ho fatto un film di fantasia per fare giustizia di quelle delle quali non si sa nulla».

In primo piano Paolo Rossi nel ruolo di un prete severo

Il film è ambientato in un collegio femminile nella Venezia di fine Settecento. Qui Teresa (Galatea Bellugi), giovane dal talento visionario, insieme a un gruppetto di straordinarie musiciste dirette da un problematico sacerdote (Paolo Rossi), coltivano di nascosto una musica del tutto moderna, ribelle, pop, lontana mille miglia dal barocco dominante. Fresca allegoria di un’arte e di un’epoca in cui le donne contavano poco e anche riscatto, sempre al femminile, rispetto ai mille soprusi subiti.

«Ci sono sempre state donne musiciste, molto libere creativamente, che trovavi o nelle corti o nei collegi, comunque in luoghi protetti», dice la regista. «Donne di talento che preferivano farsi suora pur di continuare a suonare. Siccome erano le ultime, a volte i loro cognomi erano gli stessi dei loro strumenti. Ho immaginato così che potevano anche esibirsi in brani molto moderni che nessuno avrebbe potuto sentire. Insomma, potevo farle suonare quello che volevo senza essere smentita».

Sono delusa dalla narrazione di se stessi che fanno alcuni miei colleghi, un videoclip dopo l’altro. Si ripetono sempre le stesse cose. Mi sono sentita distante all’improvviso, non sentivo più l’urgenza di cantare. Questo film, sul desiderio di essere ascoltate, è arrivato nel momento giusto

Veronica Lucchesi nel film
Veronica Lucchesi (La Rappresentante di Lista)

Nel film scritto da Anita Rivaroli e dalla Vicario, nel cast Carlotta Gamba, Veronica Lucchesi (La Rappresentante di Lista), Elio (delle Storie tese), Natalino Balasso, Anita Kravos, Vincenzo Crea e Paolo Rossi nel ruolo di bizzarro sacerdote (che potrebbe ricordare Vivaldi), ma pieno di rancore per la sua sterilità creativa. «Fare un prete cattivo mi è venuto abbastanza facile», sorride Paolo Rossi. «Il comico ci gode ad avere a che fare con la parte oscura della vita. Ad esempio, i clown giocano con la violenza solo per esorcizzarla. Strano destino il mio, ho iniziato a lavorare in parrocchia, dove ho fatto la mia prima rappresentazione, ma poi mi sono ritrovato a Lotta Continua».

Veronica Lucchesi interpreta uno dei personaggi più riusciti, quello di una femminista ante litteram, disillusa e brusca, che vive le costrizioni del tempo sentendosi «come un animale in gabbia. È un personaggio che ha innescato un cambiamento nella mia stessa vita», racconta la frontwoman della band La Rappresentante di Lista. Che poi spiega: «L’ambiente musicale è difficile, bisogna sgomitare per essere ascoltati. Sono delusa dalla narrazione di se stessi che fanno alcuni miei colleghi, un videoclip dopo l’altro. Si ripetono sempre le stesse cose. Mi sono sentita distante all’improvviso, non sentivo più l’urgenza di cantare. Questo film, sul desiderio di essere ascoltate, è arrivato nel momento giusto». 

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