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La rivincita transgender

– La spagnola Sofía Gascón è la prima attrice transgender a essere premiata al Festival di Cannes: «Jacques Audiard, il regista di “Emilia Perez”, ci ha dato visibilità»
– La napoletana Vittoria Schisano è la prima attrice transgender ad avere un ruolo di protagonista in una serie tv italiana: «Siamo state sempre considerate sex worker o emarginate»

Lgbtqia+. E quel “+” come a indicare che ogni tanto si aggiunge qualche genere nuovo. Se il mondo della musica e anche quello della moda, pur tra difficoltà e censure, si sono mostrati sempre i più aperti ad accogliere qualsiasi novità, comprese quelle sessuali, nel mondo dell’immagine esistevano ancora alcune barriere da infrangere. Come quella abbattuta da Sofía Gascón, una delle protagoniste del musical Emilia Perez premiate al Festival di Cannes, prima attrice transgender a vincere come miglior interprete.

Le lacrime di Sofía Gascón

L’attrice spagnola di 52 anni ha fatto un discorso molto commovente durante la cerimonia, dedicando il suo premio a tutte le persone transgender, che continuano a soffrire. «A tutte le persone trans, che hanno sofferto così tanto, voglio che alla fine queste persone riescano a credere che sia possibile cambiare in meglio, quindi tutti voi che ci avete fatto soffrire così tanto, è anche il momento di cambiare», ha detto, con le lacrime agli occhi. L’attrice aveva parlato delle critiche transfobiche di cui era stata oggetto e delle minacce di morte ricevute.

«Questo è un argomento estremamente importante», ha sottolineato Karla Sofía Gascón. «Se ho un messaggio da inviare, è perché noi trans siamo come tutti gli altri! Non sono né più intelligente, né più stupido, perché trans. Possiamo dedicarci alle carriere che vogliamo. Abbiamo fatto una scelta per il nostro corpo che riguarda solo il nostro corpo. Abbiamo il diritto di disporre del nostro corpo. Come donna trans, è la doppia pena, questa difficoltà di disporre del proprio corpo. Quello che ha fatto Jacques Audiard (il regista di Emilia Perez, ndr) è la visibilità».

Eva Robin’s

Visibilità che finora il mondo transgender non ha mai avuto, emarginato a livello di avanspettacolo, fenomeni da baraccone, creature notturne, merce sessuale. In Italia, verso la fine degli anni Settanta c’era stata Eva Robin’s, attrice e cantante transgender nata di sesso maschile sotto il nome di Roberto Coatti. Eva ha fatto il suo debutto nel mondo dello spettacolo alla fine degli anni Settanta. Un po’ di apparizioni in tv, qualche particina nel cinema e poi il rifugio nel teatro, fino alla esclusione nel 2002 da Ballando con le stelle

A prendere il testimone di Eva Robin’s e a infrangere un tabù è oggi Vittoria Schisano, protagonista di La vita che volevi, serie Netflix disponibile da mercoledì 29 maggio. Sarà la prima transgender ad avere un ruolo di primissimo piano in una serie tv italiana. Certo, non è la Rai, ma in tempi di centrodestra, Vannacci e uscite omofobe del Papa, è pur sempre un atto di sfida.

Vittoria Schisano è nata due volte: la prima a Pomigliano d’Arco nel novembre 1977, e la seconda nella primavera 2014 in una clinica di Barcellona, dove ha completato il suo percorso di transizione. E ora l’attrice è pronta a debuttare nel ruolo più importante, che l’ha rimessa anche davanti a un dolore che qui affronta apertamente per la prima volta. Perché «un personaggio pubblico, nel mio caso un’attrice, ha il dovere di essere d’aiuto agli altri, altrimenti siamo solo belle facce che sorridono».

Nella serie tv La vita che volevi, Vittoria Schisano interpreta Gloria, donna risolta, proprietaria di un’agenzia turistica la cui vita viene sconvolta dall’arrivo di Marina (Pina Turco), amica ai tempi dell’università a Napoli, quando ancora non aveva terminato la transizione.

«Quando ho iniziato a lavorare, vent’anni fa, non riuscivo a riconoscermi in nessuna storia», ricorda. «La donna transgender era sempre una sex worker o un’emarginata, bullizzata o peggio. E, tornando ancora indietro nel tempo, sono stata una ragazzina che si nascondeva sotto le coperte e poteva solo sognare la vita che voleva. Sono nata in una famiglia molto semplice: papà operaio, che oggi non c’è più, e mamma sarta non avevano gli strumenti per parlarmi della disforia di genere e per mettere equilibrio dove non c’era. Quando ho detto ai miei genitori che volevo essere me stessa, avevo le stesse possibilità di andare su Marte».

Vittoria Schisano

Su Marte non c’è arrivata, ma alla luce del sole sì. Vittoria Schisano e Sofía Gascón hanno aperto una breccia. Abbastanza per cambiare le mentalità. E Vittoria Schisano tiene a sottolineare l’importanza del premio alla miglior attrice assegnato a Cannes a Karla Sofia Gascon. E anche del suo messaggio a tutte le attrici come lei che «spesso hanno bussato porte che non si aprono».

La serie, in sei episodi, è ambientata tra Lecce, il Salento e Napoli. «A fine riprese ho deciso di fermarmi un mese, quaranta giorni in più», ha raccontato l’attrice. «Ma in verità perché amavo il personaggio e non volevo abbandonarlo, Gloria è forte, una roccia, io ho più fragilità. Grazie a lei sono maturata, sono forse diventata ancora più determinata, tanto che Ivan mi telefonava e mi diceva: “Torna, tu sei Vittoria e non Gloria”. Poi l’ho lasciata andare, mi sono comunque comprata la casa in Puglia perché io napoletana doc, mi sono innamorata di questa terra e delle persone, è stata un’esperienza così bella umanamente».

Oggi certi diritti continuano a essere compressi e messi in discussione, Soprattutto in Italia, uno dei 9 Paesi dei 27 Ue che non ha firmato la dichiarazione per la promozione delle politiche europee a favore delle comunità Lgbtiq+.

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