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Janet Jackson e il “Nipplegate”

Un documentario sull’incidente durante l’esibizione al Super Bowl che troncò la carriera della regina r’n’b pre-Beyoncé

Fin dall’inizio, Tim Winter, presidente del Parents Television Council (gruppo conservatore per la difesa dei valori della famiglia nei media americani), dà il tono al documentario di Jodi Gomes: «Se la guerra culturale negli Stati Uniti avesse avuto un 11 settembre, sarebbe stato il primo febbraio 2004». Data del “Nipplegate”, dell’«incidente di abbigliamento», quando Justin Timberlake scoprì il capezzolo di Janet Jackson contro la sua volontà sul palco del concerto durante l’intervallo della finale del Super Bowl sul canale CBS. Considerando la divisione della società americana sui dibattiti sociali (diritto all’aborto, uso delle armi da fuoco), lo scandalo ribadisce che il Paese è periodicamente condannato a liti fratricide interne. Janet Jackson: Before and After the Nipplegate Scandal fa luce su un evento che rimane, quasi vent’anni dopo, sproporzionato se visto da questa parte dell’Atlantico. «Sessualizzare il Super Bowl è imperdonabile», si sente nei commenti. Una frase deliziosamente assurda ma che rivela una mentalità molto americana, divisa tra puritanesimo e ossessione per lo spettacolo.

Una narrazione degna di una telenovela

Control era il titolo dell’album di Janet del 1986, una dichiarazione di emancipazione per il membro più giovane della famiglia Jackson, le cui carriere per ogni membro sarebbero state plasmate dal patriarca Joe. “Controllo” è quindi la parola chiave in questa vicenda, con, prima di tutto, l’impegno di Janet Jackson per diventare una popstar globale. La fidanzata ideale d’America, esposta rapidamente sul palco con i suoi fratelli a 10 anni e poi nelle sitcom televisive all’età di 11 anni, è cresciuta in tempo reale fino a rivaleggiare in statura con Madonna e suo fratello Michael. Il mondo soccombe alle sue coreografie e alla fusione di pop e hip-hop. Il suo album del 1993, intitolato semplicemente Janet, conferma la sua presunta maturità sessuale. La foto di copertina ritagliata è la punta di un iceberg che presto diventerà iconico del decennio: uno scatto per la copertina della rivista Rolling Stone in cui posa a petto nudo, i seni coperti dalle mani dell’allora marito, René Elizondo Jr. 

Janet Jackson sulla copertina della rivista Rolling Stone in posa a petto nudo, i seni coperti dalle mani dell’allora marito, René Elizondo Jr. 

Janet Jackson completa il suo status di regina r’n’b del pre-Beyoncé e sex symbol quando veniva introdotta l’etichetta “avvertimento ai genitori: testi espliciti” su dischi ritenuti licenziosi nel periodo fra il 1992 e lo scandalo Clinton-Lewinsky del 1998. Dopo il più cupo The Velvet Rope (1997), che la consacra come musa queer, e All for You (2001), più brillante, il fatidico concerto del Super Bowl nasce quando Jackson sta per promuovere il suo nuovo album Damita Jo, nel quale esplora le diverse personalità dell’artista. «Pensi che io sia la persona che guardi in tv?» canta preveggente sulla traccia che dà il nome all’album. Il “Nipplegate” risponderà in maniera catastrofica in una narrazione degna di una telenovela. Il Super Bowl, un evento familiare ipercontrollato che dovrebbe incarnare l’anima del Paese e che doveva rappresentare la sua consacrazione, si trasformerà in una trappola. Janet fallirà a causa di coloro che l’avevano creata: MTV che l’aveva resa popolare grazie ai suoi video musicali e aveva prodotto lo spettacolo fatale; Justin Timberlake, fuoriuscito dalla boy band ‘N Sync che le aveva fatto da supporter. Come molte popstar, ha sfidato i limiti estetici e morali di una società. Lei aveva promesso «momenti scioccanti». E sbatte contro un muro. Durante il duetto sulle note di Rock Your Body, Timberlake toglie il top di Jackson, mostrando il suo seno destro per meno di un secondo.

L’attimo in cui Justin Timberlake scopre il seno a Janet Jackson
La postar si copre immediatamente il seno. La visione durò per meno di un secondo

Ossessione morbosa

«Dovevo solo rivelare un reggiseno rosso», si è giustificato Timberlake, che esce illeso dall’incidente. Anzi: la sua stessa ascesa coinciderebbe con il declino di Janet Jackson, diffamata dai media nonostante le sue scuse. L’espressione sconvolta della cantante in quel momento non commuove i detrattori che annusano la trovata pubblicitaria. Mel Karmazin, il presidente di Viacom (conglomerato proprietario della CBS), si sottopone al processo di un comitato della Camera dei rappresentanti. Sembra una caccia alle streghe, dove la reazione più dignitosa è quella del democratico Bobby Rush, che ricorda come l’ipocrita vendetta contro la cantante esprima una misoginia razzista degna di prima della guerra civile. 

Questo è il prezzo che Janet Jackson ha pagato per essere una donna di colore indipendente. All’ossessione morbosa per quel capezzolo si aggiungerà l’improvvisa morte del fratello, creando un altro effetto culturale sismico. 

Oggi Janet è una donna matura, finalmente in pace con se stessa. Si esibisce sul palco dei Billboard Awards in piena forma, senza più nulla da perdere. Consapevole di aver fatto la storia del pop.

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