Storia

Il pubblico va in scena e alza la voce

A Barcellona il primo congresso internazionale di spettatori del teatro per rivendicare un ruolo di agenti attivi dello spettacolo

Il pubblico entra in sala e sale sul palcoscenico per levare la propria voce. Non è un soggetto passivo. Vuole dire la sua sulle scelte culturali. Sebbene non sia chiamato in causa direttamente dall’artista, partecipa all’evento culturale, si emoziona, si commuove, ride e piange. «Formiamo un collettivo quando siamo nella sala, che si dissolve quando ce ne andiamo», ha detto Katya Johanson, professoressa di ricerca sul pubblico alla Deakin University in Australia.

L’accademica, come scrive il quotidiano catalano Lavanguardia, è stata incaricata di tenere la conferenza inaugurale del I Congresso Internazionale degli Spettatori Teatrali, che si è svolta per tre giorni al teatro Romea di Barcellona. Insomma, il pubblico va in scena con tavole rotonde e workshop, nelle quali è il protagonista, il primo attore, la star dello spettacolo.

Questo congresso è nato forte, con una cinquantina di specialisti e più di seicento accreditati, non tutti in presenza, perché vista la proiezione internazionale del congresso, è stato creato un metaverso dove assistere virtualmente alle attività.

Nella conferenza inaugurale, dal titolo “Il paradosso del pubblico”, Johanson ha analizzato le contraddizioni che si manifestano quando si analizzano il comportamento degli spettatori e le idee preconcette che hanno su di loro. Per questo «è paradossale che il pubblico sia considerato passivo e reagisca così bene quando invitato a partecipare allo spettacolo».

Gli artisti più legati alla loro comunità sono quelli che hanno più successo, come dimostrano il declino del grande teatro e l’ascesa del teatro di comunità e amatoriale

Katya Johanson, professoressa di ricerca sul pubblico alla Deakin University in Australia

«Nei musical di Broadway e nei concerti, il pubblico partecipa, grida, interagisce con gli artisti, scatta foto, scrive di ciò che vede», ha detto il relatore, e ha contrastato questo con la presunta passività del pubblico teatrale: «Ci sono pubblici più attivi di altri. In teatro è più passivo, ma le cose succedono. Le persone notano la reazione delle persone intorno a loro e la loro». Johanson ha anche sottolineato che «a volte la partecipazione del pubblico è casuale». «Il teatro deve fare uno sforzo per capire le nuove composizioni del pubblico per poterle raggiungere». In conclusione, «gli artisti più legati alla loro comunità sono quelli che hanno più successo, come dimostrano il declino del grande teatro e l’ascesa del teatro di comunità e amatoriale».

Gli altri relatori del congresso sono la pubblicista italiana Antonella Broglia, il critico messicano Zavel Castro, e tre catalani: il drammaturgo Roger Bernat, il ballerino Toni Jodar e il professore di lettere Antonio Monegal.

Bisogna guardare gli spettatori, basta accendere i riflettori e guardarli. Niente di ciò che facciamo ha senso se non lo facciamo per le persone. Dobbiamo mettere le persone al centro della cultura

Natàlia Garriga, ministro della Cultura della Generalitat de Catalunya,

All’inaugurazione, era presente il sindaco di Barcellona, ​​​​Ada Colau, che ha ricordato che il consiglio comunale della capitale catalana dedica il 6% del suo bilancio alla cultura, che presto sarà aumentato del 2%. «È un congresso pionieristico, dove Barcellona afferma di essere la capitale della cultura, perché è uno dei punti di forza che ci proietta nel mondo, perché stiamo innovando e aprendo nuove strade in questo mondo che cambia. Dobbiamo ripensarci e il teatro è uno strumento potente per farlo. È uno strumento di speranza, empatia e luce in questo mondo pieno di ingiustizie».

Il ministro della Cultura della Generalitat de Catalunya, Natàlia Garriga, ha poi aggiunto: «Bisogna guardare gli spettatori, basta accendere i riflettori e guardarli. Niente di ciò che facciamo ha senso se non lo facciamo per le persone. Dobbiamo mettere le persone al centro della cultura».

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