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Il jazz contro la dispersione scolastica

– Si conclude l’8 novembre al Teatro Sangiorgi di Catania ed il 10 a Matera il progetto “BaSi Jazz: un ponte tra territori” che ha coinvolto orchestre formate da studenti di scuole etnee e lucane. Alfio Antico e Paolo Sorge ospiti del concerto finale
– «L’esperienza di suonare in gruppo è estremamente formativa e inclusiva, passano concetti importanti come integrazione, uguaglianza tra gli esseri umani, accettazione del diverso», spiega Francesca Santangelo, coordinatrice del progetto
– Un processo cominciato dal maestro Giuseppe Privitera nella scuola di un quartiere difficile di San Cristoforo a Catania che si è incrociato con le iniziative dell’associazione nazionale “Il jazz va a scuola”

Tutto è cominciato come un progetto per trasformare la musica in calamita per quei “ragazzi difficili” provenienti da realtà sociali periferiche. L’obiettivo era quello di bloccare il fenomeno della dispersione scolastica particolarmente accentuato a Catania. Giuseppe Privitera, docente di musica, nonché direttore d’orchestra e una delle anime del jazz club Monk, applicò la sua idea alla “Tempesta” di San Cristoforo, formando la “Disco Brass”. Un’orchestrina di studenti, che ebbe anche la “benedizione” di Rita Borsellino, con la quale affrontare tematiche sociali. 

Trasferito alla scuola “Parini”, Privitera non abbandonò il suo proposito. Tutt’altro. L’ampliò, trasformandolo in un progetto interscolastico, con l’intento di mettere in connessione scuole e alunni di contesti sociali abbienti con istituti e coetanei di quartieri marginali. E la creazione di una orchestra era il modo migliore per fare interagire fra loro i ragazzi. Un’orchestra jazz, non soltanto perché corrispondeva all’inclinazione musicale di Privitera, ma perché l’improvvisazione, l’interplay, l’ascolto, l’immediatezza nel raccogliere e reagire allo stimolo dell’altro (principali caratteristiche del jazz) sono prerogative molto presenti nei ragazzi. Giocare con i suoni stimola la creatività e lascia loro liberi di esprimere ciò che hanno dentro, la loro fantasia. 

I soci di Algos-Monk: da sinistra Nello Toscano, Dino Rubino, Giuseppe Mirabella, Giuseppe Asero, Francesca Santangelo, Giuseppe Privitera

Nasceva così tre anni fa l’“Orchestra Pace e Inclusione” che coinvolgeva tre istituti, il Parini e il Calvino di Catania e il Marchesi di Mascalucia. Dalla base di quell’esperienza è nata una nuova avventura che quest’anno si è incontrata con l’associazione nazionale “Il jazz va a scuola”, che si pone la finalità di promuovere, sviluppare, diffondere e valorizzare il linguaggio del jazz e le pratiche dell’improvvisazione. L’associazione fa entrare in contatto le scuole catanesi con istituti di Matera che, con il sostegno del Monk di Catania e l’Onyx Jazz Club lucano, aderiscono a “BaSi Jazz: un ponte tra territori”, un processo formativo che nella prima parte – da febbraio a luglio – è stata composta da incontri, laboratori, dinamiche orchestrali e, nella seconda, da due concerti da tenere nelle città di riferimento. Accadrà mercoledì 8 novembre alle ore 17:30 al Teatro Sangiorgi di Catania con uno spettacolo che vedrà insieme l’orchestra dei ragazzi etnei, formata da ben 65 musicisti, il Matera Combo Jazz, il percussionista Alfio Antico e il chitarrista Paolo Sorge. 

«Il concerto sarà diviso in quattro parti», spiega Francesca Santangelo, coordinatrice del progetto “BaSi Jazz: un ponte tra territori”. «Apre il Combo di Matera, seguito da Alfio Antico e Paolo Sorge che faranno pezzi di loro composizione. Poi suoneranno insieme l’orchestra catanese ed i ragazzi lucani diretti da Giuseppe Privitera che ha arrangiato tre brani di Alfio Antico: Anima ‘ngignusaBarulè Fauno. Infine, resteranno sul palco soltanto gli studenti etnei».

Il chitarrista Paolo Sorge e il percussionista Alfio Antico

Alla fine, si conteranno una ottantina di persone sul palco del Sangiorgi (soltanto l’orchestra etnea è formata da 65 ragazzi). Il giorno successivo ripartiranno quasi tutti assieme alla volta di Matera, dove il 10 novembre, alle ore 17:30, nello scenario di Casa Cave, si svolgerà il secondo e conclusivo concerto.

«L’incontro fra le due realtà territoriali nasce dall’intento di coniugare due esperienze diverse», spiega Francesca Santangelo. «Se noi abbiamo puntato sulla parte educativa, Matera ha portato avanti progetti per la valorizzazione del territorio. Si uniscono così la parte educativa e quella legata alla regione. Al progetto, oltre a Giuseppe Privitera, hanno collaborato i docenti, sempre dell’IC Parini, dell’indirizzo musicale: Cinzia Condorelli per i violìni, Angela Longo per i clarinetti, Davide Santonocito per le percussioni e Maurizio Barrica per il pianoforte. Per il gruppo di Matera invece i docenti che hanno curato la parte musicale della Combo Jazz Matera sono Kevin Grieco e Giuseppe Lapiscopia».

«L’orchestra è un contesto inclusivo, la musica aiuta a creare un ambito di benessere», continua Santangelo. «L’esperienza di suonare in gruppo è estremamente formativa, passano concetti importanti come integrazione, uguaglianza tra gli esseri umani, accettazione del diverso. Io sono anche pedagogista e collaboro al progetto che punta a mettere in primo piano anche la disabilità».

Il maestro Giuseppe Privitera dirige i ragazzi dell’orchestra catanese (foto Alessia Spampinato)

Dopo tre anni di esperienza avete potuto valutare se questo percorso formativo musicale ha avuto risultati?

«No, in effetti non esiste una ricerca che può rendere oggettivo quello che stiamo facendo. Pensiamo di avviarla dal prossimo anno. Ci sono episodi che ci confortano e ci fanno capire che con questa esperienza abbiamo salvato alcuni ragazzi. È accaduto di incontrare in strada ex studenti che hanno fatto parte dell’orchestra, strappati totalmente alla malavita. E loro sono coscienti di questo. “Grazie a lei ho scoperto che esiste altro”, dicono al maestro Privitera. Sono ragazzi che hanno avuto il padre in carcere, la madre assente».

Un bilancio positivo, e s’intuisce che il progetto avrà una continuazione.

«I ragazzi partecipano, sono felici di sperimentare. Alcuni vengono a scuola per suonare, piuttosto che per studiare italiano… Dopo, molti di loro si iscrivono a un liceo con indirizzo musicale. C’è un grande coinvolgimento anche con le famiglie. Si è creata una vera e propria comunità. E tutto questo grazie a un’orchestra… Sì, è un’esperienza che continuerà». 

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