L’8 settembre Disney+ ci prova con il premio Oscar Robert Zemeckis in live action, ossia con animazione e attori in carne ed ossa: con Tom Hanks nel ruolo di Geppetto e Giuseppe Battiston che interpreta Mangiafuoco. In dicembre su Netflix la rilettura di Guillermo Del Toro, realizzata con la tecnica della stop-motion e che vede il celebre burattino di legno come Frankenstein. Un’avventura nata nel 1883 che continua ad emozionare perché metafora della condizione umana
Le porte del Paese dei balocchi si riaprono, ma forse non sono state mai chiuse da quando, nel lontano 1883, fu pubblicata la prima edizione completa del libro Le avventure di Pinocchio. Storia di un burattino, romanzo per ragazzi scritto da Carlo Collodi (pseudonimo del giornalista toscano Carlo Lorenzini). Da allora il burattino di legno intraprese un’avventura per diventare un vero bambino che continua ad emozionare ancora oggi.
Il successo di quello che è sempre stato classificato come un testo per ragazzi, ma che in realtà è un romanzo di formazione, che segue l’evoluzione e la crescita del protagonista verso la maturazione attraverso una serie di avventure e disavventure, è una metafora della condizione umana: Benedetto Croce scrisse che «il legno, in cui è tagliato Pinocchio, è l’umanità» e reputò il libro una fra le grandi opere della letteratura italiana. Il testo, negli anni, è stato ristampato in centinaia di edizioni, con traduzioni in almeno 260 lingue (terzo libro più tradotto al mondo dopo la Bibbia e il Piccolo principe) e numerose trasposizioni teatrali, televisive e cinematografiche, la prima delle quali nel 1911, quando il regista Giulio Antamoro tentò di trasporre la storia di Pinocchio in un film (durata: 42 minuti), muto e in bianco e nero, affidando la parte del protagonista a Ferdinand Guillaume (in arte Polidor, il clown della Dolce vita di Fellini): il film fu ritrovato su uno scaffale dimenticato della Cineteca di Milano diretta da Gianni Comencini, fratello di Luigi. Resta invece perduta la versione animata del 1936 firmata da Umberto Spano.
Nel 1940 Walt Disney sceglie il romanzo di Collodi per il suo secondo film d’animazione dopo Biancaneve. All’inizio fu un flop, ma vinse due Oscar (per la colonna sonora e per la canzone). Nel Pinocchio di Giannetto Guardone, del 1947, c’è Vittorio Gassman nel ruolo del Pescatore Verde. Pregevole, malgrado la produzione travagliata, Un burattino di nome Pinocchio, 1971, frutto del lavoro di Giuliano Cenci con l’aiuto degli eredi di Collodi e la voce narrante di Renato Rascel. Non è cinema ma grande televisione lo sceneggiato di Luigi Comencini del ’72: ciascuna delle cinque puntate fu seguita, in media, da 16 milioni e mezzo di telespettatori. La miniserie fu poi replicata in occasione del decennale della pellicola nel 1982. Indimenticabili i protagonisti, tra i quali: oltre al piccolo Andrea Balestri (Pinocchio), Nino Manfredi (Geppetto), Gina Lollobrigida (Fata Turchina), Franco Franchi (il Gatto), Ciccio Ingrassia (la Volpe), Vittorio De Sica (il giudice). La straordinaria colonna sonora fu composta da Fiorenzo Carpi.
Non avrà lo stesso successo nel 2009 la versione in due parti realizzata per il piccolo schermo da Alberto Sironi, nonostante un lussuoso cast di respiro internazionale: Robbie Kay (Pinocchio), Bob Hoskins (Geppetto), Luciana Littizzetto (Grillo parlante), Margherita Buy (la Maestra), Violante Placido (Fata Turchina), Thomas Sangster (Lucignolo), Toni Bertorelli (la Volpe), Francesco Pannofino (il Gatto) e Alessandro Gassman nei panni di Collodi.
Nel 2002 il Pinocchio diretto e interpretato da Roberto Benigni, che si fa ricordare per essere a tutt’oggi il film più costoso (45 milioni di euro) realizzato dall’industria nazionale. Seguito, diciassette anni dopo, dal film di Matteo Garrone che ha ricevuto 15 candidature all’edizione 2020 dei David di Donatello, vincendo in cinque categorie: Miglior scenografo, Miglior truccatore, Miglior costumista, Miglior acconciatore e Migliori effetti speciali visivi. Ha inoltre ricevuto due candidature agli Oscar nelle categorie Migliori costumi e Miglior trucco.
Il fascino di Pinocchio è di essere «una storia che può essere letta in mille modi diversi», dice Matteo Garrone: «Come una grande storia d’amore tra un padre e un figlio, come quella di un bambino che rifugge dall’ordine, debole nei confronti delle tentazioni…».
Coltissimo dal punto di vista iconografico, il Pinocchio di Garrone fa riferimento ai primissimi illustratori dell’opera di Collodi, a partire da Enrico Mazzanti, privilegiando lo zoomorfismo e disseminando la vicenda di esseri umani con aspetto di cani, gatti, scimmie, pesci, uccelli e così via. È del tutto rurale, in alcuni momenti quasi documentaristico, con un racconto che scende pian piano verso Sud, iniziando in piena toscanità e spostandosi man mano il racconto verso la Puglia. Così come nelle scelte degli interpreti, che nella prima parte sono di parlata fiorentina (come il Mangiafuoco di Gigi Proietti) e poi diventano quasi esclusivamente napoletani. Spicca la coppia di Gatto & Volpe – Massimo Ceccherini (Volpe) e Rocco Papaleo (Gatto) – forse la migliore di sempre.
Le versioni e i riferimenti a Pinocchio sono infiniti, spaziano dal fantascientifico A. I. – Intelligenza artificiale di Steven Spielberg, l’anno prima di Benigni, al Bad Pinocchio, horror tipo bambola assassina del ‘96, alla serie Baby ambientata nel liceo Collodi, con la brava Alice Pagani a far da Lucignolo. Pinocchio continua ad affascinare i lettori e il mondo del cinema, tant’è che stanno per arrivare tre versioni del romanzo di Collodi.
All’inizio di quest’anno, Lionsgate ha rilasciato Pinocchio: A true story, animato in digitale, che però ha ricevuto critiche molto negative. Il prossimo 8 settembre direttamente in streaming su Disney+ (ma sarà visibile anche su Sky Q e tramite app su Now) una nuova versione questa volta in live action, ossia con animazione e attori in carne ed ossa: diretta dal premio Oscar Robert Zemeckis, vede Tom Hanks nel ruolo di Geppetto. Nel cast Benjamin Evan Ainsworth, Joseph Gordon-Levitt, Keegan-Michael Key, Lorraine Bracco, con Cynthia Erivo e Luke Evans. E c’è anche l’Italia con Giuseppe Battiston che interpreta Mangiafuoco. Inoltre, la cantante Frances Alina, semifinalista della quarta edizione di The Voice of Italy e voce della Social Band di Radio2 Social Club, interpreta Una stella cade, la versione italiana di When you wish upon a star, brano cantato dalla Fata Turchina, personaggio che nel film ha il volto di Cynthia Erivo.
A dicembre è attesa su Netflix l’uscita di un’altra versione, quella di Guillermo Del Toro, realizzato con la tecnica della stop-motion con le voci originali di Gregory Mann e Ewan McGregor. Del Toro vede Pinocchio come Frankenstein: due esseri “mostruosi” creati da mani umane che prendono vita e, all’inizio, mettono paura, ma poi si rivelano migliori di tanti “normali”. E, come ha spiegato lo stesso regista, il personaggio creato da Carlo Collodi nel 1883 avrà una storia molto simile a quella del mostro nato dalla fantasia di Mary Shelley nel 1818: entrambi mettono i brividi, come accade a Geppetto quando incontra per la prima volta l’allegro ragazzo di legno che urla a gran voce nel suo laboratorio.
«Sono sempre stato molto incuriosito dai legami tra Pinocchio e Frankenstein», ha detto il regista. «Parlano entrambi di un bambino che viene gettato nel mondo. Sono entrambi creati da un padre che poi si aspetta che capiscano cosa è buono, cosa è male, l’etica, la morale, l’amore, la vita, tutto da soli. Penso che sia stata, per me, l’infanzia. Dovevi capire tutto con la tua esperienza molto limitata. La virtù propria di Pinocchio è la disobbedienza. In un’epoca in cui tutti gli altri si comportano come marionette, lui non lo fa».