A quasi vent’anni dalla sua svolta, la voce singolare di Anohni sembra ancora una lampada solare che illumina il grigiore di tutti i giorni. Anohni e la sua band, i Johnsons – omaggio all’attivista per i diritti gay Marsha P. Johnson – sembrano portare il peso delle sue preoccupazioni in questi decenni.
Ogni traccia su My Back Was a Bridge for You to Cross appare come una statua greca congelata in un tragico volto di orrore. La voce di Anohni suona delicata, arrabbiata ed esausta, mentre piange traccia dopo traccia per le promesse non mantenute sui diritti civili, per gli amici persi a causa della droga e della depressione, per un mondo che soccombe all’ecocidio. Senti il peso che sta portando mentre le schiaccia la schiena. Bellissimo, struggente.
Scrivendo canzoni che staccano gli strati della sua vita, My Back Was A Bridge For You To Cross si conclude con due potenti dichiarazioni culminanti. Why Am I Alive Now? (“Perché sono vivo adesso?”) ti schiaccia con il suo peso emotivo, prima che l’impatto culminante del finale You Be Free permetta una qualche forma di fuga da questa intensa pressione. Un’esperienza profonda, c’è un’unità in questo nuovo album che sembra amplificare l’impatto di ogni canzone. Sconvolgente. Teatrale e maestosa, la flessibile costruzione del mondo di Anohni funge da specchio per la sua anima: My Back Was A Bridge For You To Cross potrebbe essere il suo capolavoro.