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“House of the Dragon” non è “Game of Thrones”

Da lunedì 22 agosto su Sky e in streaming solo su Now arriva il prequel della serie fantasy. Limitati tutti gli effetti speciali e ridotte le scene di violenza e sesso, solo in alcuni momenti la nuova serie riesce a essere un dramma coinvolgente

Un drago che sputa raffiche di fuoco. Violenza in un matrimonio sontuoso. Un caso di incesto. Torna Il Trono di Spade? I segni ci sono, ma lo spirito è debole. House of the Dragon, la serie spin-off che da lunedì 22 agosto, alle 3 del mattino, in contemporanea con la messa in onda negli USA, arriva in esclusiva italiana su Sky e in streaming solo su Now, è carica di attese.

Sulla scia degli enormi ascolti, degli Emmy Awards e dell’influenza sulla cultura pop, Game of Thrones era diventata una sorta di telenovela, arredata con costosi rivestimenti di spade e stregoneria e accessoriata di violenza e nudità. Un pacchetto di lusso di melodramma e spettacolo che molti hanno trovato avvincente. La casa del drago, ambientata nel mitico mondo dei romanzi fantasy di George R.R. Martin quasi 200 anni prima degli avvenimenti raccontati da Il Trono di Spade (la cui fonte è il suo romanzo prequel del 2018 Fire & Blood), è anche una miscela di soap opera e fantasy medievale con accento britannico. 

Secondo quanto riferito, la spesa per episodio per House of the Dragon è stata persino maggiore di quella dell’ultima stagione di Game of Thrones: i draghi sono più abbondanti in questo periodo di tempo precedente, ma si avverte di più la sensazione che sono generati dal computer e, quindi, risultano meno terrificanti; i paesaggi urbani e i castelli isolati sembrano meno grandiosi; le scene di battaglia meno vivide. Questo può riflettere la scelta di rifocalizzare e realizzare una storia su una scala diversa, ma i confronti sono inevitabili e sfavorevoli. E la musica del tema di apertura di Ramin Djawadi sembra familiare ma ridotta a misura, come se il tema Il Trono di Spade iniziasse a saltare dopo alcune battute. Anche alcuni degli aspetti più controversi di Thrones sono stati limitati: il sesso e la violenza grafica non sono così abbondanti in House of the Dragon; la nudità, in particolare, tende ad essere più scenografica e consapevolmente di buon gusto.

Ambientato in quello che, almeno inizialmente, è un interregno relativamente pacifico nella storia epica di Martin, lo spettacolo è fermamente incentrato sugli intrighi di palazzo, è un po’ come l’attuale grande successo della HBO, Succession, con i draghi al posto degli elicotteri. I Targaryen dai capelli bianchi detengono il Trono di Spade, ma la loro disordinata struttura familiare complica i loro sforzi per mantenerlo. La figlia maggiore del re è una ragazza, Rhaenyra (Milly Alcock, sostituita a metà stagione da Emma D’Arcy), ben qualificata per succedergli, come si potrà vedere nelle sfide che dovrà combattere da ogni lato: suo zio dissoluto, Daemon (Matt Smith); i figli della sua amica diventata rivale, Alicent (Emily Carey, poi Olivia Cooke); e nemici al di fuori della famiglia.

Come un’esplorazione del contratto sociale in una monarchia decadente e un’allegoria per diversi mali moderni, tra cui il sessismo patriarcale e l’effetto corrosivo delle armi di distruzione di massa, House of the Dragon è ragionevolmente intelligente e ben assemblato. La rabbia di Rhaenyra e di altri personaggi femminili per il prezzo pratico e talvolta violentemente fisico che pagano per essere donne è presentata in modi credibili e spesso commoventi (Il tema principale della successione reale è illustrato con tre agonizzanti scene di parto in soli sei episodi).

Tuttavia, quella serietà di intenti non si traduce in un dramma coinvolgente. I personaggi sono piatti, impressi sulla linea di produzione di Martin di tipi fantasy medievali. E quando lo spettacolo si avventura sul campo per una battaglia o una storia d’amore, anche il film sembra meccanico, senza la sovrapposizione di effetti speciali vivaci offerti da Il Trono di Spade (fa eccezione il torneo di giostre in cui le collisioni hanno una forza autentica che lascia senza fiato).

Paddy Considine è il re Viserys nella serie HBO trasmessa da Sky in Italia

Ad alcuni attori eccellenti viene dato un ruolo secondario, tra cui Eve Best, cugina e rivale del re, e Rhys Ifans, suo consigliere, il Primo Cavaliere del Re. Non c’è né l’umorismo divertente né l’incredibile inettitudine che spesso si riscontravano in Il Trono di Spade. Un’eccezione potrebbe essere D’Arcy, che è acuto come Rhaenyra adulta nel tempo limitato in cui il personaggio appare. E un’altra eccezione, e la migliore ragione per guardare lo spettacolo, è sicuramente Paddy Considine nei panni del re, Viserys. Considine cattura perfettamente la compassione, la gelosia e l’esitazione di un personaggio le cui debolezze reali e percepite sono alla base di ogni mossa della trama. Ogni volta che è al centro della scena, la finta teatralità shakespeariana della fantasia di Martin si trasforma in un vero dramma.

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