Eventi

Grammy: Beyoncé record, delusione Måneskin

La popstar americana vincendo 4 statuette batte il record di premi complessivi, ma ancora una volta non ottiene il riconoscimento più ambito: quello per l’album dell’anno. Che è andato a Harry Styles. Prima vittoria per una donna transgender

La storia si è ripetuta ai Grammy Awards: Beyoncé ha fatto incetta di statuette, vincendone quattro che aggiunte alle ventotto conquistate nelle precedenti edizioni le consentono di battere il record per il maggior numero di vittorie complessive. Ma la divinità pop non è riuscita a mettere le mani sul premio più prestigioso e ambito: quello per il miglior album. Ancora una volta sconfitta da un bianco. Che non è la sua rivale Adele, ma Harry Styles con Harry’s House. E questo risultato potrebbe rinfocolare le accuse di razzismo alla Recording Academy, l’istituzione che c’è dietro ai premi. 

Tornano a casa a capo chino i Måneskin, superati da Samara Joy nella competizione per il miglior artista esordiente. Si rifaranno sul palco dell’Ariston dove sono attesi giovedì 9 febbraio. Il trionfo di Kim Petras e Sam Smith con Unholy nella categoria “Best Pop Duo/Group Performance” consente alla cantante tedesca di essere la prima donna transgender a vincere un premio.

Harry Styles strappa la scena a Beyoncé 

Beyoncé ritira un premio

Beyoncé agognava il titolo più prestigioso del miglior album dell’anno. D’altronde il suo Renaissance era stato lodato dalla critica e premiato dal pubblico. Un’altra volta è stata sconfitta da un artista bianco, Harry Styles. Era capitato nel 2010, quando il suo I Am… Sasha Fierce ha perso contro Fearless di Taylor Swift. Poi nel 2015 superata dal dolce Morning Phase di Beck. E ancora due anni dopo, quando il suo visual album rivoluzionario Lemonade fu sconfitto da 25 di Adele, la cantautrice britannica sembrò quasi imbarazzata nell’accettare il premio, definendo Beyoncé «l’artista della mia vita». 

A superare la delusione potrebbero contribuire i quattro premi – “Best Dance/Electronic Recording” per Break My Soul, “Best/Dance Electronic Album” per Renaissance, “Best Traditional R&B Performance” per Plastic Off the Sofa e “Best R&B Song” per Cuff it – che, aggiunti ai 28 conquistati nel passato, le consentono di battere il record di premi complessivi detenuto dal direttore d’orchestra Georg Solti, morto nel 1997.

A strappare la scena a Beyoncé è stato il cantautore e attore britannico Harry Style, nuovo idolo del pubblico femminile. Ha conquistato i flash dei fotografi sul red carpet, fatto ballare il pubblico e ritirato tre premi: “Best Pop Vocal Album”, “Best Engineered Album, Non-Classical” e, soprattutto, l’ambito “Album of the Year” grazie al disco Harry’s House.

Le donne protagoniste

Grande serata anche per Bonnie Raitt. La veterana cantante, 73 anni, ha conquistato tre statuette: “Song of the Year” e “Best American Roots Song” per Just Like That e Best Americana Performance per Made Up Mind.

Tre grammofoni anche per Brandi Carlile: “Best Rock Performance” e “Best Rock Song” per Broken Horses e “Best Americana Album” per In These Silent Days.

Altre sconfitte della serata due primedonne come Adele e Taylor Swift indicate come le principali rivali di Beyoncé per il miglior album. Si devono accontentare dei premi di consolazione. La britannica per la migliore interpretazione pop solista con Easy on me. L’americana ha aggiunto una nuova statuetta alla sua bacheca grazie alla vittoria nella categoria “Best Music Video” per All Too Well: The Short Film.

Un premio anche per Lizzo, che ha avuto la meglio nella categoria “Record of the Year” con il brano About Damn Time, primo singolo estratto dall’ultimo disco Special.

Ozzy Osbourne alfiere del rock, sorpresa Wet Leg

In ambito rock, è il “principe delle tenebre” un po’ acciaccato Ozzy Osbourne ad alzare il trofeo al cielo con Patient number 9, album che non ha potuto presentare “live” prima per la pandemia adesso per i problemi di salute. Mentre il sorprendente duo Wet Leg si afferma nelle categorie “Best Alternative Music Performance” con Chaise Longue e “Best Alternative Music Album” per Wet Leg. Sconfitte da Samara Joy, come gli italiani Måneskin, nella categoria “miglior artista esordiente”. Sama Joy ha vinto anche come “Best Jazz Vocal Album” per Linger Awhile.

Michael Bublé ha portato a casa il grammofono per il “Best Traditional Pop Vocal Album” con il disco Higher. Bad Bunny ha ritirato il premio “Best Música Urbana Album” per Un verano sin ti, primo disco cantato in spagnolo candidato ai Grammy. Kendrick Lamar ha portato a casa due statuette: “Best Rap Performance” col brano The Heat Part 5 e “Best Rap Album” per Mr. Morale & the Big Steppers. 

Kim Petras prima donna transgender a vincere

Se la sconfitta di Beyoncé a favore di un bianco tornerà ad alimentare i sospetti di razzismo nei confronti dell’Accademia, in compenso l’edizione dei Grammy Awards di quest’anno apre una nuova pagina premiando Sam Smith e Kim Petras come “Best Pop Duo/Group Performance” con Unholy rendendo così la cantante tedesca la prima donna transgender a vincere una statuetta.

Il merito è di Sam Smith, che l’ha voluta al suo fianco in Unholy, secondo singolo dell’atteso nuovo album dell’artista, Gloria. «Mi è piaciuto assistere al tuo splendore», ha scritto Smith, che nel 2019 sui social pubblicò un appello ai fan in cui spiegava di percepirsi come non-binario. «Ancora oggi sento come se ci fossero pregiudizi. Però ritengo che la gente stia iniziando a pensare che forse un artista trans può farcela e diventare una vera popstar», ha commentato Petras, che nel frattempo ha superato i 40 milioni di ascoltatori mensili a livello mondiale su Spotify.

A introdurre Sam Smith e Kim Petras è stata Madonna, che ha colto l’occasione per lanciare un messaggio al pubblico: «Se ti chiamano scioccante, scandalosa, problematica, provocante o pericolosa, significa che ce la stai facendo».

Tra i presentatori della serata anche La First Lady americana Jill Biden. Uno dei momenti più emozionanti della edizione numero 65 dei Grammy Awards è stato il tributo di Stevie Wonder, affiancato da Smokey Robinson e Chris Stapleton, alla Motown, storica etichetta discografica statunitense.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *