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Gli U2 nel regno delle illusioni

Il debutto dello show allo Sphere, la nuova meraviglia tecnologica di Las Vegas con il più grande schermo del mondo
La band sembra schiacciata sotto l’enorme cupola di led che abbaglia con luci, colori, video e incredibili giochi visivi
La lotta di Bono per riportare la musica in primo piano e interrompere la lucentezza hi-tech con un po’ di imprevedibilità

Uscendo dallo Sphere, l’ultima meraviglia di Las Vegas, dopo aver assistito al debutto di U2:UV, Achtung Baby Live at Sphere, la domanda c’è un dubbio che ci assilla: lo Sphere mette in ombra gli U2 o li rende più grandi, abbinando un prodigio della tecnologia ad una band che ha tentato di innovare in ogni loro nuovo tour nel corso di una carriera lunga oltre 40 anni?

Come accadde nel 1997, quando sfidarono la città del gioco con il loro PopMart Tour, anche stavolta gli U2 sembrano però fagocitati dal regno dell’illusione, schiacciati sotto l’enorme cupola di led che abbaglia con luci, colori, grafiche, filmati. La musica rischia di diventare una sorta di colonna sonora a installazioni, video, semplice accompagnamento a uno spettacolo molto costoso e impressionante. La magnificenza, il kitsch, il gigantismo, la vanità e l’irrealtà di Las Vegas tendono a trionfare sui suoni. 

Il match fra U2 e Sphere

Sopra un palco che limita molto i movimenti, un po’ giradischi, un po’ carillon con Bono che ruota attaccato al microfono, i quattro musicisti sembrano fare la parodia di se stessi. Il cantante imita gli stessi movimenti con i quali si presentava in apertura dello ZooTv Tour. Allora appariva su una montagna di monitor che proiettavano messaggi e fra due Trabant (finite nel museo), oggi davanti a una muraglia di cifre e parole che lo rendono piccolo piccolo. Immaginatevi il megaschermo del PopMart Tour, al tempo il più grande schermo LED del mondo, una struttura di 50 metri che si estendeva sull’intera larghezza del palco, al confronto con la maestosa cupola animata dello Sphere, larga 157 e alta 111 metri con uno schermo interno LED 16K, da 268.435.456 pixel, l’equivalente di 72 televisori HD, che avvolge completamente la struttura. 

The Sphere è una struttura che consente una esperienza immersiva, dove ogni cosa è meglio della realtàEven Better Than The Real Thing, come canta Bono nel terzo brano della scaletta, mentre immagini psichedeliche sommergono la band, trasformandola in quattro bollicine vaganti in un mondo fantastico e lisergico alla Tim Burton. L’impressione è disorientante: sembra che il palco e il pubblico in piedi intorno ad esso si stiano lentamente muovendo verso l’alto. Un incredibile gioco di prestigio visivo che lascia un po’ a disagio.

La scenetta dell’altalena

Ma uno dei migliori trucchi della notte è stato quello più reale: una corda è caduta dal cielo, Bono l’ha afferrata ed ha cominciato a camminare intorno al palco mentre un’immagine animata a palloncino appariva all’altra estremità. Alla fine, ha preso una ragazza dal pubblico e l’ha invitata a dondolare sulla corda, cosa che ha fatto giocosamente, galleggiando sul palco sulla sua altalena mentre cantava insieme alla band a Tryin’ to Throw Your Arms Around the World.

La scaletta

Tutta la prima parte dello show è riservata alla rilettura abbastanza fedele di Achtung Baby, l’album del 1991 che definì un decennio sovraccarico di eventi storici che hanno sconvolto il mondo: la caduta del muro di Berlino, la prima guerra del Golfo, l’ascesa dell’era di Internet. E il tour di accompagnamento, Zoo TV, con le auto Trabant sospese e gli schermi sparsi che mostravano filmati dal vivo e preregistrati, anticipò la reality TV, le notizie false, i social media. U2:UV, Achtung Baby Live at Sphere segna il definitivo trionfo dell’immagine sul ruolo della parola della musica stessa.

Un momento dello show

La vera magia è quando la produzione sceglie di non inondare l’intero schermo, lasciando solo uno sfondo blu monocromatico o un cielo notturno stellato per canzoni più tranquille, o semplicemente proiettando grandi immagini dei membri della band. Sono i momenti in cui Bono cerca uno stratagemma per interrompere la lucentezza hi-tech dello spettacolo con un certo grado di imprevedibilità, per allontanare l’attenzione dall’abbagliante tecnologia e sottolineare che la loro non è una performance coreografata. Come quando lancia una cover leggermente caotica di Dancing in the Moonlight di Thin Lizzy, accoppiata a Into the Mystic di Van Morrison, durante l’esecuzione di Angel of Harlem.

One è miscelata con Purple Rain di Prince e Love me tender di Elvis Presley, mentre in Desire viene inserita Love me do dei Beatles, primo omaggio a un superospite della serata: Paul “Macca” McCartney, al quale sono state dedicate altre citazioni: All You Need Is Lovenel medley di Moment of Surrender / Where the Streets Have No Name e poi con Sgt. Pepper’s Lonely Hearts Club Band e Blackbird che hanno accompagnato Beautiful Day in un finale naturalistico fra immagini impressionistiche di uccelli. Perché, come suggerisce Adam Clayton, bassista della band, c’è un tema che attraversa l’intero spettacolo ed è il rapporto tra l’economia dei consumi e il cambiamento climatico.

Il momento di Even Better Than The Real Thing

Il “Set giradischi”

All’interno della scaletta ogni sera ci sarà un “Set giradischi”, ovvero un momento dedicato a un altro album. Per l’esordio è stato scelto Rattle and Hum, forse perché l’album americano degli U2 o, più probabilmente, perché fra gli ospiti illustri della serata c’era Jimmy Iovine, che è stato il produttore di quel disco. Fra il pubblico anche Dr. Dre e Snoop Dogg. 

Continui i riferimenti a Las Vegas. The Sphere è la nuova «cattedrale di Elvis», urla Bono in Misterious Way, per poi accennare My Way, più vicino alla presa in giro di Sid Vicious che alla versione dell’ex “re” di Las Vegas Frank Sinatra, fin quando un video della Vegas Strip prende il sopravvento su Atomic City, il banalotto singolo appena pubblicato, un mix fra London Calling e Call Me di Blondie. La vibrante Elevation dà il via allo sprint finale, mentre gli elicotteri si librano sopra lo schermo per Vertigo e un paesaggio desertico si estende su tutta la cupola per la canzone-inno Where the Streets Have No Name

Gli U2 saliti sul palco dello Sphere: da sinistra, The Edge, Bono, Bram van den Berg e Adam Clayton

Non è mancato un pensiero all’amico rimasto seduto in panchina per questo giro. Quando la band ha concluso All I Want Is You, Bono ha detto solennemente: «L’ho appena cantata per Larry Mullen». Il batterista fondatore degli U2 che ha dovuto tenersi fuori dagli spettacoli di Las Vegas per riprendersi dall’intervento chirurgico alla schiena. «Dall’ottobre 1978 non abbiamo mai suonato uno spettacolo senza Larry Mullen», ha aggiunto Bono, introducendo il batterista Bram van den Berg, che festeggiava il suo compleanno proprio nella notte epocale. «Vorrei presentarvi l’unico uomo a cui abbiamo chiesto di stare nei suoi panni. È il suo compleanno! È Bram van den Berg». E, mentre la folla iniziava a cantare “Happy Birthday”, il batterista olandese ha commentato umilmente: «Non ci siano errori: c’è solo un Larry Mullen Jr».

A fine serata, la domanda rimane irrisolta: era uno spettacolo grande o piccolo? Vendeva intimità o grandezza? Era straordinariamente banale o banalmente straordinario?

1 Comment

  • Mario Ottobre 1, 2023

    Secondo il mio parere, gli U2 sono una band in crisi

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