Completata la lista dei Paesi che sabato sera (diretta Rai1) sfideranno i “Big Five”, fra cui l’Italia, con l’aggiunta dell’Ucraina. Non ce l’ha fatta San Marino. Verso un duello fra il nostro Marco Mengoni e la svedese berbera Loreen, con Svizzera, Francia, Belgio e Finlandia outsider. Un format tv che mette la musica in primo piano e che il Festival di Sanremo dovrebbe adottare
Decisi i venti Paesi che lanceranno il guanto di sfida ai “Big Five” (i cinque che danno il maggior contributo economico alla European Broadcasting Union e, quindi, vanno direttamente in finale), ovvero Francia, Germania, Italia, Regno Unito e Spagna, con l’aggiunta dell’Ucraina, classificata essendo stata la vincitrice dell’anno scorso. L’Eurovision Song Contest si proietta così verso la finalissima di sabato alla Liverpool Arena.
La Svezia è indicata tra i favoriti per la vittoria del microfono di cristallo. A rappresentare il Paese scandinavo è Loreen, trentanovenne cantante di origini berbere con il brano Tatoo. Se vincesse, eguaglierebbe l’impresa compiuta da Johnny Logan, un irlandese nazionalizzato australiano, l’unico fino ad oggi che ha ripetuto la sua vittoria in Eurovision: lo fece nel 1980 e nel 1987. Loreen vinse l’Eurovision per la Svezia nel 2012 quando la sua canzone Euphoria trionfò a Baku, in Azerbaijan, ricevendo il maggior numero di 12 punti di qualsiasi voce nella storia del Concorso, con 18 Paesi che hanno assegnato alla canzone il massimo dei voti.
Loreen, pseudonimo di Lorine Zineb Nora Talhaoui, interpreta la canzone tra due grandi piattaforme che pesano quasi due tonnellate. «Direi che l’intera performance riguarda l’energia femminile», spiega. «Abbiamo una percezione dell’energia femminile che riguarda l’essere femminili e l’essere molto gentili e dolci. Volevo mostrare che io, essendo scalza e femminile in questa performance, sono potente: qualcosa che chiameresti energia maschile, giusto?».
Il più accreditato a contendere la vittoria alla svedese è il nostro Marco Mengoni con Due vite, la canzone con cui ha dominato la maratona sanremese di quest’anno. La sua interpretazione ha strabiliato il pubblico dell’Arena. Anche se appare difficile che il microfono di cristallo possa tornare in Italia appena due anni dopo la vittoria che lanciò i Måneskin nel firmamento internazionale.
Possibili outsider la misteriosa e intrigante La Zarra con una triste canzone romantica con forti vibrazioni francesi e un successo dance. A giudicare dai bookmaker, e dall’entusiasmo del pubblico presente alla Liverpool Arena, un outsider potrebbe essere la Finlandia. Il rapper-cantautore Käärijä (nome d’arte di Jere Pöyhönen) piace al pubblico grazie all’energica Cha Cha Cha, con una messa in scena colorata e giocosa. E poi il ragazzotto svizzero Remo Forrer dalla voce matura e possente, la cui Watergun dal sound internazionale richiama brani già ascoltati.
Fanno passi in avanti Ucraina e Serbia, mentre il Regno Unito, nonostante la mobilitazione di team di produttori, non va oltre una brutta imitazione di Dua Lipa. Interessante, ma fuori il contesto allegro e danzareccio dell’Eurovision, la funerea proposta della Spagna.
Diverte con Because of You il belga Gustaph, discepolo di Boy George, mentre un’altra delle proposte ben piazzate è quella della Norvegia, con la cantante Alessandra, di origini liguri, e il brano Queen of Kings ha un tema dal messaggio femminista che chiede l’emancipazione delle donne e un’aria dal sapore epico e folcloristico. Israele cercherà di vincere il festival per la quinta volta con la popstar Noa Kirel e la canzone Unicorn, un’altra proposta di testi femministi. Anche il Portogallo e la sua rappresentante, la cantante Mimicat, vanno in finale con la canzone Ai Coração, come la Croazia e il gruppo Let 3, con una proposta satirica dal velato messaggio contro Putin e una messa in scena provocatoria.
Tra le nomination ingiustamente escluse, il gruppo Sudden Lights, che rappresentava la Lettonia ed ha proposto un buon alt-rock, ed i gemelli dell’Azerbaigian, una sorta di Simon & Garfunkel dell’era rap. Non ce l’ha fatta la band toscana dei Piqued Jacks che rappresentava la Repubblica di San Marino con Like An Animal: d’altronde loro stessi non sapevano come si trovassero sul palco dell’Eurovision.
L’attrice Hannah Waddingham, la cantante e presentatrice Alesha Dixon e la cantante ucraina Julia Sanina sono state incaricate di condurre le due semifinali. Nella finale di sabato saranno raggiunte dal giornalista Graham Norton, commentatore abituale del festival nel Regno Unito. Restano, invece, una appisolata Mara Maionchi, che è riuscita a far rimpiangere perfino Cristiano Malgioglio, e un effervescente Gabriele Corsi le voci italiane della diretta Rai che, in occasione della serata finale, verrà spostata sulla prima rete.
Un modello da imitare per Sanremo
Dall’Eurovision la Rai avrebbe molto da imparare nell’organizzare uno spettacolo musicale. Al di là della qualità delle proposte, sul palco della Liverpool Arena la musica è davvero protagonista. Ogni artista ha potuto costruire un mini-show, con coreografie e video, attraverso cui teatralizzare la propria canzone. La trasmissione è filata liscia, senza annoiare, terminando entro mezzanotte, pur presentando quindici concorrenti. E tutto in tre giorni, non con maratone estenuanti di una settimana. Il Festival di Sanremo dovrebbe seguire l’esempio, aprirsi al mondo, sprovincializzarsi, tornare a essere una rassegna canora e non una passerella televisiva. Certo, se si dovesse imboccare questa strada, il Teatro Ariston non sarebbe più adatto a ospitare la manifestazione.
Queste le pagelle dei finalisti
Norvegia: Alessandra – Queen of kings
La ligure Alessandra Mele è grintosa nel proporre una pop dance vichinga. «Sembrava Loki, il fratello di Thor, per com’era vestita», commenta Mara Maionchi – voto: 4,5
Serbia: Luke Black – Namo mi se spava
Si verso l’elettronica e la urban techno stile Depeche Mode. Distopica, molto teatrale e scenografica – voto 8,5
Portogallo: Mimicat – Ai coração
La chiamano la “Amy Winehouse del Tago”, ha una bella voce, atmosfere un po’ gitane – voto: 5
Croazia: Let 3 – Mama šc!
Sono gli Elio e le Storie Tese dei Balcani, mescolando il Chaplin de “Il dittatore” con i Village People. È un inno contro la stupidità della guerra con un cenno a un “piccolo psicopatico” – voto: 7
Svizzera: Remo Forrer – Watergun
Voce possente, canzone dal sound internazionale che richiama brani già ascoltati – voto: 5
Israele: Noa Kirel – Unicorn
Fa il verso a Miley Cyrus, bella coreografia – voto: 4,5
Moldavia: Pasha Parfeni – Soarele si luna
Folk-horror. Fra tradizione e gothic dance – voto: 4
Svezia: Loreen – Tattoo
Sulla scia degli Abba, ma in versione drammatica – voto: 6
Repubblica Ceca: Vesna – My sister’s crown
Bella presenza scenica, elettronica e folk con accenni rap. La canzone però non decolla – voto 5
Finlandia: Käärijä – Cha cha cha
Metal vichingo molto tamarro – voto: 3
Armenia: Brunette – Future Lover
La canzone cresce su un pianismo minimale, sognante, eterea, per esplodere nel finale. Interpretazione sensuale – voto: 6
Estonia: Alika – Bridges
Petali di rose e sospiri, pianismo romantico, crescendo di violini. Classica pop. Elegante interpretazione – voto: 6,5
Belgio: Gustaph – Because of You
Discepolo di Boy George. Culture club e soul funky di maniera. Divertente e solare – voto: 6
Cipro: Andrew Lambrou – Break a Broken Heart
Pop banale dal sound internazionale e solito tema del cuore infranto – voto: 4
Polonia: Blanka – Solo
Una sconfortante e improbabile copia di Jennifer Lopez in versione polacca – voto: 2
Slovenia: Joker Out – Carpe Diem
Un tuffo in discoteca anni Settanta. Boy band che comunque conquisterà i cuori delle ragazzine – voto: 4
Austria: Teya & Salena – Who The Hell Is Edgar
Elettro-pop in stile GanGnam, quello del rapper coreano – voto: 3
Albania: Albina & Familja Kelmendi – Duje
Una famiglia canterina. Folk-dance, tradizione e modernità. Un’altra lagna – voto: 3
Lituania: Monika Linkyte – Stay
Canzonetta pop al femminile – voto: 4
Australia: Voyager – Promise
Synth-metal intriso di anni Ottanta orecchiabile con un epico assolo di chitarra/tastiera e il ritmo ringhiante – voto: 4,5
Germania: Lord of the Lost – Blood & Glitter
Inquietanti, la voce va da tonalità dark alla Nick Cave a urla stile Bruce Dickinson degli Iron Maiden che avevano arruolato la band tedesca come supporter nel tour. Il genere è quello – voto: 6
Francia: La Zarra – Évidemment
Misteriosa e intrigante all’inizio, la canzone si trasforma in forza e seduzione. Una triste canzone romantica con forti vibrazioni francesi e un successo dance – voto: 6,5
Spagna: Blanca Paloma – Eaea
Electro-flamenco, synth e nacchere, con un testo un po’ funereo: “Mio figlio quando morirò, possano seppellirmi nella luna e ti guarderò ogni notte” – voto: 6
Regno Unito: Mae Muller – I Wrote a song
Un pop elettronico alla Dua Lipa, sostenuto da una traccia ritmica influenzata dal suono del successo house degli anni Novanta. Il ritmo di valzer uptempo è anche un troppo europop e ricorda i successi di canzoni mediterranee – voto: 4,5
Ucraina: TVORCHI – Heart of Steel
L’Ucraina cambia volto, abbandona il folk e presenta un solido brano electro-R&B con una bella spavalderia. I testi della canzone rispecchiano totalmente la situazione attuale, perché date le circostanze è abbastanza difficile non parlarne. La pace è un argomento importante ora ed è un argomento importante per tutto il tempo. Ciò che l’Ucraina (e altri paesi) cercano di fare in Eurovision è promuovere l’idea di pace attraverso la musica – voto: 6
Italia: Marco Mengoni – Due vite
Tra tanto elettro-pop e ritmi dance finalmente un po’ di melodia ben interpretata, senza ricorrere ad effetti speciali. Mengoni porta una ventata di aria fresca all’Eurovision e di italianità non contaminata – voto: 9