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Diodato: a Sanremo per rifarmi

– La sua vittoria nel 2020 fu oscurata dalla pandemia. “Fai rumore” divenne l’inno dei balconi, ma non ebbe i riflettori dell’Eurovisione e dei concerti
– «Il lockdown mi ha sicuramente tolto qualcosa, ma mi ha permesso di ricevere un mare d’affetto, ovunque andassi. Mi auguro che anche “Ti Muovi” venga accolta nello stesso modo». L’inizio è positivo, quarto nella classifica provvisoria, primo fra gli uomini
– Nella serata dei duetti canterà “Amore che vieni, amore che vai” con il supporto di Jack Savoretti: «Fabrizio De André mi ha insegnato a scrivere, con le sue parole delicate e incisive allo stesso tempo

Lui si considera un maratoneta, piuttosto che un centometrista. E quando pensava di aver raggiunto il traguardo, se l’è visto sparire davanti agli occhi. Costretto a riprendere la corsa. È la storia di Diodato: all’inizio del 2020 ha vissuto la gioia della vittoria al Festival e subito dopo il senso di frustrazione del lockdown che gli ha impedito anche di partecipare all’Eurovision. Cantò da solo, all’interno dell’Arena di Verona, senza pubblico, e il Paese chiuso in casa l’ascoltava in diretta tv. Fai rumore divenne così un manifesto e a molti sembrò l’antidoto contro il silenzio imposto dal virus.

Quattro anni dopo quella canzone che centrò la vittoria a Sanremo per diventare l’inno dai balconi degli italiani in lockdown, Diodato torna sul palco dell’Ariston in gara per la quarta volta con Ti Muovi nel tentativo di riprendersi quello che la pandemia gli ha tolto.

«Il lockdown mi ha sicuramente tolto qualcosa, ma mi ha permesso di ricevere un mare d’affetto, ovunque andassi. Mi auguro che anche Ti Muovi venga accolta nello stesso modo, ma tra i due pezzi non c’è alcun confronto», sottolinea il cantautore tarantino. E, al debutto, sembra che Diodato abbia convinto la sala stampa, piazzando nella Top5 della prima serata al quarto posto. 

Il brano che porta in gara quest’anno, spiega, «è parte di un percorso, lo vivo come un punto necessario del mio processo di crescita». Un processo iniziato dieci anni fa, quando salì per la prima volta sul palco dell’Ariston, tra le Nuove Proposte. «Da allora penso di essere cresciuto tanto, soprattutto umanamente. Credo che la musica sia un procedimento di conoscenza, di approfondimento personale. Ora affronto il Festival con meno ansia e più tranquillità e senza quella faccia strana che a riguardarla oggi mi fa sorridere».

Ti Muovi, scritta e composta dallo stesso Diodato, che ne firma anche la produzione artistica con Tommaso Colliva, è una ballad – una delle poche di questa edizione – che esplora le emozioni dell’animo umano, andando a indagare il percorso alla ricerca di sé. «La partecipazione al festival è partita proprio dalla realizzazione di questa canzone che merita di essere su quel palco», racconta ancora Diodato, che vorrebbe presentare ed essere presentato dagli amici, Negramaro o Mahmood su tutti. «Come sempre parto dalle cose che mi succedono e che cerco di raccontare in musica: dentro di me stavano riemergendo emozioni che meritavano di essere affrontate. Ti Muovi appartiene a quello che sono in questo momento della mia vita e racconta più di altri brani una mia visione della musica, del modo di fare musica, e anche la volontà personale di aprirsi, vibrare e liberarsi di più. Di sentirsi vivi. Insomma, in questo momento mi accetto di più».

Antonio Diodato (foto di Alessio Albi)

Per la serata delle cover ha scelto di cimentarsi con Fabrizio De André, Amore che vieni, amore che vai, con il supporto di Jack Savoretti. Un brano che già appartiene al repertorio dell’artista. «Sono voluto tornare su questa canzone, un po’ per celebrare il mio viaggio nella musica, iniziato con quella canzone che in una mia interpretazione fu scelta da Daniele Luchetti per la colonna sonora del film Anni Felici del 2013. De André mi ha insegnato a scrivere, con le sue parole delicate e incisive allo stesso tempo». Quella canzone accese un riflettore sul giovane Diodato «e probabilmente fu quello a portarmi al Festival di Sanremo di Fazio l’anno dopo. Così, dieci anni dopo, il viaggio continua con un punto di riferimento inarrivabile, che mi spinge ad alzare l’asticella sempre di più. Savoretti è innamorato di De André, è un inglese di origini genovesi, ma non riproporremo la canzone come è, ci abbiamo lavorato su. Metterò quella versione in un disco a cui sto lavorando in cui rileggo in chiave molto diversa dall’originale una parte della mia produzione». 

In direzione ostinata e contraria, come diceva l’amico fragile Fabrizio, Diodato deve confrontarsi con le posizioni, così distanti dalle sue, del vento conservatore e destrorso che soffia. «Naturalmente le mie scelte, le mie posizioni, mi rendono inviso a qualcuno, magari a molti. Lo pago così, ma nessuno mi ha mai negato nulla per come la penso, per quello che canto. Non saprei, comunque, fare altrimenti».

Scaramantico o meno, Diodato dice di non pensare alla vittoria, «non sono per niente competitivo», perché «musica e arte non prevedono competizione. L’unica gara possibile è quella con te stesso, con quello che vuoi raccontare e con il riuscire a farlo. Ogni forma d’arte è una testimonianza, che noi proviamo a lasciare, di un vissuto».

Diodato in autunno sarà in tour nei teatri. Due le date in Sicilia: il 23 ottobre al Teatro Golden di Palermo e l’indomani al Metropolitan di Catania.

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