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Da Edimburgo a Campofiorito si ricorda il Vajont

L’iniziativa lanciata da Marco Paolini a 60 anni dalla tragedia nella quale morirono più di 1.900 persone domani in oltre 130 spazi scenici
«L’ho chiamata “VajontS 23” per coinvolgere tutti i disastri degli ultimi anni. Riproporre la sciagura della diga, è come far suonare la sveglia»
«È una storia che riguarda tutti», commenta Giuseppe Provenzano fra i protagonisti della lettura scenica che si svolgerà nel paesino del Palermitano

Alle 22:39 del 9 ottobre calerà il silenzio. È l’ora in cui sessant’anni fa (1963) dalla montagna chiamata Toc, nome friulano per “marcio” o “guasto”, si staccò una frana di 270 milioni di metri cubi di roccia (per tre chilometri di lunghezza). Si schiantò nella diga del Vajont, sollevando un’onda di 50 milioni di metri cubi. Solo la metà la scavalcò, più che sufficiente per spazzare via cinque paesi. I morti accertati furono 1.910. Una tragedia che Marco Paolini cominciò a raccontare tre decadi dopo, portandola in teatro, con un monologo a suo modo, e in televisione. «Avevo dentro una grande rabbia per l’oblio», dice adesso che quel sentimento il tempo ha trasformato nella «voglia di ribellarsi al destino»: alluvioni, incendi, valanghe si sono succedute nei decenni, segnali inquietanti di un cambiamento in atto in un Paese fragile.

Alle 22:39 del 9 ottobre il silenzio calerà da Edimburgo a Campofiorito (Pa). Saranno coinvolti oltre 130 teatri in Italia (e tre all’estero: Parigi, Edimburgo e Ginevra), con attori, allievi, Stabili e compagnie di ricerca, maestranze e spettatori; 50 gruppi di teatro amatoriale; 94 scuole; 223 gruppi “affettivi”: famiglie, coppie, amici; 118 persone si raccoglieranno in “letture di comunità”. Su Radio2 Rai, nel corso di una puntata speciale di Caterpillar, Teresa Mannino si collegherà con le diverse voci di questo “coro” affollato e diffuso. 

“Vajont” fu trasmesso in diretta tv il 9 ottobre 1997 ed è oggi visibile su YouTube

La scena diventa atto politico. Lo fa guardando al passato e, soprattutto, al futuro. Il tema è l’ambiente e, dunque, la responsabilità dei cittadini e di chi li governa. Nasce così VajontS 23, progetto con una “S” maiuscola messa in fondo per raggruppare la pluralità dei disastri italiani: l’alluvione di Firenze (1966), l’esondazione del Po e del Tanaro (1994), la frana di Sarno in Campania (1998), l’alluvione di Genova (2014), gli incendi del Carso (2022), la valanga staccatasi dalla Marmolada (3 luglio 2022), fino all’alluvione in Romagna (maggio 2023). 

Alle 22:39 del 9 ottobre tutte le azioni sceniche si fermeranno per ricordare e riflettere, in un silenzio che rimanda ad altre tragedie più recenti e diventa monito e messaggio per il futuro. «È una storia che riguarda tutti, indistintamente», commenta Giuseppe Provenzano uno dei narratori che lunedì 9 ottobre prenderà alla lettura scenica organizzata dall’associazione culturale Attori Locali nella piazza di Campofiorito nel Palermitano, mostrando una sensibilità a temi attuali assente nei paludati Stabili siciliani. «Anche perché, per esempio, modalità di costruzione della diga e di esproprio dei terreni ricordano molto quelle utilizzate per la costruzione della diga Garcia, vicino Roccamena», continua Provenzano. «Con la differenza che, fortunatamente, lì non ci fu alcuna tragedia a corollario. Vuole essere, il nostro, anche un esercizio di (ri)conoscimento reciproco, in tempi di depersonalizzazione serrata. Tutto – si fa per dire – qui».

Ho voluto, nel titolo, la “S” del plurale inglese, perché in Italia la fragilità idrogeologica e le nuove situazioni di siccità prodotte dalla crisi climatica richiedono all’arte, alla cultura, e dunque anche al teatro, di occupare un ruolo civile di colla sociale tra i cittadini

Marco Paolini

Marco Paolini sarà al Piccolo di Milano nel momento in cui si alzeranno i sipari. Al suo fianco, una ventina di attori. Marco Paolini, la voce di un uomo solo con la diga del Vajont alle spalle che raccontava la tragedia parlando di responsabilità e non di «natura maligna», fece con Il racconto del Vajont la storia della televisione e del teatro. «Per Vajont edizione 2023 ho voluto, nel titolo, la “S” del plurale inglese, perché in Italia la fragilità idrogeologica e le nuove situazioni di siccità prodotte dalla crisi climatica richiedono all’arte, alla cultura, e dunque anche al teatro, di occupare un ruolo civile di colla sociale tra i cittadini», spiega Paolini. «È questo il senso del coro che abbiamo messo in campo. Il disastro fu causato anche da una catena di errori. Dopo tanti anni, giustizia è stata fatta e a noi, ora, tocca riflettere su quegli errori più che sulle colpe, e ragionare sulla complessità di cui tutto il nostro Paese è preda».

La diga del Vajont nel cerchio rosso

Cosa è cambiato oggi rispetto al passato? «L’immaginario», risponde Paolini. «Il Vajont degli anni Sessanta era un luogo contadino e marginale. In tanti si sono sentiti vicini a quegli uomini e quelle donne colpite dal disastro. Prevaleva la pietà, ma restavano distanti. Oggi, c’è una sensibilità diversa verso la montagna, le sue genti, i luoghi contaminati e devastati da inquinamento, consumo del suolo e turismo di massa. Eppure, abbiamo rimosso la storia. Viviamo in un Paese con una frana a pranzo e l’altra a cena. Di fronte a eventi estremi, come le recenti tempeste su Milano, si sono però ridotte le distanze; non ci si sente più sicuri nelle nostre stesse case. Riproporre la tragedia del Vajont, è come far suonare la propria sveglia. Il teatro non indica la strada da seguire, ma può mettere insieme le anime».

La storia del Vajont è una storia che riguarda tutti, indistintamente. Ci piace l’idea che chiunque possa fare teatro e, soprattutto, fare memoria, farsi grammatica collettiva

Giuseppe Provenzano

«Penso che il punto fondamentale del nostro mettere in scena questo spettacolo sia quello della partecipazione al coro, che è totalmente libera: si potrà partecipare anche avvertendo il giorno stesso o presentandosi direttamente in piazza. Ci piace l’idea che chiunque possa fare teatro e, soprattutto, fare memoria, farsi grammatica collettiva», aggiunge Giuseppe Provenzano che, assieme ad Alice La Sala, ha curato l’allestimento della lettura scenica ispirata al Vajont, alla quale prende parte anche Alessandro Sabatino ed il corifeo Samuele Fazio e che sarà proposta domani in piazza a Campofiorito.  

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