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Cinema, Marcia su Roma e Duce fra polemiche e risate

In occasione dell’imminente centenario, due opere affrontano il tema dell’avvento del fascismo in Italia: il docu-film di Mark Cousins, in uscita giovedì 20,  e il ritorno della pellicola di Dino Riso con Gassman e Tognazzi. A confronto la finzione dell’autore de “Il sorpasso” con la realtà puntigliosamente “smontata” dal regista irlandese nel suo lavoro filologico che finisce con una foto di Giorgia Meloni. Il “Pinocchio” di Benicio Del Toro ambientato nel Ventennio, mentre Pietro Castellitto è a caccia del tesoro di Mussolini nel film di Renato De Maria dal 26 ottobre su Netflix. Primo ciak di “M. il figlio del secolo”, tratto dal romanzo di Antonio Scurati

Il centenario imminente di certo aiuta, ma comunque sorprende che sul tema della Marcia su Roma ci siano ben due film. In coincidenza, tra l’altro, con la vittoria elettorale del partito Fratelli d’Italia, che non ha mai rinnegato ufficialmente le proprie nostalgie nei confronti del Ventennio fascista.

Presentato al Festival di Venezia nella sezione parallela Giornate degli Autori, Marcia su Roma, il nuovo film-documento dell’acclamato regista irlandese Mark Cousins (nelle sale da giovedì 20 ottobre), segue l’atteso ritorno del film di Dino Risi La Marcia su Roma nel centenario dei suoi interpreti Vittorio Gassman e Ugo Tognazzi e a sessant’anni dall’uscita del contestato capolavoro della commedia all’italiana.

Il lavoro di Cousins viaggia su un doppio registro di ambizioni: da un lato smonta fotogramma per fotogramma le scene salienti del poco conosciuto film di regime A noidiretto nel 1923 da Umberto Paradisi per celebrare una “rivoluzione fascista” nata in realtà tra mille ambiguità e incertezze; dall’altro viaggia nel presente cercando le tracce di una memoria fascista che è comunque ormai parte dell’inconscio collettivo e della memoria della nazione. A fare da collante tra i due poli del racconto la figura di un’operaia di allora (interpretata da Alba Rohrwacher) che nel suo diario annota prima l’esaltazione per l’uomo forte e poi la crescente disillusione fino al dramma della sconfitta.

Verso la fine del film compare, tra gli altri leader di destra di oggi, un’immagine di Giorgia Meloni. «Sono straniero e non voto qui ma il modo in cui, per esempio, Meloni ha parlato a Vox in Spagna dicendo “no Lgbt, sì all’universalità della Croce” è simile a quello delle crociate dell’undicesimo secolo ed è pericoloso perché mette in difficoltà la sicurezza delle minoranze e questo sento di avere il bisogno di dirlo», ha spiegato il regista a Venezia. «Anche se poi so che ha detto di non essere fascista e magari non è come Mussolini, il linguaggio che usa è molto pericoloso per i cittadini. Non voglio dire che lei personalmente sia pericolosa, sono le sue idee a esserlo».

Il film di Risi, invece, porta lo spettatore nel cuore dell’evento storico, ricostruito in forma di commedia attraverso le gesta picaresche di due improbabili “eroi” della prima ora: lo scafato milanese Domenico Rocchetti, che vede nell’adesione alla nuova forza politica un modo per fare due soldi e raccattare gloria, si associa sulla via di Roma all’ex commilitone Umberto Gavazza che alle promesse mussoliniane crede fino a farne un mantra da recitare ogni giorno con decrescente convinzione. Sulla strada che dalle cascine padane li porterà alla periferia romana, i due vanno incontro alle più diverse avventure: vivranno da sbandate camicie nere la paura di essere arrestati dai soldati del regio governo, la pioggia battente che mina l’entusiasmo, l’improvvisa consapevolezza della brutalità dei nuovi “liberatori”.

Pensato come il film di Natale del 1962 di Dino De Laurentiis, La Marcia su Roma suscitò polemiche (anche a sinistra dove venne accusato di qualunquismo), ma fu presto derubricato a commedia di costume e il suo buon successo fu offuscato dal film che il regista e Gassman avevano girato quasi in contemporanea, Il sorpasso. Rivisto oggi, invece, risulta ben più acuto e problematico nel ritrarre un’Italia ferita dalla delusione della Grande Guerra, impoverita e in cerca di una guida sicura, oltre i deboli governi scelti dal Re. Ed è straordinario confrontare adesso la finzione di Risi con la realtà puntigliosamente “smontata” da Cousins nel suo lavoro filologico che finisce ad essere appassionate quanto una fiction.

Prodotto da Palomar Doc con ampio uso dei materiali dell’archivio Luce, il film di Cousins è distribuito da I Wonder e andrà nelle sale dal 27 ottobre, in vista di una carriera internazionale, visto il tema e la curiosità che all’estero suscita oggi l’Italia. Nel caso del film di Risi si tratta invece di un restauro curato dalla Cineteca Nazionale in accordo con Aurelio de Laurentiis. 

Riporta all’era fascista anche il Pinocchio di Benicio Del Toro in onda su Netflix, ambientato nell’Italia degli anni Trenta, «dove il dittatore fascista Benito Mussolini governa con pugno di ferro, la vita del falegname Geppetto è dominata dal dolore per la perdita di Carlo, suo figlio di 10 anni», spiega la sinossi. «Geppetto trova conforto nello scolpire un burattino di legno, al quale uno spirito degli alberi dà vita inaspettatamente. Geppetto lo chiama Pinocchio. Nonostante i suoi numerosi difetti e imperfezioni, il bambino di legno è amato incondizionatamente dal padre “surrogato”. Il burattino scopre di possedere “il dono della vita eterna”, ma le sue azioni “continuano ad essere mal giudicate ed è costantemente influenzato da persone senza scrupoli, compreso lo stesso “Duce”».

Al Ventennio si rifà anche Rapiniamo il duce di Renato De Maria, film che approderà su Netflix dal 26 ottobre. Ci troviamo a Milano, nell’aprile del 1945 alla fine della Seconda Guerra Mondiale. Nel caos della guerra Isola (Pietro Castellitto) è diventato il re del mercato nero, per lui c’è solo la legge della sopravvivenza. Yvonne (Matilda De Angelis), cantante del Cabiria, unico locale notturno rimasto aperto in città, è la sua fidanzata clandestina. Una donna che però è costretto a condividere con Borsalino (Filippo Timi), spietato aguzzino e gerarca fascista, torturatore spietato, che la vuole a tutti i costi. Nel frattempo, Isola e la sua banda – tra cui Tommaso Ragno e Maccio Capatonda – intercettano una comunicazione cifrata e scoprono che Mussolini ha nascosto il suo immenso tesoro proprio a Milano – nella Zona Nera – in attesa di fuggire per la Svizzera, scampando alla cattura e alla forca. Per Isola sarebbe il colpo della vita, il suo sogno, rapinare il duce, e scopre poi di avere un alleato non da poco, ovvero Nora (Isabella Ferrari) famosa attrice di regime e moglie di Borsalino.

«Da tempo volevo fare un film di rapina partendo dall’idea del tesoro di Mussolini che ha un fondo di verità», dice il regista. «Quando il duce fu arrestato, questo tesoro, che si diceva fosse stato sistemato in due camion, sparì. Ho immaginato poi dei rapinatori un po’ scalcagnati e improbabili che si buttano su questa rapina impossibile». 

 “M Il figlio del secolo” nella versione teatrale diretta e interpretata da Massimo Popolizio
Luca Marinelli

Benito Mussolini avrà il volto di Luca Marinelli (Diabolik, lo Zingaro di Jeeg Robot, Martin Eden e uno dei protagonisti di Le otto montagne premiato all’ultimo festival di Cannes) nella serie M. il figlio del secolo dal romanzo di Antonio Scurati.  Il romanzo vincitore del Premio Strega e bestseller internazionale, che racconta la nascita del fascismo in Italia e l’ascesa al potere del Duce Benito Mussolini, diventerà una serie in otto episodi diretta da Joe Wright, che batterà il primo ciak presso i Cinecittà Studios nelle prossime settimane.  

Nel corso delle otto puntate, si entrerà anche nel privato di Mussolini e delle sue relazioni personali, tra cui quelle con la moglie Rachele, l’amante Margherita Sarfatti e con altre figure di spicco dell’epoca. Come il romanzo, la serie racconterà la storia di un Paese che si è arreso alla dittatura e la storia di un uomo che è stato capace di rinascere molte volte dalle sue ceneri. «M narra, per la prima volta dall’interno, l’avvento della dittatura fascista e il potere sinistro del dittatore, Benito Mussolini», ha spiegato Antonio Scurati. «Un tema di tragica attualità. La lotta tra democrazia e dittature non è finita». 

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