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Cinema, il sorpasso: Salina e Ortigia superano TaoFilmFest

Lo stato di salute dei festival siciliani secondo le graduatorie del Ministero della Cultura. La rassegna di Taormina sprofonda dal sesto posto del 2019 al 65esimo, preceduta anche da Sole Luna Doc e Sicilia Queer

Qual è lo stato di salute del Taormina Film Fest e degli altri festival cinematografici siciliani? Quando mi viene chiesto di rispondere a questa domanda, ritengo opportuno – ancora prima di incorrere in giudizi personali o valutazioni artistiche – partire dall’analisi dei dati emersi dalla recente pubblicazione dei contributi, con i relativi importi, riconosciuti e concessi ai festival, alle rassegne e alle altre attività di promozione cinematografica dal Ministero della Cultura (MiC) e dalla Direzione Generale Cinema e audiovisivo in esito al relativo bando annuale (di cui all’art. 27 della legge n. 220 del 2016 e all’art 6 del D.M. n. 341 del 2017, modificato dal D.M. n. 399 del 2020). Sostegni alla promozione – a fondo perduto e di natura selettiva – pubblicati in relativa graduatoria che tiene conto di appositi parametri e criteri di valutazione e che inquadra le singole realtà festivaliere nell’ambito nazionale. 

In graduatoria

(posizione – manifestazione – punteggio – contributo)

46. Sicilia Queer filmfest pt. 81 (€ 10.000)

50. Sole Luna Doc Film Festival pt. 81 (€ 20.000)

54. Ortigia Film Festival pt. 80 (€ 35.000)

57. SalinaDocFest pt. 78 (€ 30.000)

65. Taormina Film Fest pt. 73 (€ 140.000)

Fuori graduatoria

145. Efebo d’oro (primo degli esclusi dai contributi)

153. Festival Internazionale Cinema di Frontiera di Marzamemi

L’immagine simbolo del cartellone di Salina Doc Fest

Il dato ministeriale appare eloquente: su 144 festival ammessi, il 68° Taormina Film Fest sprofonda alla 65esima posizione con un punteggio di 73 su un massimo di 100, preceduto persino dal XVI SalinaDocFest (57esima posizione con 78 punti), dal 14° Ortigia Film Festival (54esima posizione con 80 punti) e dai palermitani 17° Sole Luna Doc Film Festival e 12° Sicilia Queer filmfest (rispettivamente alla 50esima e alla 46esima posizione, entrambi con 81 punti). Non ammessi, invece, al contributo eventi che vantano una buona storicità come l’Efebo d’oro (145esima posizione, primo degli esclusi) e il 22° Festival Internazionale Cinema di Frontiera di Marzamemi (153esima posizione). 

Il contributo, la cui entità è condizionata anche al budget dell’evento e ai costi ammissibili, vede in testa – tra i festival siciliani – Taormina con € 140.000, seguito poi da Ortigia con € 35.000, Salina con € 30.000, Sole Luna con € 20.000 e Sicilia Queer con € 10.000. E lungi dall’esprimerci sul merito delle valutazioni espresse riguardo le singole istanze presentate, il dato ministeriale appare subito allarmante, con il Taormina Film Fest, relegato a una modestissima 65esima posizione, che esce persino da un’ideale top10 dei beneficiari dei contributi più onerosi: è infatti preceduto da Alice nella Città (56esima posizione in graduatoria, con € 140.000), Ischia Global Film Festival (27esima, con € 150.000), Noir in Festival (26esima con € 155.000), Capri Film Festival (23esima, con € 150.000), Giornate degli Autori (ottava, con € 245.000), Magna Graecia Film Festival (sesta, con € 195.000), Mostra Internazionale Nuovo Cinema Pesaro (seconda, € 170.000), Giffoni Film Festival (prima, € 950.000). Senza contare, naturalmente, il podio nazionale che vede sul gradino più alto la Mostra Internazionale d’Arte Cinematografica di Venezia, seguita dalla Festa del Cinema di Roma e dal Torino Film Festival. 

Una discesa vertiginosa per Taormina, preceduta per punteggio, tra gli altri, dal neonato festival di Otranto, dal BIF&ST, dal Far East Film Festival, da Bobbio e dal Bergamo Film Meeting, dalla Settimana della Critica, dal Marateale e dalle Giornate del Cinema Muto. Un dato reso ancora più eloquente da un confronto con le posizioni precedentemente occupate dallo storico evento cinematografico siciliano, che evidenziano l’evoluzione del trend negativo culminato quest’anno a circa metà graduatoria: dalla sesta nel 2019, passando per la nona e la ventiquattresima, fino ai più recenti, ingloriosi esiti. 

Il metodo di valutazione

E nel ricondurre l’evento nell’ambito di un giudizio più proporzionato – collocandolo in una dimensione regionale più adeguata alla sua posizione nel panorama festivaliero nazionale e alle sue reali ambizioni – il MiC prende in considerazione singole voci di valutazione: rilevanza complessiva del progetto (36 punti su 50); impatto e promozione (19 punti su 25); team di progetto, partnership, solidità economica del progetto (18 punti su 25). E ancora, più dettagliatamente: rilevanza e visibilità nazionale ed internazionale dell’iniziativa (15 punti su 20); qualità e rilevanza programmazione culturale e artistica (12 punti su 15); grado di innovazione (9 punti su 15, il minimo n.d.r.); valorizzazione del territorio (11 punti su 15); strategie di promozione dell’evento (8 punti su 10); storicità dell’iniziativa (8 punti su 10); collaborazione coinvolgimento enti pubblici e privati (4 punti su 5); coerenza e congruità delle voci di costo del progetto (6 punti su 10, nuovamente il minimo n.d.r.). 

Insomma, persino alla voce storicità, uno dei festival cinematografici più antichi d’Italia sembra arrancare e il punteggio maturato è un parametro importante per comprendere dove si colloca realmente l’evento nella crescente congerie dei festival cinematografici nazionali. Sicuramente – e per l’ennesima volta, duole dirlo – ben lontano dall’eccellenza e dal novero degli eventi internazionali di prima fascia. Al netto di lodi sperticate, trionfalismi autoreferenziali, di ulteriori € 200.000 di contributo regionale e della presenza onerosissima di Francis Ford Coppola a Taormina. Con il Comune di Taormina messo fuori gioco negli equilibri interni alla Fondazione Taormina Arte, sembrano, infatti, il Governo Musumeci e l’Assessore Messina gli unici a credere – e a investire – ancora nel prestigio, nel valore, nella suggestione e nelle fortune alterne del Taormina Film Fest. Ma è un refrain sentito, forse, troppe volte. Anche dalla politica regionale.

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